disse nulla. Torno a mettersi la matita in bocca.

– Forse non sono normale – dichiaro Beifus – ma per me voi avete meno sex appeal di una tartaruga. – Si volto per meta, verso la donna che scriveva a macchina in un angolo: – Millie. – L'impiegata lascio la macchina da scrivere per un quaderno da stenografia. – Il nome e Philip Marlowe – l'informo il tenente. – Con una E in fondo, se proprio ci tieni alla precisione. Numero di licenza?

Si era voltato di nuovo a guardarmi. Gli dissi il numero. La dama arancione scrisse, senza alzare gli occhi. Dire che aveva una faccia che avrebbe fermato un orologio era insultarla. Avrebbe fermato un cavallo imbizzarrito.

– Ora, se siete nella disposizione adatta – riprese Beifus. – Potete ricominciare dal principio e raccontare tutto quel che avete lasciato fuori ieri. Non cercate di dividere i fatti per categorie. Lasciate che il discorso corra naturalmente. Abbiamo abbastanza materiale per controllare la vostra storia.

– Volete che faccia una deposizione?

– Una deposizione molto esauriente – preciso Beifus. – Che spasso, eh?

– E questa deposizione dev'essere spontanea, e senza coercizione?

– Appunto. Tutte le deposizioni sono spontanee – sorrise Beifus.

Maglashan mi guardo fisso per un momento. La dama arancione riprese a scrivere a macchina. Non c'era ancora nulla, per lei. Trent'anni di quel lavoro ne avevano fatto un'ottima 'tempista'.

Maglashan trasse di tasca un pesante guanto di cinghiale usato, l'infilo sulla mano destra e fece qualche flessione con le dita.

– A che serve? – gli chiese Beifus.

– Mi mangio le unghie, a volte – rispose Maglashan. – E strano. Mi mangio solo quelle della mano destra. – Alzo gli occhi, mi fisso con uno sguardo lento. – Alcuni individui sono piu spontanei di certi altri – osservo pigramente. – E una questione di reni, m'han detto. Ho conosciuto dei tipi non poco spontanei che eran costretti ad andare al cesso ogni quarto d'ora, per settimane, dopo esser diventati spontanei. Pareva che non riuscissero a tenere acqua.

– Ma pensa un po' – fece Beifus, con pensosa meraviglia.

– Poi ci sono quelli che non riescono piu ad alzare la voce e parlano rauchi, bisbigliando – continuo Maglashan. – Come i vecchi pugilatori rincretiniti, che hanno fermato troppe sventole col collo.

Maglashan mi guardo. A quanto pareva era il mio turno.

– Poi ci sono i tipi che non ci vanno del tutto, al cesso – dissi. – Quelli che esagerano. Se ne stanno seduti in una sedia per trenta ore. Poi crollano e si incrinano un rene o si fanno scoppiare la vescica. Collaborano con troppo entusiasmo. Poi, a volte, quando han fatto la loro brava deposizione davanti al magistrato, e il serbatoio dell'acqua e vuoto li si trovan morti in un angolo buio. Forse avrebbero dovuto farsi visitare; ma non si puo prevedere tutto, vero, tenente?

– Noi, di Bay City siamo molto bravi a prevedere le cose – replico Maglashan. – Quando c'e qualcosa da prevedere, naturalmente.

Aveva dei groppi duri di muscolo agli angoli delle mascelle. Nei suoi occhi splendeva una luce di odio rossastro.

– Potrei lavorarvi in maniera deliziosa – disse, senza levarmi gli occhi di dosso. – Assolutamente meravigliosa.

– Ne sono certo, tenente. Ho sempre passato delle ore bellissime a Bay City, finche riuscivo a non perdere i sensi.

– Io vi impedirei di perdere i sensi per un'infinita di tempo, cocco. Ne farei una questione d'onore. Me ne occuperei di persona.

Christy French si volto lentamente, e sbadiglio.

– Come va che alla polizia di Bay City siete tutti cosi feroci? – domando. – Vi marinate il cranio nell'acqua di mare?

Beifus mise fuori la punta della lingua e la fece correre fra le labbra.

– Siamo sempre stati feroci – dichiaro Maglashan, senza guardarlo. – Ci piace esser feroci. E gli spiritosoni, come questo bel tipo qui, ci tengono in esercizio. – Torno a occuparsi di me. – Cosi voi siete quel tesoro che ci ha telefonato per Clausen. Siete molto disinvolto coi telefoni pubblici, vero, tesoro?

Non apersi bocca.

– Parlo con te, tesoro – mi apostrofo Maglashan. – Ti ho fatto una domanda, tesoro. E quando faccio una domanda sono abituato a ricever risposta. Capito?

– Continuate a parlare e vi risponderete da solo – disse Christy French. – E forse la risposta non vi piacera e sarete cosi maledettamente feroce che finirete col prendervi a pugni da solo, con quel guanto li. Tanto per il principio.

Maglashan si irrigidi. Sulle guance gli si erano accese due macchie rosse delle dimensioni di un mezzo dollaro.

– Son venuto a chiedervi di collaborare – disse a French, lentamente.

– Per farmi spernacchiare posso rimanere a casa. Ci pensa mia moglie.

Ma qui non voglio far le spese delle vostre barzellette.

– E noi collaboreremo – affermo French. – Solo non cercate di fare il matador con quelle battute da film del novecentotrenta. – Fece un giro sulla sedia e mi guardo: – Voltiamo pagina e comportiamoci come se stessimo cominciando le indagini adesso. Le vostre ragioni le conosco tutte. Non sta a me giudicarle. Il punto e questo: siete disposto a parlare, o volete finire al fresco come testimone indispensabile?

– Interrogatemi – proposi. – E se le risposte non vi piaceranno potrete mettermi al fresco. E se mi mettete al fresco io ho il diritto di fare una telefonata.

– Esatto – dichiaro French. – Se vi mettiamo al fresco. Ma non e necessario. Possiamo tenervi qui e farvi l'interrogatorio completo. Ci vorranno dei giorni, magari.

– E da mangiare avrete solo guazzetto di carne affumicata – intervenne Beifus, allegramente.

– A rigor di termini non sarebbe legale – riprese French. – Ma noi lo facciamo continuamente. Come voi fate certe cose che non dovreste fare, forse. Secondo voi siete sempre stato ligio alla legge, in questa faccenda?

– No.

Maglashan si lascio sfuggire un 'Aaaah' profondo, ingoiato.

Mi voltai a guardare la dama arancione che era tornata al suo taccuino, silenziosa e indifferente.

– Avete un cliente da proteggere? – insinuo French.

– Forse.

– O per meglio dire avevate una cliente. Vi ha piantato in asso.

Non feci commenti.

– Si chiama Orfamay Quest – soggiunse il tenente, osservandomi.

– Interrogatemi – dissi.

– Che cos'e successo in Idaho Street?

– Ci sono andato per cercare il fratello della ragazza. Lei era venuta qui, a trovarlo e lui aveva cambiato indirizzo. Era molto in pena. Clausen, il direttore, era troppo ubriaco per parlare in maniera sensata. Ho guardato il registro della pensione e ho visto che nella stanza di Quest ci abitava un altro. Sono andato a parlare con quest'altro. Ma non mi ha detto nulla che potesse aiutarmi.

French allungo una mano, cerco un po' in giro poi prese una matita dalla scrivania e comincio a battersela contro i denti.

– E l'avete piu rivisto, questo tale?

– Si. Gli ho anche detto chi ero. Quando sono sceso di nuovo Clausen era morto. E qualcuno aveva strappato una pagina dal registro. La pagina col nome di Quest. Allora ho chiamato la polizia.

– Pero non siete rimasto sul posto.

– Non sapevo nulla di utile, sulla morte di Clausen.

– Ma non siete rimasto sul posto – ripete French. Maglashan emise un suono selvaggio, dal fondo della gola, e getto la sua matita contro la parete all'altro capo della stanza. Guardai l'asticciola di legno rimbalzare contro la parete, poi sul pavimento, e infine fermarsi.

– Esatto – dissi.

– A Bay City potremmo accopparvi, per questo – sbotto Maglashan.

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