Dopo la sua approvazione il consenso dell’assemblea fu unanime.

— La mia non era un’obiezione pregiudiziale — mormoro Fratello Frejeris, accantonando l’argomento con un gesto della mano bianca e statuaria. — Volevo soltanto evitare che si creasse una situazione che puo rivelarsi disorientante per chi non e esperto psicologo.

Un chierico trasmise gli ordini necessari.

Mentre aspettavano, Fratello Frejeris abbasso gli occhi sul grembo. — Sono stato informato — disse con affettata noncuranza — che ci sono disordini nella Grande Piazza.

Goniface evito di incrociare il suo sguardo.

— Se ci saranno sviluppi — disse con tono pacato — il nostro servo Cugino Deth ci informera.

— Il tuo servo, Fratello — lo corresse con altrettanta pacatezza Frejeris.

Goniface non rispose.

Un gruppo di preti entro nella sala attraverso una porta laterale. In apparenza, erano assolutamente identici ai sacerdoti del Santuario di Megateopoli, ma agli occhi dei membri del Sommo Concilio il loro portamento, i loro gesti, il modo in cui indossavano la veste scarlatta e perfino il taglio stesso delle loro tonache, erano sinonimi di “campagna”.

Si fermarono davanti al tavolo, confusi e, soprattutto, ammirati.

Il loro numero non faceva che sottolineare la vastita grigia e splendente della Camera del Concilio.

— Reverende Arcipreture — esordi un rozzo individuo, che pur non avendo mai lavorato nei campi sembrava aver assorbito l’essenza primitiva della terra. — Io so che quello che sto per dirvi suonera molto irreale qui a Megateopoli — prosegui con voce esitante, gli occhi alzati a inseguire gli alti muri a volta, fino a perdersi nel soffitto cosi lontano da essere quasi invisibile. — Qui a Megateopoli, dove se volete potete trasformare il giorno in notte. Dove viviamo noi e diverso. La la notte cala lentamente e imprigiona uomini e cose nelle tenebre. Si sente il silenzio scivolare dai campi e afferrare la citta…

— Lascia perdere l’atmosfera, uomo e vieni ai fatti! — intervenne Fratello Frejeris.

— I fatti! — lo aggredi Sercival.

— Be’ si tratta… si tratta dei lupi — disse il rozzo sacerdote con tono quasi di sfida. — Lo so che esistono solo nei vecchi libri, ma noi di notte li vediamo. Sono grigi come il fumo, come questi muri, grandi come cavalli e hanno gli occhi rossi. Avanzano a balzi, in grandi branchi, simili a banchi di nebbia. Entrano furtivamente in citta e accerchiano il Santuario e quando alcuni di noi sono costretti a uscire di notte, li seguono. Non riusciamo a ucciderli ne con il Dito dell’Ira ne con le Verghe! Sfuggono alla luce delle verghe e si appiattiscono nell’ombra. Reverende arcipreture, vi assicuro che il popolo e spaventato a morte e lo sono anche gran parte dei novizi. Ma non e tutto. Di notte, nelle celle sentiamo delle strane cose che ci si rannicchiano sul petto!

— Le ho sentite anch’io! — lo interruppe eccitato un altro prete. — Sono cose fredde e pelose che ti si attaccano ai vestiti e poi ti tastano gentilmente il viso. Dopo un po’ ci si siedono sopra, leggere come piume. E tu non sai se sogni o se sei desto. Poi ti si strofinano contro e cominciano a parlare con delle vocine stridule. Dicono cose che uno neanche oserebbe ripetere. Ma poi, quando accendi la luce o cerchi di afferrarle, scompaiono, anche se tu continui a sentirtele addosso. Sono esserini scheletrici, ricoperti di un pelo finissimo… simile ai capelli umani!

Nell’udire quel racconto, un terzo sacerdote, un individuo stempiato e dal colorito giallognolo che sembrava un maestro di scuola, impallidi violentemente. — Anch’io ho avuto questa impressione! — esclamo con voce tesa, gli occhi sbarrati a fissare un punto lontano. — Fratello Galjiwin e io eravamo andati a perquisire la casa di un cittadino comune, che sospettavamo avesse occultato parte delle stoffe che aveva tessuto e sulle quali gravava la decima. Erano brutta gente; la figlia, poi, era la peggiore di tutti, una sgualdrina dai capelli rossi. Ma a me non la facevano. Mi basto dare un’occhiata in giro per accorgermi che una delle assi del muro era staccata. La sollevai e infilai la mano nel vano. Quella sgualdrina continuava a fissarmi e a sorridermi con un’impudenza inaudita. A un certo punto, tastando, sentii quello che mi parve un rotolo di stoffa molto pelosa e allungai ulteriormente la mano per tirarlo fuori. Ma in quel momento, la stoffa prese vita! Comincio a muoversi e a contorcersi. Era fredda, pelosa, ma come ha detto lui aveva qualcosa di umano… anche se il vano non era piu profondo di cinque o sei centimetri! Facemmo abbattere la parete: assistemmo all’intera operazione di demolizione, ma dal muro non usci niente. Ne vi trovammo nascosto il piu piccolo brandello di stoffa. Assegnammo alla famiglia una quantita extra di lana da tessere, per punizione. Poi, sulla ragazza, rinvenimmo i segni della stregoneria e dopo aver ottenuto una speciale dispensa la spedimmo a lavorare nelle miniere insieme agli uomini.

“Una cosa, pero, non la dimentichero mai: quando tirai fuori la mano dall’intercapedine, mi accorsi che due sottili peli mi erano rimasti impigliati in un’unghia scheggiata: due peli dello stesso color rame dei capelli della ragazza!

“Da quel giorno, quando dormo male, continuo a sentire quella cosa. Come un ragno che mi cammina sul palmo della mano!”

Di colpo si sciolsero tutte le lingue e fu un susseguirsi di racconti terrificanti. A un tratto, una voce, piu alta delle altre, esclamo: — Dicono che siano quelle cose a far comparire i segni della stregoneria!

Uno degli arcipreti del Sommo Concilio rise con ostentato disprezzo. Ma c’era una nota falsa nella sua risata.

Fratello Frejeris sorrise e inarco allusivamente le sopracciglia, come per dire: — Isteria di massa. Io vi avevo avvertito.

— Prima ho detto che tutto questo sembra irreale, qui a Megateopoli — riprese il primo sacerdote che aveva parlato. Il tono della sua voce era di scusa, eppure il suo sguardo tradiva ancora un’ombra di sfida. — Ma dopo le nostre prime segnalazioni un sacerdote del Quinto Circolo fu mandato giu a indagare. Anche lui vide quello che avevamo visto noi, ma non disse nulla. Il giorno dopo riparti e noi non abbiamo mai saputo se avesse scoperto qualcosa.

— Noi ci aspettiamo che la Gerarchia ci protegga!

— Vogliamo sapere che cosa la Gerarchia ha intenzione di fare!

— Dicono — intervenne il prete che aveva menzionato i segni della stregoneria — che esista un Concilio Nero in tutto e per tutto simile al Sommo Concilio. E una Gerarchia Nera organizzata come noi che serve Satanas, il Signore del Male!

— Proprio cosi — gli fece eco il primo sacerdote che aveva parlato. — E se e vero io voglio saperlo. E possibile che avendo fatto finta per secoli che esistesse un vero dio, abbiamo in qualche modo, non so come, risvegliato un vero diavolo? Che cosa accadrebbe in questo caso?

Un brivido di terrore percorse la Camera del Concilio, ma Goniface non si scompose. Si drizzo a sedere sul suo scranno e quando parlo le sue parole fendettero il silenzio come sciabolate. La sua voce non aveva la musicalita di quella di Frejeris, ma era ugualmente convincente e imponeva rispetto.

— Silenzio! Altrimenti si che risveglierete un vero demone. Il demone della nostra ira!

Guardo i suoi confratelli seduti dietro il tavolo. — Che cosa dobbiamo farne di questi stupidi?

— Che vengano frustati — sbotto Sercival stizzito, la scarna mascella contratta, i piccoli occhi lampeggianti nelle orbite coriacee. — Che vengano frustati per essersi comportati in modo tanto codardo davanti ai trucchi e alle minacce di Satanas!

I preti di campagna si agitarono con apprensione. Frejeris alzo gli occhi al cielo, come per dire che quella proposta gli sembrava indicibilmente barbara, mentre Goniface annui educatamente, pur non dando segno di approvarla. Senza volerlo, gli venne improvvisamente da chiedersi in che misura il vecchio Sercival e gli altri Fanatici credessero veramente nell’esistenza del Grande Dio e del suo eterno nemico, Satanas, il Signore del Male. La loro era una posa, naturalmente, ma forse, sotto sotto, in loro c’era anche un fondo di genuinita. Non quella genuinita che derivava dalle superstizioni di cui si nutrivano i comuni cittadini (quelle venivano tutte sfatate al Primo e al Secondo Circolo, altrimenti un prete non passava di grado), ma piuttosto da una sorte di auto-ipnosi indotta dall’annosa contemplazione dei meravigliosi poteri della Gerarchia, che alla fine li aveva portati ad attribuire a quei poteri un’origine soprannaturale. Per fortuna, i Fanatici erano molto pochi, cosi pochi da non essere degni di venire considerati un partito. Nel Sommo Concilio ne sedeva soltanto uno, Sercival per l’appunto, e quell’onore gli era stato conferito solo in tarda eta. Eppure, forse, un giorno anche quel vecchio pazzo si sarebbe potuto rivelare utile. Era spietato e sanguinario e, nel caso in cui fosse stato necessario far ricorso alla violenza, sarebbe stato un perfetto capro espiatorio. In questo senso, il Partito Fanatico serviva a controbilanciare la piu nutrita minoranza dei Moderati, lasciando ai Realisti di Goniface il pressoche totale controllo del potere.

Ma quei poveri preti di campagna non erano dei Fanatici. Tutt’altro. Se avessero avuto anche solo un pizzico

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