lagunare e dall’epidemia.
«Anche se mi dovro accontentare di questa bagnarola, non mi sfuggiranno», disse Campagnola non appena la caracca, una nave alta di bordo e tozza, ben diversa dalla galea richiesta, prese a solcare il mare calmo. «Ovunque vadano devono sapere che io ho orecchie e occhi pronti a seguire ogni loro mossa. Non avro pace sino a che non avro raggiunto il mio scopo. Ma non sara facile con la ciurma di cui dispongo.»
Le caracche erano navi dotate di due alberi, uno a vela quadra e il trinchetto a vela latina. Erano in grado di navigare in mare aperto. Note per la loro resistenza e per le loro capacita di carico, non brillavano per la velocita e non erano attrezzate per il combattimento.
Campagnola, in piedi sul castello di poppa, osservo l’equipaggio, composto da una trentina di uomini in tutto. Si trattava di semplici marinai, abituati a caricare le stive a forza di braccia, ma quasi completamente inesperti nell’uso di armi. Il veneziano conosceva il valore dei suoi avversari: in due avevano appena annientato dieci dei suoi migliori uomini.
«Non possiamo contare molto sul nostro vantaggio, se Campagnola dovesse essersi messo di nuovo al nostro inseguimento: la cocca e lenta e due uomini, una donna e un ragazzo non costituiscono certo l’equipaggio ideale per governarla come si dovrebbe», disse Humarawa rivolto ai suoi compagni di viaggio. «Se il veneziano e sulle nostre tracce dobbiamo raggiungere una terra sicura prima che ci sia addosso. Gia, ma quali terre possono considerarsi zone franche di fronte alle ire di un potente veneziano?»
«L’Ungheria!» esclamo Rhoda dando voce al suo pensiero. «I viandanti che avevano il coraggio di fermarsi nella casa della strega erano spesso portatori di notizie e confidenze. Da uno di loro ho appreso che il re d’Ungheria, Luigi I, e un nemico giurato della Repubblica veneziana. Soltanto due anni or sono e stata soffocata nel sangue la rivolta della citta di Zara: uno dei tanti moti di popolo che gli ungheresi avevano fomentato ai danni di Venezia. Forse la mano di Campagnola non osera raggiungere quelle terre.»
«Hai ragione, Rhoda: dirigere verso Costantinopoli sarebbe una mossa troppo prevedibile. Senza tenere conto che, nell’attesa che si formi un convoglio per l’Oriente, potremmo aspettare giorni, forse mesi nella citta: e un quartetto come il nostro non passerebbe inosservato. Se ci staranno ancora inseguendo, una volta giunti anche loro a Costantinopoli li avremmo addosso in poche ore. Il nostro piano sara quello di sviarli e di far loro credere che la nostra rotta sia Costantinopoli: dovremo lasciare delle false tracce nei porti del Peloponneso mentre, una volta giunti a Tessalonica, abbandoneremo la cocca e continueremo il nostro viaggio per l’Ungheria via terra.»
«Se fossi al loro posto… se fossi al loro posto… non metterei piede in nessuno degli Stati amici di Venezia.» Campagnola seguiva a voce alta il filo dei suoi pensieri. «Humarawa conosce bene la rete di informatori su cui posso contare e non e uno sprovveduto. La logica imporrebbe che Humarawa e il suo servo si dirigessero a Oriente, facendo tappa a Costantinopoli: sanno bene che, nel mondo occidentale, due guerrieri dagli occhi a mandorla e un ragazzino sarebbero presto braccati. Ma devo stare all’erta: ho la netta sensazione che non seguiranno la rotta che potrebbe sembrare la piu prevedibile.»
La taverna di Zacinto odorava di birra e del fumo acre del camino. Wu sedette su una delle panche e ordino da bere. La sua aria poco raccomandabile era stranamente capace di attirarsi le simpatie della gente.
Zacinto era un possedimento della famiglia dei Tocco, molto vicina a Venezia. Per questo c’era chi diceva che presto l’intera isola sarebbe stata ceduta alla repubblica marinara e che da tempo erano in corso delle trattative.
«Dove siete diretti?» chiese con fare amichevole un marinaio seduto poco distante.
«A Costantinopoli, da li proseguiremo il nostro viaggio verso Oriente», rispose Wu senza esitazione.
All’alba del giorno seguente la cocca aveva abbandonato la rada di Zacinto.
«Questi denari per bere alla mia salute!» disse il Campagnola rivolto alla ciurma. «E ricordate, i marinai trasportano le notizie, e le taverne frequentate da uomini di mare sono dei magazzini di informazioni.»
Soltanto poche ore piu tardi, Campagnola compensava il marinaio che aveva raccolto la confidenza.
«Dunque… hai detto che il tuo informatore e partito l’altro ieri da Zacinto e che la cocca aveva lasciato il porto all’alba del giorno prima», disse il veneziano. «Significa che hanno soltanto tre giorni di vantaggio su di noi. Non appena doppieremo il Peloponneso dobbiamo abbandonare la rotta per Costantinopoli e dirigere verso la terraferma. Sembra che stiano marcando il territorio come una volpe che vuol tenere i predatori lontano dai piccoli.»
Un’isola era apparsa all’orizzonte: la sua sagoma indicava che si trattava di un cono vulcanico che solo da un lato digradava verso una piccola zona pianeggiante e sabbiosa. Lo sguardo di Humarawa era fisso su quella.
«Vedi, Adil, quanto e strana la vita: su quell’isola ho combattuto contro tuo padre e la sua gente; oggi sto fuggendo, assieme a te, da quello stesso padrone che mi aveva armato contro il tuo popolo.»
Gli occhi blu di Adil si persero all’orizzonte. «Conosco la storia, me ne ha parlato mia madre. E so anche che, se non fosse stato per avvertire mio padre del tuo attacco, mia madre non sarebbe tornata indietro e il loro amore non sarebbe forse mai nato…»
«Ora basta con questi atteggiamenti da… ehm… ragazza…» Humarawa sorrise. «Prendi la spada e facciamo un po’ d’esercizio.»
«Quali esercizi?» intervenne Rhoda stringendo il manico di una pentola fumante avvolto in uno straccio. «Ho faticato parecchio per tenere sul fuoco la pentola con questo rollio e ho sempre paura che qualche scheggia della brace provochi un incendio. Ora a tavola, si mangia!»
Stavano seguendo ancora la rotta per Costantinopoli: l’ultima tappa sarebbe stata l’isola di Chios, quindi avrebbero cambiato direzione e puntato verso Tessalonica, con la speranza di ingannare Campagnola. Humarawa sapeva che, cosi facendo, avrebbero perso almeno un paio di giorni, ma era un rischio che doveva correre se voleva portare tutti in salvo.
L’uomo camminava lentamente lungo la spiaggia dell’isola. Sul corpo possente del guerriero erano evidenti i segni di una non lontana sofferenza. Si fermo a guardare la nave che passava al largo. Non gli ci volle molto per riconoscere una cocca veneziana anche da quella distanza. L’uomo continuo a camminare. Sopra di lui incombeva l’enorme cratere spento da secoli. Il tempo aveva cancellato i segni della battaglia, ma negli occhi color del mare dell’uomo non si erano spenti i ricordi. Il grido amico del falco ammaestrato gli risuonava ancora nelle orecchie. Aveva fatto bene a lasciare cio che gli era rimasto di piu caro nelle mani del suo peggior nemico? Adesso temeva di aver commesso un errore irreparabile. Doveva abbandonare l’isola e mettersi sulle tracce del suo unico bene. Era stato un pirata, sapeva come raggiungere il ponte di una nave in navigazione per impadronirsi di vestiti, denari e di ogni cosa necessaria per ritornare nel mondo civile. Pero era solo e non avrebbe certo potuto arrembare una galea o una nave da guerra. Il caso gli era venuto incontro: l’equipaggio della cocca poteva essere di cinque o sei membri e non era detto che tutti fossero abili nel maneggiar la spada. L’uomo si sentiva in grado di poterli combattere sfruttando la sorpresa e la sua scaltrezza. Spinse in mare il veloce
La notte era scesa velocemente e si era alzato un vento forte e pericoloso. L’uomo aveva perso di vista la preda, quando il mare aveva incominciato a montare: quella non sarebbe stata la notte ideale per tentare l’arrembaggio. Il mattino seguente scruto l’orizzonte in ogni direzione: della cocca non c’era piu traccia. Quando la rivide era trascorsa un’altra notte, l’isola di Chios era ormai in vista e la barca stava dirigendo in porto. L’uomo pose il
Wu aveva scorto la vela all’orizzonte. Doveva trattarsi di una imbarcazione piccola, destinata al trasporto di merci tra le isole dell’Egeo. Quasi certamente era diretta verso il porto di Chios, dove tra breve il cinese sarebbe sbarcato per recitare la solita parte. Per fortuna sarebbe stata la sua ultima rappresentazione. Del resto quello era l’unico sistema per tentare di confondere le loro tracce: Campagnola era un segugio pericoloso e Humarawa lo sapeva bene.