Erano le prime luci dell’alba, quando l’uomo vide la cocca che doppiava il molo del porto di Chios e si dirigeva con andatura lenta verso i Dardanelli e Costantinopoli. Decise che avrebbe aspettato la notte prima di agire.
A sera accadde pero una cosa inspiegabile: la barca cambio improvvisamente rotta, viro di quasi centottanta gradi e prese a navigare verso settentrione.
«Speriamo che, se Campagnola e sulle nostre tracce, cada nel tranello. In pochi giorni, con questo vento dovremmo giungere a Tessalonica. E se siamo fortunati, tra una settimana potremmo essere in Ungheria, al riparo dagli artigli del veneziano», disse Humarawa timonando verso la nuova destinazione.
L’uomo sul
E la notte giunse, con una falce di luna che non sarebbe bastata a illuminare il mare scuro, battuto da un vento teso e costante.
L’uomo lascio che le vele si gonfiassero e che il
La lanterna di poppa era adesso visibile. Gli occupanti della cocca sembrava non avessero il minimo sospetto del pericolo.
Rhoda stringeva la barra del timone: aveva imparato in fretta a riconoscere il comportamento della nave e le sue reazioni al vento. Ogni tanto controllava che la stella che doveva seguire per mantenere la rotta notturna fosse sempre nella stessa posizione.
Gli uomini avrebbero voluto che lei non si alternasse a loro durante i turni di notte, ma Rhoda si era imposta: le sole persone in grado di timonare erano i tre adulti. Alla fine anche i due orientali avevano ceduto e avevano suddiviso in parti uguali i tempi delle guardie.
Wu era rimasto con lei sino a poco prima: tra la donna e il gigante stava nascendo un sentimento nuovo, ben piu profondo di una semplice amicizia.
L’uomo teneva la scotta nella mano destra, navigando sicuro nella notte, mantenendosi nella scia della cocca. Si preparo all’arrembaggio: avrebbe assicurato i rampini alla battagliola, quindi si sarebbe issato a bordo, sperando che, con il favore delle tenebre, nessuno si fosse accorto di lui.
L’ombra sfioro quasi il
Passato il primo momento di sorpresa, l’uomo pose l’agile
Angelo Campagnola era a prua con i piedi ben piantati sul ponte. Gli occhi, persi nel buio della notte, sembravano voler ghermire quell’unica luce davanti a lui che brillava nel nero quasi assoluto.
Wu le aveva raccomandato di controllare spesso che la vela fosse sempre gonfia di vento. Rhoda aveva imparato presto ad assecondare con piccoli colpi di timone la direzione del vento, in modo che la vela ne catturasse ogni refolo. I due uomini e il ragazzo erano stesi sul ponte e stavano dormendo. L’urlo usci dalla bocca della donna quando ormai era troppo tardi. L’ombra minacciosa di una grossa nave sovrasto il parapetto. Gli uomini di Campagnola saltarono a bordo ancor prima che le due imbarcazioni venissero a contatto. Quando i due orientali si svegliarono di soprassalto avevano gia le lame delle spade degli assalitori puntate alla gola. Ogni tentativo di reazione sarebbe stato inutile.
La voce di Campagnola si levo minacciosa. «Sono indeciso se portarvi a Venezia e farvi giustiziare con tutti gli onori», le torce che gli assalitori avevano acceso conferivano un aspetto ancor piu inquietante al nobile veneziano, «oppure… oppure potrei staccare le vostre teste qui in mezzo al mare… Credo che sia piu conveniente per il mio onore, dinanzi alla citta e al doge, che voi veniate impiccati in piazza San Marco, anche se non so se la citta approvera la condanna a morte di un adolescente.»
Cosi dicendo lo sguardo di Campagnola si poso su Adil: «Avro modo di occuparmi di te, figlio del Demonio. Molte miglia di mare ci separano da Venezia… e in mare possono sempre succedere delle disgrazie…»
L’uomo aveva seguito ogni fase dell’arrembaggio ed era trasalito quando, alla luce delle torce, gli era parso di distinguere sul ponte della cocca figure a lui familiari.
Udi distintamente gli ordini che Campagnola stava impartendo ai suoi uomini: «Cinque di voi resteranno su questa nave e la ricondurranno a Venezia. Trasbordate i prigionieri e, se qualcuno di loro cerca di ribellarsi, uccidetelo».
Anche se a bordo della caracca ci sarebbero stati cinque difensori in meno, l’impresa di salvare i due uomini, il fanciullo e la donna era, a questo punto, ai limiti dell’impossibile. Ma la vita aveva temprato quell’uomo come la piu resistente delle lame e sembrava che i confini tra il possibile e l’impossibile non lo riguardassero per niente.
La caracca su cui erano imbarcati Campagnola e i suoi prigionieri avanzava nella notte. Il
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Giugno 2004
Theodore Kaczynski era nato a Chicago nel maggio del 1942.
Trentasei anni piu tardi, nel 1978, Unabomber avrebbe compiuto il suo primo attentato ai danni di un professore universitario — Buckley Crist il suo nome — della Northwestern University di Evanston, Illinois. Quella prima azione — un pacco ritornato al mittente contenente esplosivo a basso potenziale, che pero il mittente non aveva mai spedito — aveva procurato soltanto lievi ferite a un poliziotto del campus universitario. Crist, infatti, insospettito, aveva allertato la sicurezza. Il vigilante, Terry Marker, aveva persino scherzato, ipotizzando che si trattasse di una bomba. Il pacco era esploso non appena Terry lo aveva aperto.
L’episodio aveva rappresentato l’inizio di un crescendo terroristico durato quasi diciotto anni, nel corso dei quali un uomo apparentemente insignificante come Kaczynski avrebbe seminato terrore e morte sull’intero territorio nordamericano.
«Vedo che si dedica alla lettura, professor Kaczynski», disse Breil osservando i libri che Unabomber aveva sottobraccio.
L’appellativo di «professore» era quello con cui in molti gli si rivolgevano, memori del passato di Kaczynski come insegnante alla Berkeley University.
«Che cosa vuole che faccia, dottor Breil, qui dentro o si legge o si muore», rispose indicando la sedia dalla parte opposta del tavolo e facendo educatamente cenno a Oswald di sedersi, mentre nei suoi occhi scuri e spiritati brillava una luce inquietante.
Ted Kaczynski indossava la tuta arancione dei prigionieri. Si era rasato da poco, forse in segno di rispetto nei confronti dell’interlocutore che ora conferiva con lui all’interno del parlatorio del carcere di massima sicurezza Supermax, in Colorado.
Le guance erano scavate e i capelli, grigi e scompigliati, ricordavano la rosa di un fuoco d’artificio. Aveva modi gentili, ma una vena di follia si percepiva nell’espressione degli occhi scuri, uno dei quali era affetto da un leggero strabismo.
«Ho letto molto su di lei, dottor Breil e sono davvero onorato che una persona della sua importanza si sia scomodata per venire sino a questo posto dimenticato da Dio. Una sigaretta?»