Prese la bottiglia di vino darruuese. Era quasi vuota, ormai. Ne aveva bevuto troppo la notte precedente. Con la mano che gli tremava un poco, se ne verso una piccola quantita e la sorseggio come se fosse un elisir di lunga vita.

Il comunicatore chiamo.

Lui si affretto a rispondere, nervosamente. Era Carver.

«Dove siete finito?» chiese Carver, con violenza. «Cosa e successo?»

«Ho avuto paura.»

«Paura? E vi sembra una parola che possa usare un Servo dello Spirito? Ditemi che cosa e successo.»

«Siete svenuto» improvviso Harris. «Il robot vi ha portato fuori, nel vicolo. Ho creduto che vi avessero avvelenato o qualcosa del genere, e che i Medlinesi fossero vicini. Cosi mi e sembrato che la cosa migliore fosse darsela a gambe.»

«E piantarmi li?»

«Non sarebbe servito alla causa di Darruu lasciarci catturare o uccidere entrambi» osservo Harris. Si stava rilassando rapidamente. Sembrava che Carver non sospettasse la causa reale dello svenimento. A meno che non stesse recitando.

«Dove siete, adesso?» chiese Carver.

«Nella mia camera, all’albergo.»

«Venite immediatamente in sede.»

«A quest’ora?»

«Immediatamente.»

Poi Carver soggiunse: «Il vostro comportamento e stato molto strano, maggiore. Molto strano davvero.»

«Ho ucciso cinque Medlinesi, stasera» replico Harris. «Non posso riposarmi un po’?»

«Vi aspettiamo entro un’ora.» E Carver tronco il contatto.

Harris si strinse la testa fra le mani. Stava male. Aveva fatto troppe cose negli ultimi giorni, aveva percorso troppa strada. Voleva semplicemente riposare… riposare…

Ma non c’era requie per lui. Si alzo in piedi, sfinito. Il pensiero di attraversare la citta per recarsi in quell’edificio roso dalle intemperie lo riempiva di cattivi presentimenti. Aveva la sensazione di andare verso la morte che lo aspettava nella stanza polverosa di un quartiere in piena decadenza.

Scese da basso e usci dall’ascensore come un cadavere ambulante. Gli sembrava di avere trascorso tutta quella settimana salendo e scendendo dagli elitassi, sfrecciando da una parte della metropoli all’altra. Si sentiva sfinito e coi nervi a fior di pelle. Fece cenno al portiere di chiamargli un elicottero.

Una figura uscita da chissa dove gli si avvicino, sussurrandogli piano: «Non ci siete riuscito, vero?»

Lui si giro di scatto, aspettandosi il colpo d’un assassino.

«Beth!»

Lei sorrise. Si era cambiata di nuovo, indossava la vestaglia seducente: era tornata ad essere la splendida creatura che lui aveva conosciuto il primo giorno del suo arrivo sulla Terra. La fisso. I loro sguardi s’incrociarono e lui rivide alcuni dei ricordi di Beth.

Arrossi. Era in possesso della sua personalita, conosceva i segreti piu intimi della sua anima. Non aveva il coraggio di fissarla negli occhi.

«Avevate gia in mano la pistola» disse la ragazza. «Che cosa e successo?»

«Mi e mancato il coraggio. Non ero pronto.»

«Forse vi abbiamo forzato troppo.»

«Forse.»

Un fattorino d’albergo si avvicino. «L’elitassi aspetta sulla rampa, maggiore.»

Harris annui e diede una moneta al ragazzo.

«Dove andate, ora?» chiese Beth.

«Da Carver. Mi ha chiamato.»

«Dove?»

«Al quartier generale darruuese. Fuori, tra le case piu povere.»

«Siete armato?»

«Certo.»

«Vi uccideranno, Abner. Sospettano di voi. Ma prima devono accalappiarvi con uno stratagemma. Il dispositivo subsonico innestato nel vostro fianco vi protegge da ogni attacco. Nessuno puo avvicinarsi a oltre un metro di distanza contro la vostra volonta. Cosi vi tendono un’imboscata. Ho pensato che vi facesse comodo saperlo.»

Lui annui. «Me lo immaginavo.»

«Ancora una cosa» disse lei. «Una cosa importante.»

«Si?»

«Abbiamo intercettato un messaggio. Altri dodici Darruuesi stanno viaggiando verso la Terra. Arriveranno scaglionati nei prossimi due mesi.»

«E con questo?»

«Il nostro compito diventera piu difficile. Dovremo acciuffarli appena arrivati… sradicarli. Non dobbiamo lasciarli attecchire qui. Potremo cominciare stanotte, pero, se ci aiuterete.»

«Cerchero.»

Lei gli afferro una mano, la trattenne un momento, la strinse. Harris ricambio la stretta. Non provava piu ripugnanza pensando che sotto a morbida pelle rosea stava a corteccia ruvida di una medlinese. Le aveva visto dentro, ormai, nell’intimo, e non poteva piu odiarla.

«Attento» mormoro la ragazza. «Contiamo su di voi. Venite nella nostra sede, quando tutto sara finito. Vi aspetteremo la.»

«Beth…»

Ma era troppo tardi. Lei era sparita, rapidamente come era apparsa. Harris senti all’improvviso un pulsare doloroso sotto lo sterno, Penso che i Medlinesi non lo avevano abbandonato. Non erano disgustati per la sua vigliaccheria, perche non aveva ucciso Carver quando gli era capitata l’occasione di farlo. Capivano — Beth, almeno, capiva — che una trasformazione simile non poteva verificarsi in un istante, che lui doveva annaspare verso la luce, avanzando a zig-zag nel buio.

Usci e sali sull’elicottero. Diede l’indirizzo al pilota, poi si appoggio allo schienale e attese che il velivolo si alzasse nell’aria.

A quell’ora il quartiere dove i Darruuesi avevano la loro sede era ancora piu deserto del solito. Non si vedeva anima viva. Harris s’incammino cautamente verso l’edificio malandato, aspettandosi da un momento all’altro un’imboscata. Il cuore gli batteva all’impazzata. Non era normale temere la propria gente… Penso che non si era ancora abituato al pensiero di doversi difendere dai Servi dello Spirito.

Si udi un fruscio. Harris sobbalzo, porto la mano al fianco e comincio a premere il dispositivo subsonico. Un animaletto peloso sbuco da un vicolo, lo guardo con occhi fosforescenti e miagolo.

Harris sorrise, rassicurato. L’hai scampata bella, micino. Un attimo ancora e non saresti piu qui.

S’inginocchio un attimo, accarezzo la pelliccia morbida della bestiola e tiro innanzi. Il suono dei suoi passi riecheggiava, sinistro, nelle strade vuote. La Luna terrestre, alta nel cielo, splendeva intensamente con il suo faccione bizzarro e butterato, che gli dava un’impressione come di disgusto.

Ora Harris era a un solo isolato dalla sede di Aragon Boulevard. E non era successo ancora niente. Attraverso la strada larga, camminando piano, con una mano sul fianco, poi entro nell’edificio.

Sali.

L’ascensore protesto, scricchiolando, mentre sollevava il suo peso alla velocita di trenta metri ogni dieci secondi.

La tensione nervosa gli bloccava il cervello, l’apparato respiratorio, l’intestino. Sentiva i pori chiudersi, il sudore grondare sulla pelle sintetica. Un dolore sottile, a fitte, lo tormentava in fondo ai bulbi oculari.

La cabina si fermo. Lui usci, pronto ad attivare il subsonico con una pressione dalla mano alla minima minaccia di pericolo. Il corridoio era vuoto. E scuro. Ma gli occhi di un darruuese, abituati a contemplare un mondo

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