Sul ponte si trovavano soltanto i due uomini di guardia e il timoniere, oltre a quello che si era calato nella stiva per prelevare il giovane condannato.
Gli altri membri dell’equipaggio dormivano sottocoperta, come usavano fare quando la stiva non era occupata dal carico.
Adil precedeva la punta della spada del suo carceriere. Avanzava a capo chino: nonostante la giovane eta conosceva bene quel sapore, misto di incredulita e paura, che lascia in bocca l’avvicinarsi della morte.
«Tu, figlio del Demonio», stava dicendo in un sussurro Campagnola, «avrai presto quello che ti meriti.» Gli occhi erano lo specchio di una lucida follia.
«Sono la figlia di tua figlia, colei che hai condannato a morte. Di quella figlia colpevole soltanto di amare un uomo retto e valoroso come il Muqatil, mio padre», avrebbe voluto urlare Adil, ma si trattenne.
Intanto, uno degli uomini gli passava il cappio attorno al collo.
«Devo morire con onore», si disse con aria risoluta. Allungo il collo, offrendolo con fierezza ai suoi aguzzini. Chiuse gli occhi, aspettando il dolore che avrebbe preceduto la pace.
Il timoniere eseguiva alla lettera gli ordini che Campagnola gli aveva impartito. «Guarda altrove», gli aveva detto, «e non ti accorgerai di nulla.»
E lui altrove stava guardando, quando la lama gli trafisse la carotide.
L’assalitore abbandono il corpo della sua vittima sulla barra del timone. Quindi, con l’agilita di un felino, l’uomo raggiunse il ponte, tenendosi radente al parapetto per venire protetto dall’oscurita.
«Tirate!» ordino Campagnola ai suoi.
I tre marinai strinsero le mani callose attorno alla corda, puntarono i piedi sul legno del ponte e si prepararono allo strappo mortale.
Adil aveva seguito ogni operazione come se non fosse stato lui la vittima di quella ingiusta esecuzione. Non voleva dare ai suoi aguzzini la soddisfazione di mostrare paura. I suoi occhi color del cobalto si piantarono in quelli di Campagnola e li rimasero sino a che il primo strattone al nodo scorsoio non li fece chiudere.
«Vengo da voi, padre e madre», ebbe modo di dire, mentre la voce si faceva roca.
La lama si abbatte con forza sulle braccia protese dei marinai intenti a issare il condannato. Uno degli uomini emise un grido di raccapriccio, osservando i due moncherini grondanti di sangue al posto degli avambracci. Quindi l’assalitore gli fu addosso per finirlo.
Fu poi la volta del secondo dei tre: l’uomo lo carico frontalmente, brandendo la sciabola e oltrepassandolo con la lama come un sacco pieno di paglia secca.
Il terzo, sconvolto da quell’apparizione infernale, si getto in mare, preferendo una morte pressoche certa alla furia del demonio che era piombato loro addosso.
Fu allora che l’assalitore punto la lama al volto di Campagnola.
«Tu?!» disse l’unico rimasto sul ponte della nave, oltre a Adil. «Non e possibile! Tu sei un fantasma mandato qui da Satana, che protegge quel bambino.»
Il misterioso pirata ruoto la lama, colpendo con l’elsa Campagnola alla tempia. Il veneziano si accascio senza un lamento.
Quindi si affretto a liberare Adil dal cappio, lo scosse leggermente per fargli riprendere i sensi e si diresse verso il boccaporto dove, dalla sua imbarcazione, aveva visto condurre i prigionieri legati.
La stiva era buia, ma l’uomo riusci ugualmente a liberare i due orientali e la donna, torno sul ponte, seguito dal terzetto e si diresse verso la paratia ove Adil stava appoggiato, in preda a una tosse convulsa.
«Il cofanetto… l’anello», riusci a dire Adil, indicando il forziere di Crespi che era ancora vicino a Campagnola e l’anello che il veneziano aveva al dito.
Il loro salvatore raccolse il forziere, quindi tento di sfilare l’anello dall’indice del suo nemico. Dalla stiva salivano dei rumori: la ciurma si stava destando. Dovevano fare presto.
«Un dito in cambio della tua misera vita. Spero ti ricorderai un giorno che ti ho graziato: non riuscirei ad accoppare a sangue freddo un uomo inerme», sussurro, mentre la lama si abbatteva sull’indice di Campagnola recidendolo di netto.
«Presto, prendete il bambino e salite sul
Il vento era calato non appena Wu aveva reciso le cime che assicuravano il
Adil osservo l’uomo che gli aveva salvato la vita. Gli occhi azzurri della misteriosa figura che l’aveva strappata alla morte brillavano di una strana luce.
«Sono morta», disse Adil, «e ti ho finalmente raggiunto, padre mio.»
Il Muqatil, per la prima volta dopo molti mesi, sorrise.
«No, bimba mia. Sei sana e salva. Ho riconosciuto te e gli uomini a cui ti avevo affidata sin dal momento in cui Campagnola ha abbordato la cocca, nonostante l’oscurita e gli abiti maschili che porti. Ho agito appena sono stato in grado di farlo.»
Le urla provenienti dalla nave veneziana riuscivano a superare il breve braccio di mare che separava le due imbarcazioni. Wu stava remando con poderose vogate, aumentando la distanza fra loro e i veneziani. La caracca poteva essere mossa solo dalla forza del vento e questo costituiva un ulteriore vantaggio per i fuggitivi.
Campagnola e i suoi sembravano cani rabbiosi legati a una catena. Gridavano ingiurie alla volta della piccola imbarcazione e, impotenti, la vedevano allontanarsi sempre piu.
«Non avro pace sino a che non sarete tutti sotto terra, creature di Satana!» urlo il nobile veneziano, il volto contratto dall’odio. Quindi si rivolse a uno dei suoi: «Passami una balestra».
Come molti suoi concittadini, anch’egli si dilettava nell’uso di quella potente arma e partecipava ai frequenti tornei, molto popolari nella citta lagunare.
Campagnola premette il moncherino dell’indice contro un brandello di stoffa, impugno l’arma e prese la mira. Quindi poggio le tre dita sane sulla manetta e fece una leggera pressione.
Il dardo parti con uno schiocco violento, accompagnato dalla maledizione del veneziano: «Muori, figlio del Demonio».
Il Muqatil era raggiante di felicita: aveva ritrovato sua figlia, la ragione della sua vita. Si alzo per cingere la bambina, mentre un sibilo sinistro seguito da un colpo sordo tagliava il silenzio.
Il dardo penetro tra le scapole del guerriero saraceno. Il Muqatil si rese conto che la traiettoria della freccia avrebbe colpito Celeste al volto, se il caso non avesse voluto che il suo corpo si frapponesse tra lei e l’inesorabile appuntamento con la morte. Il sorriso non abbandono le sue labbra, nemmeno quando scivolo a terra.
Un primo alito di vento soffio assieme al sole che sorgeva dal mare. Le vele del
«Spostati, Adil, o come ti chiami», disse Rhoda chinandosi sul ferito, «prendimi dell’acqua di mare e guarda sotto quella tela se ci sono dei panni puliti. Temo che ci sia poco da fare.»
Il Muqatil parve riprendere conoscenza. «Mi dispiace non essere arrivato prima, piccola mia. Avrei voluto godere piu a lungo della tua meravigliosa compagnia.»
«No, padre, no, ti prego, non dire cosi, proprio adesso che ci siamo ritrovati.»
«E stato il caso che ci ha voluto dare questa ultima opportunita di salutarci. Non pensavo che ti avrei rivisto ancora quando, contratta la peste, mi sono ritirato sull’isola che ha visto nascere l’amore tra me e tua madre. Ma la malattia mi ha risparmiato, cosi come mi aveva risparmiato la