terribile gravita, liberando sotto forma di radiazioni pure tutta l’energia immagazzinata negli atomi del suo corpo.

Gia quello era abbastanza spiacevole; inoltre, davanti a lei, il rimorchiatore si era messo in moto. Ne usciva un sottile fascio di luce che lo spingeva nella direzione opposta, e i motori continuavano a funzionare.

Giove aveva inghiottito il cielo. Era bellissimo. Sebbene sapesse che sarebbe stato la causa della sua morte, Lilo doveva ammetterlo. E lo preferiva al buco nero, anche se la sua morte non sarebbe stata altrettanto rapida.

Da quando, due ore prima, il pilota automatico del rimorchiatore aveva effettuato la manovra prestabilita (i particolari, gli infiniti particolari; come avrebbe potuto considerarli tutti?), Lilo era stata sopraffatta da un letargo paralizzante, dalla certezza della morte. Non che non avesse lottato per opporvisi; lei e Cathay avevano considerato tutte le possibilita. Ma quando lo sfondo di stelle aveva cominciato a ruotarle intorno in una direzione che poteva essere spiegata in un solo modo, aveva capito che il suo destino era segnato. Era passata lontano dal buco, ma non abbastanza.

Anche Vaffa l’aveva mancato, ma addirittura per meno. Gli si era avvicinato quanto era bastato perche il suo corpo fosse compresso in una particella troppo piccola per essere visibile, se non per la luce emessa mentre veniva annientato. C’era stato un lampo di un secondo, e si era perduto nello spazio.

Lilo non si era avvicinata tanto. Un buco nero poteva essere pericoloso, ma non tanto per il rischio di andargli a sbattere contro. Questo era molto improbabile, poiche era cosi minuscolo e galleggiava in uno spazio cosi ampio. Ma anche mancarlo di poco poteva essere fatale. Via via che ci si avvicinava al buco, la forza del campo gravitazionale variava bruscamente. Se Lilo gli fosse passata accanto con un’orbita iperbolica stretta, le tensioni indotte dalla gravita del buco, che avrebbe attirato le diverse parti del suo corpo con forze diverse, l’avrebbe fatta a pezzi. Se si fosse avvicinata di piu, come Vaffa, la gravita avrebbe potuto ridurre il suo corpo a una massa di neutronio delie dimensioni di uno spillo.

In un certo senso era stata fortunata, ma non abbastanza. Sarebbe rimasta sufficientemente lontana da restare viva, ma stava senz’altro orbitando lentamente intorno al buco.

Aveva discusso la situazione con calma insieme a Cathay. Lui voleva andare a soccorrerla con il piccolo razzo, ma lei gli disse cosa aveva visto allorche il rimorchiatore si era messo in moto. L’accelerazione aveva strappato il veicolo dagli ormeggi e l’aveva fatto a pezzi. Allora Cathay voleva andare a prenderla con il rimorchiatore, ma era impossibile. Neppure un pilota abilissimo avrebbe osato avvicinarsi tanto al buco.

Da un certo punto di vista Cathay stava soffrendo piu di lei. Lui aveva ancora scelte da compiere, cose da fare, e nessuna era facile. Lilo glielo disse chiaramente, col distacco brutale della persona il cui destino e segnato.

«Non puoi tornare su Poseidone, almeno adesso. Ti stanno aspettando. Devi sperare che Cass e gli altri stiano bene. Devi andare su Saturno. Vai alle coordinate che ti ho detto e aspetta. Trasmetti sulla frequenza che ti ho dato. Probabilmente Parameter non si e allontanata molto dal laboratorio. Io sono li, da qualche parte. Devi trovare me e Parameter. Ti aiuteranno. Hai il rimorchiatore. Puoi trovare delle armi, in qualche modo. Poi torna a prendere i bambini. Torna, Cathay.»

«Tornero. Ma non voglio andarmene. Non posso lasciarti qui.»

«Devi farlo. Non voglio che tu ascolti quando… quando verra la fine. Non lo voglio.» Sentiva di essere prossima al panico e rese la voce il piu dura possibile. «Ora vai. Hai fatto tutto quello che potevi.»

Fu solo quando comincio ad avvertire una leggera pressione sulla schiena che si domando come sarebbe morta.

La pressione aumento con rapidita incredibile. Stava sfrecciando attraverso l’atmosfera di Giove, come una meteora, ma la tuta l’avrebbe protetta. Fu circondata da un alone arancione che divento cosi luminoso da non permetterle di vedere nient’altro. Il suo movimento rotatorio si arresto mentre spinte aerodinamiche la stabilizzavano con la schiena rivolta verso il pianeta e le braccia e le gambe allungate davanti a se. La decelerazione aumentava velocemente, ma Lilo sapeva che grazie al polmone della tuta che le immetteva ossigeno nel sangue poteva reggerla fino a valori enormi.

La tuta si fece rigida. La sensazione di trazione ai piedi e alle mani era scomparsa. La sola impressione di moto era che la pancia stesse cercando di toccare la spina dorsale. La pelle della faccia era tirata sulle guance e i seni cercavano di trovare una nuova disposizione sotto le ascelle.

Non sapeva assolutamente quanto sarebbe durato. A quel punto doveva essere svenuta, anche se poi non ricordo di averlo fatto ne di aver riacquistato i sensi. Ma la pressione era scomparsa. Aveva raggiunto la velocita massima per gli strati superiori dell’atmosfera e stava cadendo per effetto dell’attrazione di gravita, quasi in assenza di peso. Si guardo intorno cercando di vedere il buco nero, i cui effetti sui gas che lo circondavano avrebbero dovuto essere visibili. Poi ricordo che l’atmosfera non avrebbe affatto rallentato il buco; esso doveva aver gia attraversato meta pianeta. Quindi sarebbe sicuramente stato Giove a ucciderla.

L’aria era limpida e nuvole altissime si levavano intorno a lei. Di tanto in tanto, allorche i venti la investivano e la spostavano di lato, era sottoposta a brusche accelerazioni.

Era una cosa al di fuori del tempo, la caduta. Agli inizi aveva seguito le antiche abitudini, tentando di calcolare quanto le ci sarebbe voluto per raggiungere le nuvole scure sotto di se, quale poteva essere la temperatura al di fuori del campo della tuta, a quale densita i gas l’avrebbero fatta galleggiare. Poi pero si accontento di guardare. Era uno spettacolo stupefacente. Se doveva morire, sarebbe potuto capitarle di peggio che andare incontro alla morte in quello scenario, da sola.

Non duro a lungo. Raggiunse lo strato di nuvole e la visibilita divento nulla. Non vedeva niente, solo la mano argentea che si teneva davanti agli occhi per essere sicura di non essere ancora morta. Era possibile morire senza saperlo?

Il fatto che la sua mente non smettesse di funzionare comincio a disturbarla. Non avendo niente da fare ne da vedere, comincio di nuovo a riflettere. Cosa l’avrebbe uccisa? Sarebbe sopravvissuta a tutto e sarebbe morta appena terminata la riserva di ossigeno? Sarebbe stata una morte comoda, perdere a poco a poco coscienza e non risvegliarsi piu.

Ricordo la valvola di uscita della tuta, il fiore metallico che aveva sotto la clavicola per l’espulsione dei gas di scarico e del calore. Era costruito in una lega molto resistente, ma avrebbe potuto surriscaldarsi, otturarsi, fondersi. In quel modo la morte sarebbe stata piu rapida, e forse piu dolorosa. Ma non poteva farci niente. Provo un momentaneo rimpianto per il fatto che non sarebbe riuscita a raggiungere lo strato di idrogeno liquido caldo. Sarebbe stata senz’altro una cosa da vedere.

Piu tardi, con maggiore freddezza, si rese conto che probabilmente sarebbe stato monotono quanto quello schifoso strato di nuvole che stava traversando.

Ma all’improvviso sbuco fuori dalle nubi. Un ampio spazio semibuio le si apri davanti. In realta era molto piu luminoso di quanto si sarebbe aspettata, considerando lo spessore dello strato di nuvole soprastante.

Per qualche motivo, venne ripresa da una paura paralizzante. Non poteva far niente per respingerla. Alcune parti della sua mente avevano esaminato la situazione da un punto di vista diverso, giungendo alla conclusione che non aveva possibilita di scampo. E non volevano accettare il fatto.

Svenne di nuovo, o ebbe un attacco di pazzia. Adesso le nubi erano molto piu vicine, un miscuglio di forme rosse e viola orlate di sprazzi luminosi (bianchi, con vaporosi fondi grigi) che si agitavano e ribollivano come un calderone di torpedini elettriche.

C’erano alcune forme gialle appena visibili, che guizzavano dal banco di nubi sotto di lei — (sopra di me, sospese in un cielo azzurro) — nell’aria piu limpida, poi di nuovo nell’oscurita. Erano quasi certamente vive. Si domando se fossero Invasori, o membri della razza gioviana intelligente, o solo degli animali.

(Il terreno era soffice, cedevole. Ne afferrai una manciata; me lo feci passare attraverso le dita. Sabbia. Mi ci infilai agitandomi, cercando di seppellirmici. Una brezza mi rinfresco il corpo e spinse le soffici nubi bianche nel cielo azzurro, sopra di me. Una forma gialla sfreccio fuori da una delle nubi) … e poi di nuovo dentro il banco di nuvole. Si stavano avvicinando. Aveva riacquistato una calma distaccata e si domando se avrebbero cercato di mangiarla. Le facevano male gli occhi, per lo sforzo di guardarle…

(A sinistra, a destra, si allontanano, poi… Ouch! Mi si sono incrociati gli occhi e comincia a farmi male la testa. Mi sono messa le mani sulla faccia, contenta della sabbia ruvida con la quale mi sono sfregata. Sono

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