All’eta di settantatre anni Timothy McGarren era il portiere notturno dei Lakeshore Tower Apartments. Era stato assunto li il giorno dell’inaugurazione, lo stesso giorno in cui la direzione della metropolitana lo aveva messo in pensione, ovverosia dieci anni prima. Aveva fatto il percorso dal marciapiede esterno alla porta dell’ascensore tante di quelle volte che avrebbe potuto rifarlo dormendo, o camminando all’indietro. E in realta lo faceva spesso. Quella sera, infatti, dopo aver tenuto aperta la porta per la vecchia e generosa Mrs. Spiegel, del 26-A, indietreggio di sei passi. Esattamente fino alla base delle scale. Solo che le scale non erano li a urtare il suo tacco destro come aveva previsto. Sbilanciato giro su se stesso, agito le braccia, e precipito senza un grido per quindici metri finendo nell’acqua con un gran tonfo. Quando riemerse, sputacchiando, cio che vide furono le luci di Chicago che si specchiavano nel Lago Michigan, a cento metri di distanza da lui.

24 Agosto 1983 Ore 12,30 del mattino — Maggiore DeSota, Dominic P.

La Base che avevamo catturato era piena di comodita e beni di consumo come un grande magazzino sotto le feste natalizie. Quello che apprezzavo di piu era l’ufficio del Comandante, a cui erano annesse una sala da pranzo privata e una cucina piena di automatismi. E nel grosso frigo di quella cucina il cuoco aveva scoperto mezza dozzina delle piu grosse, morbide e succulente bistecche su cui avessi mai messo i denti. All’ora di pranzo le facemmo fuori. Eravamo in sei a godercele: il colonnello Tempe, che comandava il reparto ricerche nucleari; il maggiore degli MP Bill Selikovitz; il capitano del Corpo Segnalatori, e altri due capitani aiutanti di Tempe; e io. Fino a quel momento rappresentavamo i ranghi direttivi della Base. E i ranghi direttivi hanno i loro privilegi. La tovaglia su cui mangiavamo era di lino ricamato a mano, e cosi anche i tovaglioli; la posateria era d’argento, e se anche nei bicchieri ci fosse stata soltanto acqua questi erano di cristallo danese. Fuori dalla finestra panoramica, al quarto piano del Quartier Generale, potevamo osservare buona parte dei sessanta edifici che costituivano Sandia, e le jeep degli uomini di Selikovitz che pattugliavano la zona. All’esterno si crepava di caldo, ma nella nostra elegante dimora l’aria condizionata era un balsamo per il morale.

Ciascuno di noi si esibiva dunque al meglio del suo umore.

Uno degli aiutanti del colonnello Tempe stava facendo commenti divertiti sugli astrusi progetti di ricerca che avevano trovato li: un gruppo di anormali che tentavano di leggere nella mente del nemico; armi chimiche che noi avevamo scoperto, e scartato, cinque anni addietro; armi laser che avrebbero dovuto arrostire un soldato a tre miglia di distanza (a patto che costui se ne stesse immobile per dieci minuti senza spostarsi dal raggio).

Ma il lato comico finiva li. Certo, quella gente sprecava molti piu soldi di noi in ricerche assurde. Pero non tutte le loro idee erano assurde. Mentre ci veniva servita la torta di mele e il gelato, il colonnello Tempe comincio a riferirci cose che non erano affatto da ridere. Lo ascoltammo con attenzione; da li a qualche ora quella roba sarebbe stata classificata top secret, ma nel frattempo Tempe si compiaceva di parlarcene in via confidenziale. Nel campo della tecnologia nucleare quella gente ci aveva superato di parecchie lunghezze.

— Missili chiamati Cruise — disse Tempe, — simili a piccoli jet che si autoguidano col radar a bassissima quota, troppo veloci per essere intercettati, e con un cervello elettronico che gli dice dove devono andare malgrado ogni eventuale deviazione. Testate multiple: lanciate un missile e dieci miglia piu in alto questo si suddivide in sei parti, ciascuna diretta verso un bersaglio. E sottomarini.

Questo mi colse di sorpresa. — Sottomarini? E che diavolo c’e di speciale in un sottomarino?

— Sottomarini a motore atomico, DeSota — disse, con una smorfia. — Brutte bestie, ti dico, di diecimila tonnellate e oltre. Possono stare sott’acqua per dei mesi, dove il nemico non puo scovarli; e ciascuno di loro porta venti missili atomici con un raggio d’azione di diecimila miglia. Gesu Cristo! Dimentica il tuo dannato attacco con le armi biologiche! Se potessimo portare uno di quei sottomarini attraverso il portale, allora si che faremmo piangere i russi!

D’improvviso la torta non ebbe piu un sapore tanto buono.

— Ma gli siamo passati sopra come un rullo compressore — obietto Selikovitz.

Il colonnello annui. — Li abbiamo colti di sorpresa — disse. — Ma adesso sanno dove siamo.

— Oh, avanti, colonnello! — sbottai. — Non vorranno certo buttare un’atomica su una delle loro basi? — La mia voleva essere un’argomentazione, ma a meta della frase s’era trasformata in una domanda.

Nessuno volle rispondere. Neppure il colonnello. Mando giu in silenzio un boccone di torta, poi esclamo: — Abbiamo commesso un sacco di errori, maledizione! Sarebbe stato piu saggio attaccare l’albero alla radice! Colpire la Casa Bianca. Mettere le manette al loro Presidente. Ordinare quello che ci aspettiamo da loro. E concludere la cosa prima che i russi e i loro dannati satelliti comincino a essere curiosi sulla dannata «fossa archeologica» di questi scavi nel deserto!

Stavano tutti guardando me, e desiderai non aver aperto bocca. Chi ero io per giustificare le decisioni dello Stato Maggiore? Sapevamo benissimo quanto fosse stata dura e dibattuta la questione nelle alte sfere, e nessuno di noi, specialmente io, aveva avuto voce in capitolo nella decisione finale.

Tuttavia…

— Colonnello — dissi, — guardiamo i fatti. Fatto uno: non importa che razza di armi abbia questa gente, visto che non possono usarle sul nostro territorio. Il solo modo in cui potrebbero farlo sarebbe attraverso un portale, e una delle ragioni per cui siamo venuti qui e di precludere loro la possibilita di costruirne uno.

— Ci erano vicini — commento uno degli aiutanti.

— Avrebbero potuto realizzarlo in poco tempo — dissi. — E una volta giunti se non altro alla teoria, avrebbero avuto la risposta a parecchie domande. Non potevamo correre questo rischio. Adesso abbiamo preso la Base, e questo toglie loro la possibilita di reagire contro di noi… qualunque cosa facciamo.

Il colonnello mi fisso duramente, poi riusci a fare un sorrisetto. — Siete un buon collega e un amico, DeSota — disse, e diede un colpetto a una tazzina vuota con un’unghia. La porcellana risuono come una campanella. Cinese autentica.

Avrei voluto lasciar cadere li la discussione. Il colonnello non aveva tutti i torti, eppure era nel torto: la facilita con cui avevamo preso Sandia non era un puro caso, a parte la sentinella che aveva avuto un braccio rotto perche uno degli uomini di Selikovitz era stato un po’ troppo deciso nel disarmarla. Se avessimo fatto un’incursione nella Casa Bianca ci sarebbe stato non poco sangue. D’altra parte…

D’altra parte le possibilita che potevano verificarsi erano troppe perche riuscissi a ipotizzare una previsione. Le armi che aveva questa gente! Se avessimo potuto portarci via un sottomarino atomico… o un po’ di quei missili Cruise…

Ma da quella parte del portale non avevamo il potere e la capacita tecnica di occuparci di roba cosi voluminosa. Per i disegni e i progetti era un altro discorso, certo. E anche per gli armamenti che fosse possibile smontare. Pero presto o tardi i russi sarebbero riusciti a infiltrare qualcuno nel nostro «scavo archeologico», e se avessero sentito l’odore di armi nuove…

— Maggiore? — Il soldato semplice che aveva servito in tavola era rientrato con alcuni dispacci. — Questi sono arrivati mentre lei pranzava — disse, distribuendoli.

— Grazie — annuii e non potei trattenere un sorriso. Per me ce n’era uno solo, ma si trattava di un TWX del Presidente degli Stati Uniti!

Diceva:

In nome del popolo americano, io attribuisco a lei ed a tutti gli ufficiali e agli uomini di truppa del 456° Distaccamento Speciale l’encomio solenne e A.U.S. per meriti di servizio e dedizione al dovere.

Girai attorno un’occhiata, senza riuscire a trattenere un ampio sogghigno. Non importa che tutti gli altri stessero sorridendo… avevano ricevuto anch’essi il loro encomio, senza dubbio. E non m’importava che il Presidente forse (anzi, c’era da scommetterlo!) non aveva scritto il messaggio di suo pugno. Quello non conosceva neanche il mio nome, dunque la cosa proveniva dal Ministero della Difesa, naturalmente. Non m’importava neanche che il Presidente fosse quello smidollato che era… e poteva star certo che non avevo mai votato per lui. Per me era lo stesso! Un encomio fatto dal Presidente avrebbe impreziosito non poco il mio Fascicolo 201. E c’era

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