CAPITOLO 1
Il suo look era rovinato dalle scarpe da jogging.
L’uomo con i capelli tagliati a spazzola e il labbro superiore imperlato di sudore indossava un elegante abito blu, senza dubbio acquistato per l’occasione, ma ne aveva guastato l’effetto con quelle Nike Air, che stridevano sul pavimento della palestra ogni volta che lui spostava nervosamente i piedi sotto il tavolo.
«Mi dispiace» disse. «Mi dispiace tanto, davvero.»
Di fronte a lui erano seduti due anziani coniugi. L’uomo aveva la schiena dritta come un palo e gli occhi chiari dallo sguardo fisso. La donna che gli stava accanto gli teneva la mano. I suoi occhi, a differenza di quelli del marito, guardavano dappertutto, tranne che verso l’uomo con l’abito blu. L’ultima volta che lei lo aveva visto cosi da vicino era stata quando lui li aveva legati entrambi, dopo essersi introdotto in casa loro.
Il mento accuratamente rasato di Darren Ellis inizio a tremare. La sua voce si fece incerta. «Se c’e una cosa qualunque che posso fare per farmi perdonare, la faro» disse.
«Non c’e» ribatte il vecchio.
«Non posso tornare indietro nel tempo, ma mi rendo conto di aver commesso un’azione orribile. So quello che avete passato.»
La donna comincio a piangere.
«Come puoi saperlo?» disse il vecchio.
Darren Ellis comincio a piangere a sua volta.
Nell’ultima fila, dove le sedie erano addossate alle spalliere della palestra, sedeva un uomo dall’aspetto robusto, che indossava una giacca di pelle nera. Aveva una quarantina d’anni, gli occhi scuri e i capelli piu grigi su un lato della testa che sull’altro. Sembrava a disagio e un po’ confuso. Si volto verso l’uomo seduto accanto a lui.
«Tutte balle» disse Thorne.
L’ispettore capo Russell Brigstocke lo fisso, severo. Un poliziotto rosso di capelli, seduto un paio di file piu avanti, li zitti. Un sostenitore di Ellis, evidentemente.
«Balle» ripete Thorne.
Di solito, a quell’ora del lunedi mattina, la palestra del Peel Centre era piena di allievi poliziotti scalpitanti. Tuttavia, poiche era l’unico spazio abbastanza grande in cui tenere quell’“Incontro per una giustizia riparatrice”, i giovani aspiranti agenti erano andati a fare le loro flessioni da un’altra parte. Il pavimento della palestra era coperto da un telo verde plastificato e da una cinquantina di sedie, su cui erano seduti i sostenitori sia del criminale, sia delle vittime. C’erano anche alcuni funzionari, invitati perche potessero aggiornarsi su quell’ultima iniziativa.
Becke House, l’edificio in cui Thorne e Brigstocke avevano i loro uffici, faceva parte dello stesso complesso. Mezz’ora prima, mentre percorrevano il breve tratto che li separava dalla palestra, Thorne non aveva fatto altro che lamentarsi.
«Se si tratta solo di un invito, perche non posso declinarlo?»
«Piantala» l’aveva zittito Brigstocke. Erano in ritardo e lui camminava in fretta, cercando di non versare il caffe bollente dal bicchiere di plastica che aveva in mano.
Thorne lo seguiva a un passo o due di distanza. «Oh, accidenti, ho dimenticato il biglietto d’invito. Forse non mi lasceranno entrare.»
Brigstocke era rimasto indifferente alla battuta.
«E se non sono abbastanza elegante? Forse e obbligatorio l’abito scuro…»
«Non ti sto ascoltando, Tom…»
Thorne aveva scosso la testa, sferrando un calcio a un ciottolo, come un ragazzino imbronciato. «Sto solo cercando di capire. Quello schifoso animale lega un’anziana coppia con un filo elettrico, da un paio di calci al vecchio rompendogli… quante costole?»
«Tre…»
«Tre, grazie. Piscia sulla moquette, si frega tutti i loro risparmi, e ora noi corriamo a vedere quanto gli e dispiaciuto d’averlo fatto?»
«Hanno usato questo sistema in Australia e i risultati sono stati ottimi. Il tasso di recidivita e sceso parecchio.»
«In pratica, si tratta di una bella riunione prima della sentenza e, se tutti sono d’accordo che il criminale e davvero pentito, la condanna sara piu mite. Giusto?»
Brigstocke aveva bevuto un ultimo sorso di caffe bollente e aveva gettato il bicchiere ancora mezzo pieno in un bidone. «Non e cosi semplice.»
Giugno era iniziato da piu di una settimana, ma l’aria non aveva ancora avuto il tempo di riscaldarsi.
Thorne aveva affondato le mani nelle tasche della giacca di pelle. «No, ma e semplicistica la mente di chi ha avuto questa bella pensata.»
Nella palestra, il pubblico vide Darren Ellis abbassare le mani strette a pugno con cui si era coperto il volto, rivelando occhi rossi e umidi. Thorne osservo i presenti in sala. Alcuni scuotevano la testa con aria triste. Altri prendevano appunti. In prima fila, gli avvocati di Ellis si passavano fogli di carta.
«Se dicessi che anch’io mi sono sentito una vittima, ridereste di me?» chiese Darren.
Il vecchio lo fisso con calma prima di rispondere. «No, ma ti spaccherei volentieri i denti.»
«Le cose non sono sempre cosi chiare» disse Darren.
Il vecchio si piego verso di lui attraverso il tavolo. «Ti diro io che cosa e chiaro.» Getto una rapida occhiata alla moglie. «Lei non dorme piu dalla notte in cui sei entrato in casa nostra. Bagna il letto…» La sua voce divenne un sussurro «…ed e diventata cosi magra…»
Qualcosa a meta tra un singhiozzo e un sospiro echeggio nella palestra, quando Darren si prese di nuovo il viso tra le mani e diede libero sfogo alle emozioni. Un avvocato si alzo in piedi. Un ispettore anziano si avvicino al tavolo.
Thorne si chino verso Brigstocke e disse, a voce non troppo bassa: «E bravissimo. Dove ha studiato, all’Accademia di arte drammatica?». Stavolta, tra le facce che si girarono a fissarlo con disapprovazione, c’erano quelle di molti superiori.
Dieci minuti dopo, erano tutti nell’atrio, fuori dalla palestra. Acqua minerale, biscotti e molte chiacchiere a bassa voce.
«Mi tocca anche scrivere un rapporto su questo evento» mugugno Brigstocke.
Thorne rivolse un cenno di saluto a due membri della Squadra 6. «Meglio che sia toccato a te, piuttosto che a me.»
«Sto cercando il termine giusto per descrivere l’atteggiamento di alcuni membri del mio gruppo. Non collaborativo? Insolente? Hai qualche idea?»
«Questa e una delle messinscene piu stupide cui abbia mai assistito. Non riesco a credere che tutta questa gente l’abbia presa sul serio e non me ne frega niente dei risultati ottenuti in Australia. Anzi, no, “stupido” non e l’aggettivo giusto. E stata una cosa oscena. Tutti quei deficienti intenti a studiare le espressioni sulla faccia di un bastardo. Quante lacrime? Quanto erano grosse? Quanta vergogna ha mostrato?» Thorne bevve un sorso d’acqua, lo tenne in bocca per qualche secondo, poi lo inghiotti. «Hai visto la faccia di quella donna, eh? L’hai vista?»
Il telefono cellulare di Brigstocke squillo. Lui si affretto a rispondere, ma Thorne non smise di parlare. «Giustizia riparatrice! Per chi? Per quel vecchio e per quello scheletro ambulante di sua moglie?»
Brigstocke scosse la testa irritato e gli volto le spalle.
Thorne appoggio il bicchiere sul davanzale di una finestra. Vide un gruppo di persone emergere da una porta dall’altra parte dell’atrio e si diresse rapidamente verso di loro, facendosi strada a spintoni tra la folla.