storicamente avversi a quella di Israele, avevano condannato aspramente la condotta israeliana nel corso della guerra dei Sei giorni. Erano seguiti momenti di grande tensione internazionale e i patti di non belligeranza tra le grandi potenze avevano vacillato.

L’appoggio, sia pure indiretto, del leader rumeno non poteva certo lasciare insensibili i sottili statisti israeliani: sull’onda del vecchio detto per cui bisogna battere il ferro sino a che e caldo, il governo israeliano aveva messo in piedi una missione economica in quattro e quattr’otto. La delegazione aveva gli stessi caratteri di non ufficialita della presa di posizione della Romania nelle vicende mediorientali ed era composta da esperti finanziari e da banchieri provenienti da ogni angolo del mondo occidentale. Tutti avevano pero in comune l’origine ebraica: ne faceva parte anche Asher Breil, alla sua prima missione fuori dalla carlinga di un caccia.

I trentasei passeggeri sobbalzarono mentre il Tupolev rallentava sulla pista di atterraggio. I ventidue esperti economici israeliani, alcuni dei quali accompagnati dalle relative consorti, benedissero la buona stella che aveva evitato al velivolo di scegliere quel volo per morire di acciacchi e di vecchiaia.

Asher penso che lo scialbo rinfresco servito in una delle salette dell’aeroporto avesse avuto il solo scopo di rincuorare i sopravvissuti dalla paura del volo. Il rappresentante del governo rumeno alzo un calice al cielo e, in un inglese stentato, disse: «Brindiamo alla salute del conducator Nicolae Ceausescu. Il presidente sara lieto di accogliere la vostra delegazione questa sera, a cena, presso il Palazzo del governo della Repubblica socialista di Romania».

A un osservatore attento come Breil non sfuggi certo il tono con cui era stata sottolineata la parola «socialista». Quel termine, infatti, aveva costituito il primo degli «sgarri» che i politici rumeni avevano commesso ai danni dell’Unione Sovietica. Dal 1965, infatti, la parola «socialista» aveva sostituito quella «popolare», ben piu cara ai potenti del Cremlino.

L’ultima disobbedienza del leader rumeno era quella in virtu della quale Asher si trovava a Bucarest: l’appoggio di Ceausescu alle azioni sostenute da Israele nei confronti dei paesi arabi avrebbe suscitato una serie di interrogativi spesso destinati a rimanere irrisolti in chi studia il complesso sistema degli equilibri internazionali.

La cena si era svolta in uno dei saloni della residenza del premier. Asher Breil era stato presentato come un dirigente di banca svizzero, di origine ebraica, facente funzione di direttore operativo di uno dei piu blasonati istituti di credito della Repubblica elvetica. La sua carica, dato che era proprio un accesso agli sconfinati fondi svizzeri che Ceausescu cercava, aveva garantito a Breil un posto alla tavola d’onore. Alla destra dell’ufficiale del Mossad sedeva Elena Petrescu, dal 1939 moglie del leader rumeno e, dicevano in molti, vera anima e motore della politica del paese.

Breil ebbe modo di osservare la donna con attenzione: il profilo arcigno lasciava intuire un carattere duro, per contro l’aria schietta e poco ricercata della first lady dava l’idea di una donna attiva, dotata di intelligenza e carattere.

Gli occhi scuri di Elena Petrescu e quelli di Asher Breil si incrociarono: l’ex pilota accolse con un sorriso amichevole il macigno di diffidenza che quello sguardo era stato capace di scagliargli contro.

Un uomo attraverso la sala e, raggiunto il loro tavolo, si chino all’orecchio del premier. Ceausescu batte con la lama del coltello sul bordo del bicchiere di cristallo, producendo un tintinnio che fece cessare le conversazioni.

«Sono stato appena informato», disse il premier alzandosi in piedi, «che Ernesto Che Guevara e rimasto ucciso nel corso di uno scontro a fuoco con i regulares boliviani. Ernesto Guevara rappresentava la voglia di riscatto di un intero continente contro le colonizzazioni imperialiste. Sia pace all’eroe di ogni rivoluzione. Prego, signori, vi invito a osservare un minuto di silenzio.»

Mentre tutti si alzavano in piedi, Asher Breil si rese conto che in quel periodo si stava scrivendo un nuovo capitolo della Storia del ventesimo secolo ed ebbe la sensazione che una fetta di quella Storia sarebbe passata attraverso le mura tra le quali si trovava. Dopo essersi alzato in piedi chino anche lui il capo e, nel silenzio appena calato, si ritrovo a pensare al suo unico figlio, il piccolo Oswald. Piccolo in ogni senso, ma che avrebbe dovuto vivere in un mondo grande; un mondo che Asher avrebbe voluto diverso, meno caotico e meno pericoloso. Desiderava che Oswald potesse vivere in pace e nella pace e a lui, che voleva essere un buon padre, spettava il compito di fare il possibile per contribuire al realizzarsi di quella che poteva sembrare un’utopia.

Quello era il primo motivo che aveva spinto Asher in Romania.

Il secondo motivo era piu personale, e si spiegava con la necessita, innata in un uomo come Breil, di mettersi in discussione e di lanciare continue sfide a se stesso.

C’era poi un terzo motivo, forse il piu importante, che traeva origine da un incontro avvenuto, pochi giorni dopo il suo incidente, con un anziano ufficiale italiano della prima guerra mondiale. Nel corso del colloquio con l’ufficiale la prospettiva di accettare un incarico che lo avrebbe condotto a Bucarest si era fatta sempre piu interessante.

La fedelta e il coraggio di Asher Breil non si potevano mettere in discussione: sia come pilota, sia come agente del Mossad, si era dedicato anima e corpo all’arduo compito di garantire la sopravvivenza del suo paese. La «suprema ragion di Stato» risultava vincente su ogni dubbio o titubanza di ordine personale. E l’interesse dello Stato di Israele aveva la priorita su qualsiasi cosa: per questo si era imposto di non lasciarsi mai vincere dal senso di colpa per avere seminato la morte per mezzo delle micidiali bombe che tante volte aveva sganciato dalle ali del suo caccia.

Questi e altri pensieri occupavano la mente dell’ufficiale del Mossad durante il minuto di silenzio in onore del rivoluzionario sudamericano.

«Tutto il mondo e un grosso casino!» si disse preoccupato Asher Breil, prima di riscuotersi e di sorridere amichevolmente al premier rumeno.

Nicolae Ceausescu era nato nella provincia di Olt, nel 1918, da una famiglia di contadini. Sin dalla adolescenza aveva manifestato spiccate capacita politiche, che aveva ben presto indirizzato verso attivita considerate filorivoluzionarie dalle autorita. Nel 1936 era stato condannato per la prima volta a due anni di carcere. Di nuovo libero, Ceausescu era diventato membro del Comitato centrale comunista. Nel 1940 fu nuovamente rinchiuso in carcere, dal quale evase quattro anni piu tardi. Nel 1948 venne eletto per la prima volta deputato; dal 1950 in poi si susseguirono cariche politiche e di governo, sino al luglio 1965, tre mesi dopo la morte improvvisa del leader Gheorghe Gheorghiu-Dej. In quella data Nicolae Ceausescu fu proclamato segretario del Comitato centrale del Partito comunista rumeno. Due anni dopo, nel corso di quello stesso 1967, era stato eletto presidente della Romania, una carica che, si diceva, di fatto esercitasse dal momento della morte di Gheorghiu- Dej.

Questo era quanto Breil aveva letto riguardo all’unico tra i leader comunisti che, in quel periodo, l’Occidente guardava con simpatia: Nicolae Ceausescu era un politico poco incline ad allinearsi con chi non incontrava il suo favore e cio preoccupava il governo centrale di Mosca. Il leader rumeno aveva fatto subito capire che non aveva paura a contestare aspramente le decisioni che, nel nome di tutti, venivano prese dall’URSS. Cosi era accaduto con la presa di posizione del suo governo riguardo alla guerra dei Sei giorni.

Ma Asher Breil aveva raccolto anche altre informazioni in merito allo statista. Aveva consultato le cronache non ufficiali e ne era scaturita l’immagine di un uomo che nutriva un’ammirazione incondizionata per un personaggio molto controverso della storia nazionale: Ceausescu lo definiva «un eroe della Terra rumena» o anche «eroe del mondo occidentale e della cristianita».

Si trattava di Vlad Dracula III, detto «Tepes», principe di Valacchia.

20

Mare Adriatico, 1348

Wu immerse nel catino d’acqua dolce la spugna e la strizzo. Con la stessa premura di una madre pietosa, il gigante cinese deterse il sudore dalla fronte del suo padrone.

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