questa sera voi e il vostro attendente potrete riposare in un albergo di Suez, signor colonnello.»

Poco dopo la locomotiva riprendeva a sbuffare nel deserto.

La cittadina di Suez occupava un triangolo di terra posto tra la sponda orientale del mar Rosso e l’imboccatura meridionale dell’omonimo canale, costruito dai francesi mezzo secolo prima e inaugurato il 17 novembre del 1869. La Compagnia universale del canale di Suez di «universale» aveva soltanto undicimila delle quattrocentomila azioni: il rimanente capitale era suddiviso tra la Francia — maggiore azionista — e l’Egitto. Quest’ultimo, sull’orlo della bancarotta, aveva poi ceduto le sue azioni all’Inghilterra nel 1876, aprendo agli inglesi la porta del loro grande sogno commerciale: la via diretta per le Indie.

Negli anni successivi quel taglio nella terra desertica riempito dell’acqua di due mari sarebbe diventato un nodo nevralgico per lo sviluppo economico di molte nazioni. In Persia si cominciavano a effettuare le prime trivellazioni petrolifere industriali. Ogni potenza, di fronte alla tecnologia che galoppava, intuiva che l’importanza del petrolio sarebbe aumentata sempre piu e le regioni desertiche dell’Arabia sembravano essere uno sconfinato giacimento della preziosa materia prima.

A fronte di queste considerazioni, era evidente che il possesso delle poche case di Suez e il controllo del serpente d’acqua che si spingeva sino al Mediterraneo erano stati lo stimolo principale dell’istituzione del fronte mediorientale: agli Stati occidentali importava poco o nulla delle rivendicazioni indipendentiste di arabi e palestinesi. I loro interessi erano molto piu materiali! Ma ben diverse furono le motivazioni ufficiali addotte: ingigantire l’importanza degli ideali era il primo punto di ogni propaganda a favore della guerra. Minor credito presso l’opinione pubblica avrebbe riscosso la verita: il fronte era stato aperto perche il petrolio avrebbe cambiato le sorti della storia, dell’economia e dello sviluppo del mondo. Senza contare che il canale di Suez rappresentava la via piu breve per l’Oriente e per i possedimenti d’oltremare dell’Occidente.

La cittadina di Suez non si differenziava molto dalle altre che Sciarra aveva visto nella regione.

Le case erano bianche, costruite in materiale corallifero, alte dai tre ai cinque piani. Non c’erano vetri alle finestre, ma grate e pannelli di legno mirabilmente intarsiati.

Le strade erano strette: nella maggior parte dei casi insufficienti a far passare un carro. Sciarra si guardava attorno circospetto: aveva la sensazione che dietro a ogni grata ci fossero occhi intenti a spiare ogni sua mossa. Il rumore dei passi tra i vicoli veniva soffocato dallo strato di sabbia pressata che lastricava ogni strada.

L’albergo non sembrava un granche, ma Sciarra non si sarebbe certo lamentato con la direzione per il servizio insufficiente: aveva bisogno solo di un letto e di un bagno caldo, come un neonato necessita del latte materno.

Entrando nell’atrio, l’ufficiale noto un uomo magro, seduto su un divano nella sala comune. L’uomo vestiva alla maniera degli arabi, con un ricco abaya, il mantello di lana bianca, ricamato con fili d’oro; portava il classico copricapo costituito da un grande triangolo di stoffa avvolto a piu spire attorno al capo e tenuto insieme da un cordone di colore scuro. Sebbene bruciata dal sole e dal vento del deserto, aveva carnagione chiara, cosa del resto non inusuale in quelle regioni.

Quando Sciarra gli passo vicino questi gli sorrise e si rivolse all’italiano nel dialetto di Aleppo: una variazione del ceppo siriano, probabilmente imbastardita dai mille idiomi parlati dai carovanieri che, sin dai tempi di Babilonia, avevano scelto quella citta come crocevia dei loro traffici.

«Vedo che il colonnello italiano ha conosciuto il deserto», disse l’arabo indicando la divisa impolverata indossata da Sciarra. Non c’era ironia nella sua voce, piuttosto una sorta di ammirazione, dettata dal senso di fratellanza che solo chi ha navigato sugli oceani, siano essi d’acqua o di sabbia, riesce a trasmettere.

«Si, il deserto e i suoi abitanti, signore», rispose l’italiano.

«Io provengo da un’esperienza simile, colonnello», disse l’arabo passando improvvisamente a un inglese perfetto. «Dopo giorni di aspra battaglia, ho cavalcato un cammello per cinquanta ore consecutive per giungere qui dalla citta di Aqaba. Nella mia agenda avevo annotato che avrei avuto un appuntamento con voi qui a Suez. Ma innanzitutto vorrei darvi la possibilita di rinfrescarvi. Che ne dite se ci vediamo per cena, tra un paio d’ore, colonnello Sciarra?»

«Voi siete il colonnello Lawrence, signore?»

«In carne e ossa, amico mio… anzi piu ossa che carne, dato che ho appena constatato che il mio peso e di poco superiore ai quaranta chilogrammi.»

«Sono onorato di conoscervi, colonnello. Le vostre gesta sono diventate leggendarie in tutta Europa, dove vi chiamano Lawrence d’Arabia.»

«Mi pare che tra noi due l’unico a essere famoso siate voi, colonnello Sciarra. Il credito di cui godete vi ha preceduto e i miei uomini dicono che vi siete comportato da eroe nel corso dell’attacco al treno sul quale viaggiavate. Ma adesso smettiamola con i convenevoli: mi chiamo Thomas, solo se mi e permesso di chiamarvi Alberto.» Cosi dicendo l’ufficiale inglese, vestito come i nomadi del deserto, gli tese la lunga e ossuta mano destra.

Quando Sciarra raggiunse la sua stanza, Rocco era intento a riporre in un armadio i pochi effetti personali contenuti nella sacca da viaggio dell’ufficiale: «Vorreste dire… vorreste dire, signore… che quell’arabo… quel beduino, era Lawrence d’Arabia?»

Al cenno di assenso di Sciarra, il siciliano si lascio andare a una colorita affermazione di soddisfazione. «Vi ho fatto preparare un bagno caldo con aromi speziati e tonificanti, signore. Qui sul letto vi lascio la divisa pulita. Se non avete bisogno di me, vorrei riposare per qualche ora, signore», disse ancora Rocco abbandonando la stanza, mentre il colonnello cominciava a spogliarsi.

«Ritenetevi in liberta sino a domani mattina, soldato.» Il fisico stremato dell’ufficiale godette a fondo degli effetti del bagno caldo. I muscoli si distesero al contatto dell’acqua con la pelle, sembravano assorbirla, berla a sazieta per trovare un nuovo vigore. Lo sguardo di Sciarra, mentre si trovava immerso nella tinozza di rame, si poso sulla grata di legno grigio che separava la sua stanza dall’esterno. Di nuovo ebbe la sensazione di essere spiato da migliaia di occhi. Se invece fossero stati i suoi occhi a guardare oltre la grata, avrebbero solo visto Rocco che si allontanava dall’albergo.

38

Mare Egeo, 1348

«Adesso il nostro giovane amico Adil ci mostrera che cosa custodisce con tale amore in quel cofanetto, tanto da non separarsene mai, nemmeno di fronte alle armi spianate.» Cosi dicendo, le mani avide di Campagnola si avventarono sul piccolo forziere che Adil aveva ricevuto da Crespi in punto di morte.

Il giovane non riusci a opporre alcuna resistenza mentre il veneziano afferrava il prezioso scrigno.

«Qui c’e una fortuna degna di un sultano d’Oriente», esclamo Campagnola estasiato alla vista delle pietre preziose e dei gioielli. Quindi si accorse del doppiofondo, lo sollevo e prese l’Anello dei Re: «Sembra di pregio inferiore rispetto ai brillanti e ai rubini contenuti nella cassetta, ma anche questo anello deve essere di valore, per venire custodito assieme a tanta ricchezza. Mi pare proprio della misura esatta del mio dito». Cosi dicendo Campagnola infilo all’indice l’anello d’oro antico recante il sigillo del Re Salomone.

«Quanto a te, Adil figlio di Satana, non credo che i tuoi occhi di demonio vedranno il sorgere del sole», concluse Campagnola, chiamando uno dei suoi e ordinandogli di legare e di condurre il giovane nella stiva.

«Stanno preparando una forca», si disse l’uomo sul badan, osservando alla luce di una lanterna due membri dell’equipaggio della caracca veneziana che, dopo avere fatto passare una cima in un rinvio dell’albero, si stavano esibendo nella macabra mimica di un’impiccagione.

L’oscurita non sarebbe durata piu di un’ora, poi gli occupanti della nave si sarebbero accorti della piccola imbarcazione che aveva navigato al loro fianco protetta dalle tenebre. Era tempo di agire.

Campagnola non voleva che molti testimoni assistessero all’esecuzione di un bambino: figlio o no di Satana, sapeva bene che non sarebbe spettato a lui il giudizio e tantomeno decretare l’esecuzione di una sentenza.

Вы читаете L'anello dei re
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату