«Ecco il nostro aereo», disse l’ufficiale del 15° stormo dell’Air Force indicando un uccello in alluminio dalla grossa testa e dalle ali sottili. «Ed ecco l’unita mobile di controllo. Per la nostra simulazione ci siamo avvalsi di questo aereo, armato con due missili Hellfire a guida laser. L’aereo dovra raggiungere la zona prescelta — un poligono di tiro dell’esercito distante da qui venti chilometri — e distruggere un caseggiato che fingeremo essere caduto in mano a un commando terrorista. Intanto noi ci godremo lo spettacolo su piccolo schermo… State a vedere.»

Cosi dicendo l’ufficiale fece un cenno a un subalterno che prese posto nella parte posteriore di un fuoristrada Hummer posteggiato vicino all’aereo.

Il «pilota remoto», questo il termine usato dall’ufficiale, sedette su una sedia ergonomica, di fronte a due grossi monitor sovrapposti ad altri due di dimensioni piu piccole. Strinse il joystick e aziono alcuni comandi che si trovavano su una tastiera di fronte a lui. Come per miracolo il motore del Predator tossicchio e, un istante piu tardi, l’elica prese a girare. L’aeromobile si mosse a piccoli balzi, sottolineando la sua leggerezza, quindi si avvio verso la breve pista e diede inizio alla dimostrazione.

«Potrebbe decollare e atterrare nel parcheggio di un supermercato o lungo il breve rettilineo di una strada statale», disse l’ufficiale mentre il Predator rullava. I suoi occhi tradivano lo stesso orgoglio di un padre alla cerimonia di consegna del diploma di laurea al proprio figlio.

«La GCS — Ground Control Station — possiede, come vedete, una doppia postazione. Da qui si possono controllare contemporaneamente due aeromobili occupati in due missioni diverse. E non solo, grazie a un sistema di controllo satellitare, da qui possiamo guidare un Predator in azione dalla parte opposta del globo terrestre.»

Deuville, capo dell’FBI, si accingeva a porre alcune domande, ma l’ufficiale lo prevenne.

«Conoscendo il codice operativo di un aeromobile, si possono inviare impulsi utilizzando una connessione satellitare che in gergo chiamiamo Ku-band. Insomma, il nostro operatore potrebbe, attraverso quella», e indico una grossa antenna parabolica posta sul tetto del mezzo militare, «portare in giro un aereo sui cieli della Bosnia o di Baghdad, rimanendo comodamente seduto su un Hummer all’interno dell’aeroporto di Washington.»

In quell’istante il Predator si libro in volo.

Era trascorsa una settimana da quando aveva inviato l’ultima lettera. In quei sette giorni non aveva fatto altro che affinare la pratica con il simulatore.

Le dita sottili si strinsero attorno al joystick. Lo sguardo del Giusto era fisso sul monitor. Le immagini scorrevano su vedute di Washington riprese da una telecamera di precisione. Il Giusto controllo le caratteristiche di un crocevia con una mappa che teneva a fianco dello schermo. Quello era il momento.

«E cosi, ogni tanto ti ricordi della tua balebatish Mame-loshen. Dopo che quella bella signora dei federali e venuta a cercarti, sei sparito e non ti sei piu fatto vedere.» Lilith si riferiva al primo incontro che Oswald aveva avuto con Cassandra Ziegler nella casa degli Habar a Denver, in Colorado.

«Hai ragione, Lilith», rispose Oswald alzandosi sulle punte per arrivare a baciare la guancia della madre adottiva. «La verita e che io non sono altrettanto balebatish, cioe beneducato. Pero, vedi, appena sono capitato da queste parti non ho potuto fare a meno di farti visita.»

Oswald omise volutamente di dire che si trovava in Colorado per una visita a un carcere di massima sicurezza, con lo scopo di convincere uno tra i piu pericolosi serial bomber di ogni tempo, prima che il Giusto ne oscurasse l’operato, a passare dall’«altra parte della barricata».

La telefonata di Cassandra di alcuni giorni prima era giunta come un fulmine a ciel sereno: Oswald aveva sperato che il nemico avrebbe dato loro un po’ di tregua.

Ma non era stato cosi ed erano ormai trascorsi sei giorni dall’arrivo del messaggio: generalmente, quello era il lasso di tempo che intercorreva tra l’annuncio e l’attentato.

E invece tacciano di menzogna la verita che e giunta loro, ed ecco che sono in grande confusione.

Non osservano il cielo sopra di loro, come lo abbiamo edificato e abbellito e senza fenditura alcuna?

Siamo Noi che diamo la vita e che diamo la morte. A Noi ritorna ogni cosa.

Il Giorno in cui la terra si spacchera all’improvviso, Ci sara facile radunarli.

Ben conosciamo quello che dicono: tu non sei tiranno nei loro confronti! Ammonisci dunque con il Corano chi non teme la Mia minaccia.

I versetti della sura continuavano a frullare nella grande testa di Breil come un rebus irrisolto. La soluzione stava nella posta in gioco, ma gli scopi del Giusto erano ancora imperscrutabili. L’unica cosa certa era che il suo operato diveniva via via piu spettacolare e pericoloso.

Uno squillo del telefono lo distolse dai suoi pensieri.

Oswald spero si trattasse di Cassandra con qualche risposta per il loro enigma. Un enigma che, come al solito, solo a posteriori si sarebbe rivelato elementare: allora sarebbe stata una magra consolazione battersi una mano sulla fronte ed esclamare: «Accidenti, non ci avevo pensato!»

Ma sul display apparve il nome del capitano Bernstein.

«Ha avuto modo di controllare la posta elettronica, maggiore?» chiese Bernstein.

«No, capitano, sono entrato in casa da pochi minuti. Lo faccio subito.»

«Bene, spero di essermi comportato secondo i suoi desideri. Se cosi fosse la prego di farmi pervenire istruzioni in merito.»

Appena interrotta la comunicazione, Oswald accese il computer portatile e avvio la connessione.

Il messaggio di Bernstein venne decrittato, quindi apparve sul monitor:

‹L’EX AVVENENTE ED EX COLONNELLO BORS DELLA SECURITATE MI HA CONTATTATO DICENDOMI DI AVER RINVENUTO UN’AGENDA REDATTA DA SUO PADRE. NON C’ERA TEMPO DI AVVERTIRLA: IL COLONNELLO BORS SI TROVAVA IN MISSIONE A TEL AVIV E AVEVA UNA GRAN FRETTA DI PARTIRE PER BUCAREST. MI SONO PERMESSO DI FARE RECAPITARE L’AGENDA PRESSO IL MIO UFFICIO, E ORA SI TROVA SULLA MIA SCRIVANIA. ATTENDO ISTRUZIONI IN MERITO. PARE SCRITTA CON LO STESSO ALFABETO CRIPTATO DEGLI ALTRI APPUNTI›.

Oswald lesse con trepidazione il messaggio, quindi rispose senza esitazione: ‹GRAZIE, CAPITANO. HA INTERPRETATO ALLA PERFEZIONE OGNI MIA VOLONTA. SE NON LE DISPIACE ADESSO DOVREBBE FAR PERVENIRE IL PLICO, CON LA MASSIMA URGENZA, ALLA DOTTORESSA TERRACINI, A ROMA. MI FACCIA ANCHE SAPERE QUANTO HA DOVUTO SBORSARE PER L’ACQUISTO DI QUESTO PREZIOSO REPERTO. SHALOM E GRAZIE›.

Il ronzio del quattro cilindri a due tempi del Predator faceva da sottofondo alla confusione generata dalle donne musulmane, intente a formare un chiassoso girotondo a pochi metri dall’ingresso della Casa Bianca.

Quando l’ufficiale dell’Air Force fece capolino dal portellone posteriore dell’Hummer, sembrava che avesse immerso il capo in un barattolo di calce, tanto era pallido.

Sia Deuville che Cassandra si accorsero che qualche cosa non stava andando per il verso giusto e, avvicinatisi all’ufficiale, gli chiesero che cosa fosse successo.

«L’abbiamo perso! Abbiamo perso un aereo armato con due missili sopra il cielo di Washington», disse l’ufficiale prendendosi il capo tra le mani.

«Ma come cazzo si fa a lavorare in questa maniera?» C’era una vena di isterismo nella voce di Jordan Cruner, il telecronista della K.C. News, mentre si rivolgeva alla sua segretaria di produzione. «Hai preso si o no questo appuntamento col presidente da oltre un mese?»

La donna si era stretta nelle spalle e aveva annuito.

«Che cosa vuol dire che il presidente e in ritardo, che deve vedere altre persone prima di noi e dovremo aspettare alcune ore? In mezzo a tutto questo casino? E pensare che io sono arrivato in anticipo di oltre due ore rispetto al nostro appuntamento. Lasciatemi in pace sino a che il presidente non sara arrivato e disposto a

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