affondare e senza risalire.

E adesso cosa doveva fare? Si tocco la valvola sul petto. Poteva disattivare la tuta e affogare rapidamente. Oppure risalire in superficie e dirigersi verso riva. Probabilmente ce l’avrebbe fatta, grazie all’aria della tuta, ma lo voleva davvero?

C’era qualcosa sopra di lei.

Senza sapere perche, si sposto verso l’alto per andargli incontro.

La forma diventava via via sempre piu grande — (sotto di me adesso, e continua a scendere) — e le sbatte in faccia. Giallo? No, molti colori — (un giallo piu profondo delle nuvole in tumulto che mi si accavallano intorno, un’altra delle cose simili a quella dentro cui ero caduta tanti anni prima) — tutti i colori e tutte le forme, contenuti in una forma sola.

Si senti il cuore in gola. Stava cadendo.

Non so per quanto tempo caddi, ma forse la domanda non ha senso. Cadevo attraverso lo spazio e il tempo, e attraverso la mia vita.

Non fu piu possibile sapere chi o dove fossi. Ogni secondo della mia vita esisteva contemporaneamente. Stavo in piedi su una pianura rocciosa sotto una luce violenta, e sapevo che ero sul mondo che un tempo veniva chiamato Poseidone e che ora era a due anni luce dal sole;

piangendo disperatamente, con un sentimento cosi intenso che non ne avrei mai provato un altro uguale in vita mia, con in grembo la testa di un uomo morto;

cadendo attraverso l’atmosfera gioviana;

davanti a un uomo chiamato Vaffa, mentre osservavo la sua arma alzarsi al rallentatore e udivo un’esplosione;

tenendo un coltello in mano e pensavo al suicidio;

guardando un pesce in una vasca circolare ruotante;

correndo fra gli alberi sotto un cocente sole azzurro e ridevo;

parlando con un uomo chiamato Quince nel bagno pubblico di Plutone;

seduta in una sala riunioni al centro di una ruota di settanta chilometri di diametro e guardavo un film;

sentendo un pene eretto penetrarmi nel corpo mentre le luci lampeggiavano sulle pareti della mia stanza;

davanti a Vaffa, mentre la sua pistola si alzava per uccidermi;

venendo in vita in una vasca di fluido giallo;

tenendo per mano mia madre, a cinque anni, mentre seguivamo il trasportatore che trasferiva le nostre cose in una nuova casa;

seduta nel riflesso verde del terminale del mio computer e studiavo un’interessante interpretazione dei dati della Linea Calda;

attraccando con una grossa nave colonizzatrice che orbitava intorno a 82 Eridani. Il Pianeta era abitato e dovevamo rimetterci in viaggio;

guardando un corso d’acqua in America, mentre la schiuma bianca mi turbinava intorno alle ginocchia;

dando alla luce la mia seconda figlia, Alicia, mentre andavo verso il centro;

tenendo Alicia per mano, mentre dava alla luce mio nipote;

davanti a Vaffa;

morendo. Morendo di nuovo. E di nuovo ancora.

Ne uscii impotente. Tutti gli attimi erano stati adesso. Erano scomparsi tutti, lasciandomi immagini confuse e quasi nessun ricordo. Cio che ricordavo era tanto nel mio futuro quanto nel mio passato.

Torno, quella vorticosa sensazione di abitare il presente, il passato e il futuro tutti contemporaneamente. Ne uscii di nuovo, e questa volta rimbalzai lungo le quattro dimensioni di quel lungo verme rosa con un milione di gambe che rappresentava la mia vita, dalla nascita alle mie molte morti. Ero una sola entita, un solo punto di vista, un solo presente. Percorsi tutta la mia esistenza, all’indietro e in avanti, nel futuro e nel passato.

Caddi di nuovo, disorientata, confusa. Mi era stato mostrato qualcosa che la mia mente non poteva comprendere e sentivo gia svanire i ricordi. Esistevo in troppi modi nello stesso tempo per riuscire a capire. Gli occhi non mi funzionavano o mi mostravano immagini che il mio cervello non riusciva ad assimilare.

Non so quanto restai nel luogo calmo e nero in cui ero entrata. Non c’era tempo, ma tutte le mie sorelle erano insieme a me. Cominciammo a vedere, un po’. Qualcosa nuoto verso la mia coscienza distaccata, una cosa strana che percepivo senza effettivamente vederla. Per sorprendente che fosse, mi era quasi piu familiare di tutto il resto che mi circondava. All’improvviso seppi che era una cosa preziosa. Qualcosa che dovevo avere. (C’era qualcuno che mi diceva che dovevo averla?) Apparteneva a loro, agli Invasori, e dovevo possederla io.

Allungai la mano…

Ricordo Cathay chinato su di lei, che le scuoteva le spalle. La testa oscillava avanti e indietro, abbandonata. Mise a fuoco gli occhi.

«Stai bene… Cosa e successo?»

«Ti hanno fatto qualcosa?» Era la voce di Vaffa, e Lilo sorrise vedendo sulla sua faccia una preoccupazione sincera. Vaffa, Vaffa, c’e ancora speranza per te!

«Chi e quella?»

«Sono io.» Lilo si sedette. Era stata Javelin a farle la domanda, e Lilo sapeva di cosa parlava. Aveva visto quel momento nel caleidoscopio che l’aveva sopraffatta mentre la sirena dei Mercanti ululava. Guardo il nuovo occupante della stanza — una donna alta e abbronzata, tutta bagnata — e si fecero un cenno di saluto. Fra loro non c’era bisogno di parole. Erano gia state li tutte e due.

Lei aveva qualcosa in mano, un cubo argenteo di cinque centimetri di spigolo.

«Chi sei?» chiese Vaffa.

La donna la guardo incuriosita.

«Puoi chiamarmi Diana, per evitare confusione. Mi chiamavano tutti cosi.»

Quella parola fece sgorgare una cascata di ricordi nella mente di Lilo. Cerco di trattenerli, ma stavano gia svanendo come un sogno. Un lungo viaggio, un viaggio fantastico, dieci anni… ostacoli da superare. Alberi alti, grandiosi, che arrivavano al soffitto… no, questo apparteneva alla sua linea vitale. Si sforzo ancora di ricordare. C’era un’altra Lilo, sul satellite in fuga. Era stata costretta ad andare avanti nel tempo, verso la propria morte, tre morti, e indietro, verso molte altre… non era cosi? Non ne era piu sicura. Ma c’era qualcosa che guidava i suoi passi, la conoscenza di cosa sarebbe successo, di cosa era successo.

«Andiamocene di qui,» disse Lilo.

«Cosa?» Javelin si oppose. «C’e un sacco di cose che voglio…»

«No. Non serve a niente. Solo una domanda,» ribatte Lilo, guardando William. «Cos’e quella cosa che ho… che ha in mano?»

William sembrava triste.

«Quella,» disse, «e una singolarita. Le cose vanno piu in fretta di quanto ci aspettavamo.»

«E cos’e una singolarita?»

William alzo le spalle. «Vorrei tanto che lo sapessimo. Se lo sapessimo saremmo come gli Invasori. La chiamiamo cosi perche viola le leggi fondamentali dell’universo. Crediamo che non possa esistere nel nostro universo, almeno non di norma. Tutto quello che si vede e un campo nullo che la ricopre. Non vedrete mai altro.»

«E cosa fa?» Lilo era confusa. Aveva gia saputo le risposte alle domande che stava ponendo.

«Sembra che elimini la forza d’inerzia di un corpo. Non mi domandi come. Sono milioni d’anni che le studiamo e non sappiamo come funzionano. Pensiamo che possa trasformare l’inerzia in qualche altra caratteristica della materia e immagazzinarla in un ipotetico iperspazio, o in una quinta dimensione.»

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