— E dove? Ma… questa e la tua linea temporale, no?

— Questo buco d’inferno primitivo? — ringhio. — No!

— Ma perche…

— Perche non ho tentato di tornare nel mio mondo? Perche non ne ho piu uno, DeSota! C’e una sola cosa che voglio, adesso, ed e di starmene alla larga! — Torno a gettarsi sul letto.

— Ascoltami… — cominciai, in tono ragionevole.

Scosse il capo. — Dimenticatene! — stabili.

Per il momento decisi di lasciar perdere. Non perche lo diceva lui, ma perche avevo sentito il rumore di un’auto che era venuta a fermarsi nelle vicinanze, fuori vista. M’accostai alla finestra e cercai di capire cosa stava accadendo, ma da li non si scorgeva niente. Ci fu il rumore delle portiere che sbattevano, poi alcune voci indistinguibili, fra cui quella di una donna. Una voce che conoscevo meglio di ogni altra. Qualche secondo dopo apparve Nyla, sul bordo opposto della piscina, e la giovane donna comincio a spogliarsi. Non si preoccupo di gettare neppure un’occhiata verso la nostra finestra. Sedette sulle mattonelle, tasto l’acqua con un piede, poi scivolo fuori dalla sottoveste e con un guizzo scomparve sotto la superficie, tappandosi il naso con una mano.

E benche fosse una mano senza il pollice un’altra sensazione, dolorosa e pressante, si aggiunse a quelle che mi stavano opprimendo il sistema nervoso.

Se Nyla Senzapollici non guardo dalla nostra parte, quel che e certo e che io guardai lei. Potevo vedere una delle guardie, appoggiata a una colonnetta davanti all’ufficio del motel, e i suoi occhi non si stavano perdendo niente di quel corpo eccitante e a me cosi familiare. Perfino Douglas era venuto alla finestra, al mio fianco. — E fatta bene, quella puttana d’inferno — borbotto.

Avrei potuto strangolarlo.

Provare sentimenti di quella fatta, ovviamente, era pura follia. Cercai di dirlo a me stesso. Ma non serviva a niente, perche tutti i pensieri che avevo nella testa si dileguavano, sparivano, e il vuoto che lasciavano veniva riempito dall’immagine di Nyla. Di ogni Nyla. Tutte le Nyla. Nyla Bowquist, la mia amata, virtuosa del violino. Nyla Sambok, soldatessa di un esercito nemico. Nyla Senzapollici: Nyla Christophe anche lei, che pero non era… naturalmente non era sposata, perche chi avrebbe voluto quel pezzo di ghiaccio? Zelante burocrate della legge, al comando di scagnozzi e picchiatori in completo grigio, esperta nel terzo grado.

E tutte quante erano la stessa persona. Non avevo bisogno d’impronte digitali e analisi delle urine per saperlo. Me lo sentivo nelle viscere, con un’intensita che avevo imparato a conoscere fin da quando avevo quattordici anni e sbirciavo da una grata nello spogliatoio delle ragazze, al campo scuola del liceo.

C’erano delle incongruenze di cui non ero riuscito a capacitarmi, quando avevo cominciato ad avere a che fare con loro. Nella prima, la sergente, avevo trovato un carattere abbastanza brusco da sentirmi scuotere i nervi. Ma dopo le prime perplessita ero riuscito a vedere l’essere umano dietro quella maschera. Se non era un violinista da concerto, quantomeno insegnava musica. E indossava l’uniforme soltanto perche era stata richiamata in servizio. La mia amata avrebbe potuto seguire la stessa strada, se la mano del destino ce l’avesse spinta in un modo o nell’altro quand’era piu giovane.

Ma questa qui!

Questa donna senza pollici… senz’anima, senza amore, ma soprattutto con quell’amputazione alle mani che sembrava un’amputazione dei sentimenti. In lei non potevo riconoscere nulla di quella Nyla che amavo.

Nulla salvo le forme deliziose del suo corpo. Ed era il mio corpo che nel riconoscerle reagiva ad esse.

Era un miscuglio di odio e di desiderio che riuscivo a capire, perche avevo gia saputo di situazioni simili… non di quel genere, intendo, ma capaci di scatenare emozioni identiche. Me ne aveva parlato un compagno di bevute (bevute politiche, diciamo) dopo uno di quei congressi in cui ci si stordisce a forza di discorsi, di applausi, di risultati che appaiono sui tabelloni, e alla fine chi rimane a far le ore piccole non trascura il supporto di una bottiglia. Disse d’aver sorpreso sua moglie sul fatto con un altro uomo. Quando fu certo che non potevano esserci equivoci la rabbia e il dolore lo accecarono, e tuttavia qualcosa in lui reagiva ancor piu bestialmente: incredulo, s’accorse di essere eccitato. Dopo la scenata, le urla, i ceffoni, cio che sopraffaceva ogni altro suo pensiero era la voglia di fare all’amore con lei, piu energicamente e sensualmente di quanto non l’avesse mai fatto. Trovarsi davanti a quello sconosciuto, a quella relazione da cui lui era escluso, a quella donna che d’improvviso gli mostrava un suo lato insospettato ed estraneo, gli metteva addosso un violento bisogno di sbatterla sul letto e di lasciar perdere ogni altra considerazione per sfogarsi con un atto sessuale animalesco.

Guardando Nyla da quella finestra la desiderai allo stesso modo.

Lei e tutte le altre Nyla.

Grottesco? Naturalmente! Sapevo bene quanto fosse grottesco. Eppure non potevo fare a meno di pensare… cosa sarebbe stata la mia Nyla senza i pollici? In che modo sarebbe stato diverso il nostro fare all’amore? Ad esempio, a letto lei compiva certi gesti nell’accarezzarmi, mentre io ovviamente accarezzavo il suo corpo con gesti assai diversi. E spesso ridacchiando parlavamo delle nostre pure e semplici differenze anatomiche, e del fatto che a lei era impossibile capire cosa provocavano in me le sue carezze, cosi come io non avrei mai saputo cio che facevo provare a lei. Ma senza pollici non avrebbe potuto compiere quei gesti, o non esattamente quelli… e comunque, come sarebbe stata la cosa?

Mi e perfino difficile dire in parole quanto avrei voluto sperimentarlo in quel momento.

La scena che avevo davanti agli occhi muto bruscamente quando Moe venne a piazzare la sua mole di fronte alla finestra e si accorse che stavo guardando. Spinse il vetro e la apri, costringendomi a indietreggiare. — Belle cose che ti ronzano in capo! — mi derise. — Dimenticatele! Lei non lo vede neppure un fringuello come te, anche se ti tratta meglio di quel che meriti. — Si sposto e lo sentii aprire la serratura dall’esterno. — Dio sa perche si e presa la briga di farlo — brontolo, accennando a Douglas di alzarsi. — Vi ha comprato qualcosa da mettere sotto i denti, e dice che potete andare a mangiare nell’appartamento del padrone. C’e anche l’aria condizionata.

Era cibo messicano, in piatti di cartone e appena fuori freddo… be’, niente era davvero freddo in quella zona del New Mexico, comunque il cibo era a temperatura ambiente. E la temperatura ambiente era, come promesso, tenuta appena sotto il massimo sopportabile da un ronzante scatolone applicato alla finestra di quel vasto soggiorno. Con noi c’erano i nostri due alter-ego e Moe, e il calore dei nostri cinque corpi sembrava sufficiente a surclassare le possibilita del condizionatore.

Sedetti accanto all’altro DeSota e ci guardammo in faccia. — E allora, Dom? — lo salutai. Lui sembro sorpreso.

— Di solito mi chiamano Nicky — mi corresse. — Dico, l’hai vista, la fuori? E pensare che mi hanno accalappiato soltanto perche ero in topless! — Aprii la bocca per chiedergli cosa voleva dire, ma stava gia interrogandomi: — Sei davvero un senatore degli Stati Uniti?

— Certo, dal 1978. Eletto nell’Illinois.

— Non ho mai parlato al mio senatore, prima d’ora — constato, e sorrise. — Buffo scoprire che quel senatore sono io. Come devo chiamarti?

— Viste le circostanze, Dom andra benissimo. E tu? Nicky? Divertente… cioe, non volevo dir questo. Anche quand’ero un bambino mia madre non mi chiamava mai Nicky.

— E neanche mia madre. Ma quando entrai al lavoro il mio capo mi consiglio in merito. «Dominic suona troppo come dominatore» disse, e questo metterebbe a disagio i clienti. Io sono nel ramo ipoteche. — Esito, mando giu una forchettata di fagioli e chiese: — Dom, com’e che sei diventato senatore?

E naturalmente sottintendeva: mentre io non sono nessuno. Ma come avreste risposto a una domanda del genere? Non potevo certo dirgli «Perche io sono un vincente e tu un fessacchiotto». Questo sarebbe stato imperdonabile e oltretutto falso, visto che eravamo la stessa persona. Ma cos’era accaduto in quell’universo che aveva trasformato la mia dolce suonatrice di violino in una gelida burocrate, e me stesso in un pacioccone ingenuo dai grandi occhi spalancati?

Non ebbi la possibilita di indagare meglio. Venne dentro Moe, oberato dal peso di una grossa scatola di cartone, e dietro di lui entro Nyla Christophe. Adesso indossava una gonna e una camicetta a maniche lunghe, che mi parvero severe e fuori moda oltreche da poco prezzo, anche se da come la stoffa le aderiva avrei giurato che sotto non aveva nulla.

— Piaciuto il pranzo, egregi signori? — chiese in tono faceto. — Ora dovrete cantare, se volete guadagnarvi la cena. Sono andata all’ufficio di Albuquerque per parlare con Washington su una linea sicura, e le cose stanno

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