Darren Ellis si era tolto giacca e cravatta. Era in manette, fiancheggiato da due ispettori.

«Bella esibizione, Darren» disse Thorne. Sollevo le mani e inizio ad applaudire.

Ellis lo fisso, aprendo e chiudendo la bocca con un’espressione di disagio che, quella si, appariva spontanea. Lancio un’occhiata ai suoi accompagnatori, in cerca d’aiuto.

Thorne sorrise. «Non ci hai concesso il bis. Si dice che sia meglio finire sempre con una canzone…»

L’ispettore alla sinistra di Ellis, un tipo inagrissimo con il colletto della giacca bianco di forfora, fece del suo meglio per assumere un aspetto duro. «Va’ al diavolo, Thorne.»

Prima di avere la possibilita di controbattere, Thorne noto Russell Brigstocke che si dirigeva a passi lunghi verso di lui e smise di prestare attenzione ai due ispettori che, nel frattempo, stavano pilotando Ellis nella direzione opposta. L’espressione sulla faccia del suo ispettore capo gli fece venire un nodo allo stomaco.

«Se vuoi fare un po’ di giustizia riparatrice, ecco la tua occasione» disse.

Sull’insegna c’era scritto “hotel”, ma Thorne sapeva che certe definizioni, nelle zone piu malfamate di Londra, non andavano prese troppo alla lettera. Se insegne del genere avessero detto il vero, molti uomini d’affari sarebbero rimasti seduti invano dentro presunte “saune”, in attesa di lavoretti di mano che nessuno avrebbe mai fatto loro.

Su quell’insegna avrebbe dovuto esserci scritto “buco merdoso”.

Era un posto che sarebbe stato lusinghiero definire spartano. La moquette marrone lisa lasciava intravedere in molti punti la sottostante base di gomma verde. Una pianta morta da tempo giaceva sul davanzale, coperta di polvere. Thorne scosto le sudicie tende arancioni e si affaccio sul traffico che dalla stazione di Paddington si spingeva lentamente verso Marylebone Road. Erano quasi le undici e sembrava ancora l’ora di punta.

Poi si giro verso la stanza. Sulla porta, l’agente speciale Dave Holland chiacchierava con un agente in uniforme, in attesa, proprio come Thorne, del segnale per entrare e cominciare a scavare nel fango.

In vari punti della stanza, tre tecnici della scientifica si muovevano carponi, raccogliendo indizi in buste di plastica e attaccando cartellini, in cerca del capello, della fibra tessile in grado di incastrare l’assassino. Una condanna a vita nascosta in un granello di polvere. La verita nella spazzatura.

Phil Hendricks, il patologo, era appoggiato al muro, intento a borbottare qualcosa nel nuovo registratore di cui era tanto orgoglioso. Alzo gli occhi a fissare Thorne, con uno sguardo che poneva le solite domande: «Siamo di nuovo in pista?». «Quando le cose diventeranno un po’ meno complicate?» «Non sarebbe meglio gettare la spugna e passare il resto della vita seduti su una panchina?». Thorne, che non aveva risposte per quei quesiti inespressi, distolse lo sguardo. Nell’angolo di fronte, un quarto tecnico della scientifica, con una testa pelata che, unita alla tuta sterile, gli conferiva l’aspetto di un gigantesco neonato, spargeva polvere per rilevare le impronte sui rubinetti del lavandino in plastica marrone.

Si trattava di un buco merdoso con qualche optional, questo si.

In tutto c’erano sette persone in quella stanza. Otto, contando il cadavere.

Lo sguardo di Thorne si poso, riluttante, sul corpo pallido dell’uomo. Era nudo sul materasso, sul quale le macchie di sangue si confondevano con altre di origine meno evidente. Era prono, con le ginocchia sotto il petto e il sedere all’aria. Le mani erano legate da una cintura di pelle marrone e protese in avanti. La testa, coperta da un cappuccio nero, era affondata nel materasso.

Thorne osservo Phil Hendricks avvicinarsi al letto, sollevare la testa del cadavere e sfilare il cappuccio. Vide le spalle dell’amico irrigidirsi per un istante. Poi la testa del morto ricadde sul materasso. Un tecnico della scientifica si avvicino e infilo il cappuccio in una busta di plastica.

Thorne si sposto in modo da poter vedere bene la faccia del morto.

Occhi chiusi, naso piccolo e all’insu. Sulle guance, minuscole macchie di sangue. La bocca era una maschera di sangue coagulato con le labbra a brandelli irretite da fili di saliva secca. I denti irregolari avevano profondamente inciso il labbro inferiore, nel momento in cui il cappio si era stretto intorno al collo.

Quell’uomo poteva avere si e no quarant’anni, ma era solo una supposizione. Da qualche parte, sopra le loro teste, un boiler smise di fare rumore. Soffocando uno sbadiglio, Thorne alzo gli occhi verso le ragnatele che decoravano il soffitto. Si chiese se gli altri ospiti dell’hotel si sarebbero preoccupati ancora dell’acqua calda quando fossero venuti a sapere cio che era accaduto nella stanza 6. Fece un passo verso il letto. Hendricks parlo senza voltarsi.

«A parte il fatto che e morto, non so un cazzo, percio non chiedermi nulla, chiaro?»

«Oh, non c’e male, Phil, grazie per esserti informato sulla mia salute. E tu come stai?»

«Non vorrai farmi credere di essere venuto qui solo per uno scambio di convenevoli?»

«Cosa c’e di male? Sto solo cercando di rendere le cose un po’ piu facili.»

Hendricks evito di controbattere.

Thorne si chino per grattarsi la caviglia attraverso la tuta sterile. «Phil…»

«Te l’ho detto, non so niente. Guardati intorno da solo. Il modo in cui e morto sembra ovvio, ma non lo e poi tanto. Ci sono… altre cose.»

«Va bene, vediamo.»

Hendricks indietreggio appena e fece un cenno a un tecnico della scientifica, il quale si avvicino con una piccola scatola in mano. Si inginocchio davanti al letto e l’apri, rivelando una serie di strumenti lucenti. Prese un bisturi e si chino sul collo della vittima.

Thorne lo vide premere un dito guantato tra il cappio e il collo. La corda sembrava una di quelle che si usano per stendere il bucato, facilmente acquistabili in qualunque ferramenta. Plastica blu liscia. Era penetrata in profondita nel collo dell’uomo. Il tecnico della scientifica la taglio con il bisturi, facendo attenzione a preservare il nodo. Era la procedura, naturalmente. Logica e terribile.

Forse avrebbero avuto bisogno di mettere quel nodo a confronto con altri.

Thorne getto un’occhiata a Dave Holland, il quale inarco le sopracciglia e sollevo le palme delle mani. «Cosa succede? Quanto ci vorra?» Thorne si strinse nelle spalle. Era li da oltre un’ora. Lui e Holland avevano controllato la stanza, prendendo appunti, raccogliendo indizi, facendosi un’idea dell’accaduto. Adesso era il turno dei tecnici e Thorne scalpitava. Se avesse potuto ammettere con franchezza che tanta impazienza era dovuta al desiderio di dare inizio al processo che avrebbe assicurato alla giustizia l’assassino di quell’uomo, si sarebbe sentito meglio. Ma, in realta, voleva solo fare il piu rapidamente possibile cio che andava fatto e uscire da quella stanza.

Voleva togliersi quella tuta di plastica, salire in macchina e allontanarsi in fretta.

Ma, per onesta verso se stesso, doveva confessare che solo una parte di lui voleva andarsene. L’altra parte, quella che conosceva e sapeva valutare le differenze tra una scena del delitto e l’altra, era in piena attivita. Thorne aveva visto vittime di amanti gelosi e di mariti andati fuori di testa. Aveva visto corpi di rivali in affari e di informatori della polizia. Ed era in grado di riconoscere quando cio che si trovava davanti era fuori dall’ordinario.

Quella era l’opera di un assassino spinto da un movente particolare, spettacolare.

La stanza puzzava di odio e di rabbia, ma anche di orgoglio.

Hendricks, come leggendogli nel pensiero, disse, con un mezzo sorriso: «Ancora cinque minuti, va bene? Non resta molto da fare».

Thorne annui. L’uomo sul letto, la sua posizione… Era quella di chi sta rendendo omaggio a qualcuno. Se non fosse stato per la cintura, per il livido infossato intorno al collo, per il sangue rappreso sulla parte posteriore delle cosce pallide, si sarebbe potuto dire che era in preghiera. E forse, alla fine, aveva pregato davvero.

In quella stanza faceva caldo. Thorne si sfrego un occhio e senti una goccia di sudore scendergli lungo il petto, deviando poi all’altezza del ventre prominente.

In strada, un automobilista esasperato suonava il clacson a tutto spiano.

Thorne non si era reso conto di aver chiuso gli occhi e, quando li apri di scatto sentendo squillare un telefono, per pochi istanti meravigliosi penso di essersi appena svegliato da un brutto sogno.

Si volto, un po’ disorientato, e vide Holland in piedi davanti al comodino. Il telefono bianco era un modello degli anni Settanta, con la tastiera crepata e la cornetta sbilenca sulla forcella. Thorne adesso era completamente sveglio. Quella chiamata era per loro? Era qualcuno della polizia? Oppure un addetto della reception, che non sapeva dell’accaduto e aveva passato una telefonata dall’esterno? Se fosse stato cosi, si sarebbe trattato di un vero colpo di fortuna.

Thorne si avvicino al telefono. Tutti gli altri rimasero immobili a fissarlo.

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