La guardai negli occhi, incredibilmente belli e comprensivi.

«Un prete», ripetei, «il fratello del governatore, uno che ha ricevuto una serie di riconoscimenti per il suo impegno con i ragazzi in difficolta, e testimone contro il nostro cliente, ladruncolo drogato, che avrebbe sparato a un universitario inchiodandolo a una sedia a rotelle… scusa, ma cosa ci rimane da fare?»

«Cercare elementi per screditare il testimone, caro il mio sciocchino», fu la risposta di Sissy.

Risi ancora, poi mi fermai di colpo. «Me lo stai chiedendo seriamente?»

«Anche un prete puo mentire, mio caro, di chiunque sia fratello. E puo anche commettere errori. Il nostro lavoro consiste nell’assicurarci che la giustizia faccia il suo corso in modo corretto, svelando eventuali imbrogli e false testimonianze.»

Non seguii molto di quello che disse dopo «mio caro», che, pronunciato dalla voce calda di Sissy, stava penetrando nel mio essere piu profondo e insinuandosi sempre piu in basso. Tornai quasi volando al mio computer, per iniziare le ricerche che noi investigatori definiamo «preliminari».

Esse portarono esattamente a cio che si poteva presumere: niente. Nessuna accusa, nessun arresto o bancarotta, nessun contatto sospetto. Nessun problema con le banche, la polizia o altre istituzioni. Il fratello del governatore si era laureato a pieni voti a Yale e poi era entrato in seminario. Il suo lavoro con i diseredati aveva ottenuto riconoscimenti in citta, in tutto lo stato e oltre: era stato persino a stringere la mano al presidente. Era fonte di orgoglio e popolarita riflessa per il fratello governatore, a cui dava consigli per quanto riguardava i poveri e i rapporti con la Chiesa. Quel prete sembrava il braccio destro di Dio, soprattutto se paragonato al nostro cliente, conclamato esponente di quella che in gergo legale chiamiamo feccia umana.

Ritornai da Sissy verso l’ora di pranzo, con lo sguardo del cane che aspetta paziente un osso dal padrone.

«Puoi dire al nostro cliente di farsi portare il pigiama di ricambio», le dissi. «Non credo che tornera a casa molto presto.»

Piego la testa e rise in modo amabile; poi mi sfioro la guancia con la mano fresca. «Da bravo, controlla la sua testimonianza sui fatti», disse, «poi scrivi un rapporto per gli avvocati.»

Tornai, con tutta la disinvoltura che riuscii a trovare, alla mia scrivania.

La testimonianza del reverendo O’Mara era — come previsto — un modello di semplicita e chiarezza. Aveva guidato gli allenamenti di pallacanestro al suo centro fino alle 21.30 e si era poi avviato per tornare in parrocchia a piedi, una lunga passeggiata che rientrava nelle sue abitudini. Intorno alle 22.30 si trovava in Pine Street, vicino a Nob Hill. Li aveva assistito alla rapina. Si trovava sull’altro lato della strada, ma aveva visto perfettamente il nostro Strawberry alla luce di sicurezza del bancomat. Lo descriveva come un tipo alto e di carnagione chiara, in giacca mimetica, con il naso rotto, una chiazza pelata e un’andatura claudicante. Mars, che dava la schiena al suo assalitore, gli aveva passato il portafoglio da sopra la spalla. Strawberry l’aveva esaminato, aveva imprecato e sparato due colpi nella schiena del ragazzo, per poi scappare via e svanire nel buio. Il reverendo O’Mara l’aveva riconosciuto senza esitazione tra i sospetti che gli erano stati mostrati alla centrale. Era venuto fuori che il nostro cliente era gia stato arrestato due volte per rapina a mano armata ma aveva patteggiato, riuscendo a farsi ridurre l’imputazione a un reato minore. Questa era la terza volta, pero, e aveva sparato: era destinato a invecchiare in galera, se gli avvocati non trovavano una scappatoia. E, in cuor mio, speravo proprio che non la trovassero.

Eppure Sissy mi aveva chiamato «mio caro» e aveva detto qualcosa sul sistema giudiziario e… ho gia detto che mi aveva chiamato «mio caro»? Insomma, presumevo che fosse mio dovere aiutare gli avvocati nel tentativo di salvare il ragazzo.

Percio nel primo pomeriggio mi recai a Pine Street, sulla scena del crimine. Mi divertivo un mondo nei panni del vero detective, sfoggiando addirittura un sorrisetto sardonico e uno sguardo sospettoso a cui nulla doveva sfuggire. Mi misi sul marciapiede opposto al bancomat a osservare i passanti. Li vedevo senza difficolta e non c’era dubbio che fosse possibile riconoscere qualcuno anche in un secondo momento, avendolo visto a quella distanza. Dunque non c’era dubbio — almeno per me — che il reverendo O’Mara avesse detto la verita.

Stavo per riprendere la via dell’ufficio quando, pero, mi colse un sospetto. Mi fermai ancora un momento a osservare piu attentamente i passanti al di la della strada, e mi tornarono in mente le foto segnaletiche di Strawberry. La sua faccia, ripresa dal davanti e di profilo, era incorniciata da una massa di capelli; la chiazza pelata, se mai ci fosse stata, non si sarebbe potuta vedere se non da dietro. Ora, padre O’Mara aveva detto che non lo aveva mai visto di spalle… e l’aggressore, per fuggire, era scappato diritto in avanti, svanendo nel buio dopo aver sparato. Quindi come aveva fatto il testimone a vedere la chiazza pelata?

Alzai lo sguardo verso le finestre delle case dietro di me e pensai che avrebbe potuto notarla solo se l’avesse visto dall’alto.

Le caselle della posta indicavano dieci nomi, fra cui un Murphy, al primo piano: forse un irlandese cattolico, come il reverendo O’Mara. Suonai il campanello e mi rispose una voce maschile; dissi che dovevo consegnare dei fiori. La porta si apri e mi sentii un grande investigatore.

Brad Murphy mi aspettava sulla porta. Era un giovane carino che stava in piedi con la mano appoggiata sul fianco un po’ sporgente, in un atteggiamento effeminato.

«Signor Murphy», dissi, «sono della Weiss Investigations, un’agenzia privata. Conosce un sacerdote di nome Reginald O’Mara?»

Il volto aggraziato del ragazzo mi fisso., con uno sguardo assente, ancora per un secondo. Poi Murphy scoppio in un pianto dirotto.

«Glielo avevo detto», esclamo con la voce acuta rotta dai singhiozzi. «Glielo avevo detto che non saremmo mai riusciti a mantenere il segreto!»

32

Bishop era in camera sua, seduto alla scrivania, che batteva sulla piccola tastiera del portatile.

Weiss, ha funzionato. Wannamaker e fuori, io sono in gioco. Stasera alle sei saro in volo verso una destinazione ignota. Quando saro la, mi daranno le istruzioni sul mio incarico e ti faro sapere. Se abbiamo fortuna, possiamo portare a termine la missione senza comprometterci…

«Voltati.»

Al suono di quella voce alle sue spalle, le mani di Bishop si fermarono a meta della frase, ma lui non si volto. Guardava fuori dalla finestra, dove il caldo sole pomeridiano incendiava l’aria fra i rami.

«Voltati», ripete la voce.

Con un gesto fulmineo, salvo l’e-mail e spense il computer. Solo allora sposto appena la sedia per vederla in viso.

Kathleen era gia nella stanza, a pochi passi da lui. Da li era improbabile che avesse letto il messaggio, ma Bishop non ne era del tutto sicuro.

«Come va, Kathleen?» disse con un tono di voce pacato, anche se era stupefatto di trovarsela alle spalle, e stupefatto di vederla li. Dopo la storia al Clover Leaf, Chris l’aveva controllata come un cane da guardia e lei non era potuta piu venire ai loro abituali incontri. L’ultima volta che l’aveva vista, quella mattina, stava uscendo con Chris per andare al lavoro.

Invece adesso era li, in carne e ossa, con le braccia conserte e incazzata a morte, a giudicare dall’aspetto.

«Come cazzo pensi che vada, Frank?» disse. «Che ti prende? Non hai sentito quanto urla Chris? Sei l’unico in tutto il quartiere a non essertene accorto?»

«Chris…?»

«Che cosa cazzo avevi nella testa quando sei andato al bar ad azzuffarti in quel modo?»

Bishop si senti sollevato. Non aveva letto il messaggio. «E successo e basta», le rispose.

«Stronzate, Frank, mi ha detto come e andata. Lo hai provocato. Che cosa credevi di fare?»

«Non… non so.»

«Te l’ho gia detto, tu non sei il mio salvatore, nessuno ti ha chiesto di esserlo.»

«Non l’ho fatto per questo, e successo e basta», ribadi Bishop.

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