«Gae non e affatto vuota. E morta, ma ogni cadavere ha le sue larve. C’e tanto pericolo nella strada quanto nei sotterranei…»
Quindi si giro e cammino stringendo la torcia, verso le scale. Senza guardarlo, Ingold fece un gesto leggero con le dita: la torcia spenta nella mano del Comandante si accese con un
Gil stava gia per raccogliere una torcia, quando Ingold le si avvicino e le pose una mano sulla spalla.
«Questo non ti riguarda Gil: non e affar tuo!»
La ragazza lo guardo, poi si rialzo fissandolo dritto negli occhi.
«Per badare a me non dimenticare gli altri», rispose. «Rimarro sempre insieme alle Guardie.»
Ingold guardo oltre le sue spalle verso un gruppetto che si stava gia avviando verso le sale, e la lunga fila di carri vuoti che avrebbero dovuto essere riempiti prima del pomeriggio.
«Ti ho portata qui contro la tua volonta», disse in tono calmo. «Ora sei sotto la mia responsabilita. Non posso chiederti di metterti in una situazione cosi pericolosa, e per giunta in un altro universo. Ritornerai nel tuo questo notte! Questo non e un sogno dal quale si puo fuggire svegliandosi: rimanere qui e morirvi e una cosa definitiva!»
Il vento freddo del Nord oltrepassava la giacca sottile come un coltello, ed il sole appena tiepido si rifletteva nei suoi occhi, senza avere abbastanza forza da riscaldarla. Dalle scale una voce di donna — forse quella della stessa Seya — chiamo.
«
Gil rispose senza neanche pensare.
«Vengo!» Ingold l’afferro per un braccio non appena si mosse, ma la ragazza si volto verso di lui. «Non ti saro di alcun impaccio. Te lo prometto!»
Ingold sorrise, ed i lineamenti stanchi del suo viso si illuminarono di un breve lampo di giovinezza.
«Sei la solita pazza, eh! Come vuoi. Pero, se ci tieni alla vita, stai vicina agli altri.»
Si avviarono insieme per unirsi alle Guardie.
Il gruppo di uomini e donne si muoveva velocemente nell’oscurita delle volte, silenziosamente e con le spade sguainate, ma la loro efficienza era indebolita dal bisogno di rimanere uniti. Seguendo l’ondulata catena di luci giallastre, Gil si trovo quasi ad aver paura di respirare, ogni nervo teso dal minimo movimento che si verificava nell’oscurita.
Nelle volte piu profonde dove erano conservati i viveri, l’infinita oscurita era tutta un bisbiglio di passi leggeri, un mare di occhi rossi, minuscoli e fissi, e di corpi grigi che si affollavano silenziosamente lontano dalla luce delle torce. Gli uomini intanto portavano un mucchio di roba verso la luce: sacchi di grano, carni affumicate, grosse forme di formaggio ricoperto di cera, e camminavano veloci sotto quei carichi, con Ingold che volteggiava accanto ad ognuno di loro come un fuoco fatuo, la spada in mano e la punta del bastone alzata a gettare una chiara luce bianca che dissipava la folla di ombre.
Era un lavoro duro, e la compagnia impiego l’intera settimana. A Gil dolevano le braccia e le facevano male anche le mani scottate, mentre i suoi nervi erano cosi tesi che le sembravano simili ad una corda d’arco che si scarica, ogni volta che riusciva a posare in terra un sacco di grano o di frutta secca od una pesante forma di formaggio in cima alle scale, per ricaricarsi poi quando tornava di nuovo ad immergersi nell’oscurita che sembrava la stesse quasi attendendo.
La testa le pulsava per la fame e la fatica. Verso il pomeriggio, aveva iniziato a tremare in maniera incontrollata e, alla sua vista offuscata, le scale, le stanze, e gli uomini e le donne accanto a lei, cominciarono ad apparire come sagome sfumate.
Gil si fermo appoggiandosi contro uno dei grandi pilastri scolpiti del passaggio cercando di riprendere fiato. Qualcuno le passo davanti con una torcia che illumino appena la sua divisa scura e le appoggio amichevolmente una mano su una spalla. Quasi senza riflettere, lei lo segui nei sotterranei.
Il pomeriggio fu migliore, in particolare alla fine del lavoro quando, dopo un’ultima ora di sudore, terminarono di caricare i carri. Gil, con la testa vuota e morta di stanchezza, si chiese se quella sua impressione di essere osservata da ogni finestra buia da occhi invisibili fosse dovuta alla fatica e se le fitte di dolore che provava alla nuca fossero il presagio di un pericolo reale o il frutto di quella fatica alla quale non era certo abituata. In quell’ultima ora, in realta, non aveva notato nulla e nessuno, se non il dolore che le risaliva lungo i muscoli incordati delle braccia.
Quando da qualche parte qualcuno disse che Ingold era andato via, Gil non riusci a ricordare quando lo avesse visto per l’ultima volta.
«Era con noi nell’ultimo viaggio giu nei sotterranei… o almeno penso», stava dicendo Seya al Falcone di Ghiaccio, asciugandosi il sudore dalle sopracciglia con la manica della sua veste.
«Dopo?»
La donna scosse il capo.
«Veramente non ricordo.»
«Qualcuno lo ha visto in superficie?»
Gli occhi erano fissi, e molte teste fecero segno di no: nessuno riusciva a ricordare. Il conducente grasso con il giubbotto di tela disse:
«E un Mago! Certamente ha fatto qualche trucco. E probabile che lo incontreremo a meta strada sulle montagne. Io dico che adesso e meglio andare, se vogliamo raggiungere Karst con la luce del sole.»
L’osservazione non ricevette risposta. Le Guardie stavano infatti gia raccogliendo i resti dei tizzoni delle torce per riaccenderle da un piccolo fuoco che qualcuno aveva attizzato in un angolo del cortile per scaldarsi. Gil si uni a loro come se la cosa fosse scontata, anche se sapeva che non sarebbe stato necessario rimanere per quella ricerca.
Janus la vide non appena aveva cominciato a scendere le scale e la chiamo «
Era diverso questa volta, anche perche entrava nelle stanze da sola. La sua torcia le rimando forme distorte e saltellanti sulle pareti e sulle ogive basse del soffitto; il rumore dei suoi passi sembro moltiplicarsi misteriosamente nell’oscurita come fosse inseguita da una legione di folletti. Il luccichio rossastro di piccoli occhi maligni ammicco per un attimo dall’impenetrabile oscurita che la circondava, poi scomparve. Quel buio sembrava respirare con il ritmo di un gigante pronto al risveglio. Il suo istinto le proibi di gridare, e lei continuo ad avanzare, sola, in silenzio, scrutando nel labirinto di bui pilastri e cercando qualche segno di quella sobbalzante luce bianca o un’impronta di uno stivale, anche se, pensandoci bene, Ingold era in grado di muoversi silenziosamente come un’ombra.
Gil abbandono la strada battuta che avevano preso gli altri soccorritori e si addentro tra le volte piu profonde, perdendosi in corridoi identici uno all’altro, tra scuri pilastri di pietra, simili ad alberi di granito in una foresta assolutamente simmetrica.
La luce della sua torcia non traeva alcun riflesso dal liscio basalto scuro del pavimento; gradualmente, impercettibilmente, Gil senti incalzare su di lei una sensazione conosciuta. Era gia passata per quella strada, e quel ricordo la riempi di una paura senza nome, di un’inquietante sensazione di essere osservata dall’oscurita da cose che non avevano occhi.
Come avrebbe potuto aiutare Ingold non lo sapeva di certo — indifesa com’era e senza conoscenza dei covi del Buio — ma sapeva che doveva trovarlo, cosi come era certa che fosse esausto, ai limiti della sua incredibile resistenza: Mago o no, in quello stato sarebbe stato molto facile commettere il piu banale degli errori che li significava solamente morte!
Aveva quasi abbandonato ogni speranza quando sporse, in lontananza, il pallido riflesso della luce bianca contro il granito scuro dei pilastri. Corse verso la luce giungendo infine in uno slargo aperto in quella foresta di pietra dove la luce della sua torcia illumino lo spazio della scala di porfido che si curvava verso l’alto sui resti delle ciclopiche porte di bronzo: non c’era nient’altro oltre di esse, soltanto l’Oscurita.
Tra le macerie di vecchi mobili e scatole di paglia, Gil pote distinguere alcuni scheletri: ossa sparse tra i pilastri, spogliate dal Buio della loro carne. Accanto ai suoi piedi, un fodero di spada era stato liberato dalla lama che conteneva e alcune mele secche erano sparpagliate in terra tra i teschi.
Riconobbe il luogo. Quella familiarita le fece battere forte il cuore ed il rombo del sangue l’assordo. Nessun
