– Alt – ordino Gammon. – Stampate questa. Intervallo per la colazione. Per tutti.

Gli attori scesero gli scalini di legno grezzo salutando Wilson con un cenno. Mavis Weld venne per ultima, perche si era fermata ad infilare un accappatoio di spugna e un paio di sandali da spiaggia. Quando mi vide si fermo di botto. Wilson fece un passo avanti.

– Salve George – disse Mavis Weld, fissando me. – Ti occorre qualcosa?

– Il signor Marlowe vorrebbe dirti due parole. Hai tempo?

– Il signor Marlowe?

Wilson mi lancio una occhiata rapida e penetrante.

– E dell'ufficio di Ballou. Credevo che lo conoscessi.

– Puo darsi che l'abbia visto. – Stava ancora fissandomi. – Che c'e?

Non apersi bocca.

Dopo un istante la ragazza disse:

– Grazie, George. Vi conviene accompagnarmi al mio camerino, signor Marlowe.

Si volto e si diresse verso l'estremita opposta del set. Contro il muro era appoggiato un camerino bianco e verde. Sulla porta era scritto: Miss Weld.

Quando vi giunse, la ragazza torno a voltarsi e si guardo attorno, attentamente. Poi mi pianto in faccia i suoi splendidi occhi azzurri.

– E adesso, signor Marlowe?

– Dunque vi ricordate di me?

– Mi pare di si.

– Riprendiamo dove eravamo rimasti… o iniziamo una partita nuova, con un mazzo pulito?

– Qualcuno vi ha permesso di entrare qui. Chi? Perche? Occorrono spiegazioni.

– Io lavoro per voi. Mi e stata pagata una caparra, e la ricevuta l'ha in tasca Ballou.

– Che pensiero gentile. E ammesso che io non desideri che voi lavoriate per me… qualunque sia il vostro lavoro?

– E va bene, fate la spiritosa. – Trassi di tasca la foto di Alle Danze e gliela porsi. Lei mi fisso, intensamente, per un lungo attimo, prima di abbassare gli occhi. Poi guardo l'istantanea che mostrava lei e Steelgrave nel separe. La guardo gravemente, senza un gesto. Poi, molto adagio, alzo una mano, e sfioro le ciocche di capelli bagnati che le ricadevano ai lati del viso. Ebbe un brivido, quasi impercettibile. La mano si abbasso, prese la foto. Mavis Weld la fisso a lungo. Poi sollevo di nuovo lo sguardo, molto, molto lentamente.

– Ebbene? – domando.

– Ho in mano la negativa e alcune altre copie. Le avreste voi, ora, se aveste avuto piu tempo e aveste saputo dove cercare. O se lui fosse vissuto abbastanza a lungo per vendervele.

– Ho un po' freschino – mormoro. – E devo mangiare un boccone. – E mi porse la foto.

– Avete un po' freschino e dovete mangiare un boccone – ripetei.

Mi parve che la gola le pulsasse. Ma la luce non era molto buona. Poi Mavis Weld abbozzo un sorriso, molto vago, distante. Il tocco dell'aristocratica annoiata.

– Il senso di tutto questo mi sfugge – sospiro.

– Passate troppo tempo sui panfili. In realta voi volete dire: dal momento che conosco Steelgrave e conosco voi, che cos'ha, questa foto, per indurre tutti a farmi ponti d'oro?

– Appunto – fece lei. – Che cos'ha?

– Non lo so – risposi. – Ma se scoprirlo servira a farvi smettere queste arie da duchessa lo scopriro. E, nel frattempo, voi avete ancora freschino e dovete ancora mangiare un boccone.

– E voi avete aspettato troppo – mormoro lei, tranquillamente. – Non avete piu niente da vendere. Eccetto la vostra vita, forse.

– Quella la vendo a buon mercato. Per amore di un paio di occhiali neri, d'un cappello color pervinca e d'una botta in testa con una scarpina a tacco alto.

La bocca le vibro, come se stesse per ridere, ma nei suoi occhi non c'era allegria.

– Per non contare tre schiaffi in piena faccia – aggiunse. – Addio signor Marlowe. Siete arrivato troppo tardi. Troppo, troppo tardi.

– Per me… o per voi?

Allungo una mano, dietro di se, e aperse la porta del camerino.

– Per entrambi, penso. – Ed entro rapidamente, lasciando l'uscio aperto.

– Venite dentro, e chiudete l'uscio – chiamo la sua voce dall'interno.

Obbedii. Non era un camerino elaborato, fatto su ordinazione, come quelli delle dive. Era rigidamente funzionale. Conteneva un piccolo divano disadorno, una poltrona, un tavolino da toeletta, con uno specchio a due lampade e una sedia a schienale rigido, e su un vassoio quel che avanzava di un caffe.

Mavis Weld si chino e infilo nella presa la spina d'un radiatore elettrico.

Poi afferro una salvietta e comincio ad asciugarsi le punte dei capelli. Io mi sedetti sul divano e aspettai.

– Datemi una sigaretta. – La ragazza getto da parte l'asciugamano. I suoi occhi erano vicini ai miei, mentre le accendevo la sigaretta. – Vi e piaciuta la scena a soggetto che abbiamo improvvisato sullo yacht?

– Schifosa.

– Siamo tutti degli schifosi. Alcuni sorridono piu degli altri, ecco tutto.

E l'ambiente artistico. Ha qualcosa di meschino. L'ha sempre avuto. C'e stato un tempo in cui gli attori passavano per la porta di servizio. La maggior parte di loro dovrebbe passarci ancora. Grandi tensioni, grandi ansie, grandi odi. E vengono fuori cosi, in piccole scenate odiose. Non significano niente.

– Chiacchiere da ballatoio.

Mavis Weld alzo una mano e mi passo un dito lungo la guancia. Bruciava, come un ferro rovente.

– Quanto guadagnate, Marlowe?

– Quaranta dollari al giorno, piu le spese. Questo e quel che chiedo. Ma ne accetto venticinque. Ne ho presi anche meno. – E pensai ai venti dollari lisi di Orfamay.

Lei fece di nuovo quel gesto, col dito, e io arrivai a non abbracciarla. Poi si scosto da me e si sedette sulla poltrona, stringendosi addosso l'accappatoio. Il radiatore elettrico stava' riscaldando forte la stanza.

– Venticinque dollari al giorno – mormoro con aria pensosa.

– Piccoli dollari solitari.

– Sono molto solitari?

– Come un faro in alto mare.

Accavallo le gambe, e il vago splendore della sua pelle parve riempire la stanza.

– Su, cominciate l'interrogatorio – disse, senza far nemmeno il gesto di coprirsi le cosce.

– Chi e Steelgrave?

– Un uomo che conosco da anni. E che mi piace da anni. Possiede varie cose. Un albergo o due… Ma da dove venga… non lo so.

– Pero lo conoscete molto bene.

– Perche non mi domandate se vado a letto con lui?

– Io non faccio certe domande.

Rise, e scosse via la cenere della sigaretta.

– La signorina Gonzales sarebbe ben lieta di dirvelo.

– Al diavolo la signorina Gonzales.

– E bruna, bella e ardente. E molto, molto gentile.

– Ed esclusiva come un marciapiedi – completai. – Che vada all'inferno. Tornando a Steelgrave, ha mai avuto grane?

– Chi non ne ha avute?

– Con la polizia.

Spalanco gli occhi, con un'aria un tantino troppo innocente. La sua risata era un tantino troppo squillante.

– Non siate ridicolo. Quell'uomo possiede piu di due milioni di dollari…

– Come li ha guadagnati?

– Come faccio a saperlo?

– E va bene. Era prevedibile che non lo sapeste. Quella sigaretta finira col bruciarvi le dita. – Mi chinai in avanti e le portai via il mozzicone. La sua mano giaceva, aperta, sulla gamba nuda. Le toccai il palmo, con la punta

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