Zobel dell’Editoriale Protone che i sospetti sui loro colleghi e concorrenti diretti erano pienamente giustificati. L’investigatore privato soffio sul bicchiere fiammeggiante e ingurgito la tremenda sorsata di bourbon. Un sorriso raggrinzi le sue guance sfumate di azzurro. Rapimento? Avrebbe potuto darsi un po’ da fare, al riguardo, per scoprire il segreto della Razzi. Dopo tutto, il rapimento industriale era diventato un luogo comune in una societa in cui due secoli di sequestri di persona perpetrati dal governo facevano ormai testo. Sarebbe stato divertente se fosse riuscito a rapire una ragazza della Razzi. Qualcuna vivace e loquace come quella esplosiva Ibsen, ma preferibilmente meno robusta. Le amazzoni dai cattivi costumi erano magnifiche, fino a che non sferravano pugni troppo forti.

Filippo Fenicchia, gangster interplanetario noto come La Garrota, sorrise ironicamente e chiuse gli occhi che erano la sola cosa viva sul suo viso lungo e pallido. Era uno dei vecchi frequentatori della Parola, che veniva a osservare quei buffoni degli scrittori; lo divertiva il fatto che la possibilita di concludere un affare lo perseguitasse perfino li dentro. La Garrota era un uomo tranquillo, sereno nella certezza che la paura e il sentimento umano piu fondamentale e duraturo, e che giocare sulla paura altrui e sempre il metodo piu sicuro per ricavarne da vivere, fossero i tempi di Milone e di Clodio, di Cesare Borgia o di Al Capone. Il precedente riferimento alle uova gli si impresse nella mente. Decise che avrebbe dovuto consultare la Memoria.

Clancy Goldfarb, distributore clandestino di libri, cosi abile che la sua organizzazione era ufficiosamente riconosciuta come la quarta, in ordine di potenza, fra quelle che provvedevano alla distribuzione libraria, decise che molto probabilmente cio che la Razzi aveva nella manica erano libri prodotti in surplus dai mulini. Accese un sigaro venusiano lungo una trentina di centimetri e sottile come una matita, e comincio a elaborare il piano di una delle sue perfette rapine.

Cain Brinks era un robot scrittore d’avventure, la cui Madame Iridio era la principale rivale del dottor Tungsteno di Zane Gort. Al momento Madame Iridio e la Bestia d’Acido stava battendo nelle vendite per cinque a quattro Il dottor Tungsteno allarga un dardo con un’alesatrice. Quando udi lo stridente sussurro di Heloise, Cain Brinks per poco non lascio cadere il vassoio carico di Martini marziani che stava portando. Per penetrare nella Parola senza farsi riconoscere, Cain Brinks si era scrupolosamente sciupato la corazza, fino al punto di butterarla, quel pomeriggio, per poter impersonare un robot cameriere.

Ora il suo masochismo lo ripagava. In un lampo capi che cosa aveva nella manica l’Editrice Razzi… uno Zane Gort deciso a diventare lo zar della narrativa umana. E comincio a fare i suoi piani per intervenire.

Mentre avvenivano tutte queste reazioni, una strana processione si faceva strada nell’interno della Parola, muovendosi fra i tavoli verdi verso il centro della sala. Era composta da sei giovanotti snelli e arroganti che davano il braccio a sei vecchie signore ossute e arroganti, seguiti da un robot tempestato di gemme che spingeva un carrello.

I giovani avevano i capelli lunghi e indossavano maglioni neri dal collo alto e aderenti calzoni neri. Le vecchie indossavano aderenti abiti da sera di lame d’oro e d’argento, ed erano sovraccariche di abbaglianti collane, braccialetti, pendenti e tiare di brillanti.

— Mio Dio, pupa — riassunse succintamente Homer Hemingway, — guarda quelle vacche milionarie e quegli effeminati vestiti di nero, per favore.

Il corteo si fermo proprio accanto al loro tavolo. La femmina che lo guidava e i cui brillanti erano cosi grossi e scintillanti da fare male agli occhi, si guardo intorno con aria altezzosa.

Homer, la cui mente assonnata vagabondava come quella di un bambino, disse lamentosamente a Heloise: — Vorrei sapere quanto tempo ci mettera quella piccina a portarmi il latte. Se ci mette dentro qualche eccitante…

— Un afrodisiaco, piu probabilmente, se pensa che tu ne valga la pena — gli disse Heloise, in un rapido sussurro, mentre fissava affascinata i nuovi arrivati.

La femmina indiamantata annuncio, con un tono di voce adatto a rabbuffare un fattorino: — Stiamo cercando il capo del sindacato scrittori.

Heloise, che non si lasciava mai cogliere di sorpresa, balzo su.

— Sono il membro di piu alto rango del comitato esecutivo.

La femmina la squadro da capo a piedi.

— Lei va bene — disse. Batte due volte le mani. — Parkins! — chiamo.

Il robot costellato di gioielli spinse avanti il carrello. Vi erano ammonticchiate in bell’ordine venti colonne, alte quattro piedi, di sottili libri rilegati le cui sovraccoperte elegantemente intonate avevano a loro volta una lucentezza gemmea. In cima al mucchio c’era un oggetto dalla forma irregolare avvolto di seta bianca.

— Noi siamo Gente di Penna — annuncio la femmina guardando in faccia Heloise e parlando con i toni penetranti che una imperatrice userebbe in una rumorosa piazza del mercato. — Per oltre un secolo noi abbiamo preservato le tradizioni del vero scrivere creativo, nelle nostre cerchie selezionate, in attesa del giorno glorioso in cui le orride macchine che confondono le nostre menti sarebbero state distrutte e lo scrivere sarebbe ritornato ai suoi unici veri amici… gli ispirati e devoti dilettanti. Per anni e anni abbiamo spesso esecrato il vostro sindacato per la sua complicita nella congiura intesa a fare dei mostri metallici i nostri padroni spirituali: ma ora desideriamo riconoscere il vostro coraggio nel distruggere i tirannici mulini-a-parole. Percio, vi faccio dono di due pegni della nostra stima. Parkins!

Il costosissimo robot apri la seta bianca, rivelando una statua d’oro, lucente come uno specchio, raffigurante un giovane nudo che affondava una enorme spada nel diaframma di un mulino-a-parole.

— Guardate! — grido la femmina. — E opera di Gorgius Snelligrew, eseguita, fusa e levigata in un solo giorno. E posata sull’intera produzione letteraria della Gente di Penna durante l’ultimo secolo… Gli snelli candelieri, avvolti in sovraccoperte pastello cosparse di polvere di gemme, grazie ai quali abbiamo tenuto viva la fiamma della letteratura durante l’arida eta delle macchine ora conclusa: millesettecento volumi di versi immortali!

Suzette scelse quel momento per arrivare ancheggiando e reggendo una coppa di cristallo piena di liquido bianco, dalla quale si levava una fiamma azzurra alta mezzo metro.

La poso di fronte a Homer e la copri per un attimo con un piatto d’argento.

Poi tolse il piatto. La fiamma era scomparsa e l’insopportabile puzzo della caseina bruciata riempi l’aria.

Con un’ultima mossa delle sue anche impertinenti, Suzette annuncio: — Ecco qui, caldo al punto giusto… il vostro latte alla fiamma, M’sieu.

23

Flaxman e Cullingham sedevano fianco a fianco nell’ufficio ripulito per meta.

Joe la Guardia aveva ricevuto l’ordine di andare a letto: era in uno stato di assoluta prostrazione, dopo una notte di incessanti pulizie. Dormiva su una branda nella toeletta maschile, con la sua pistola-puzzola sotto al cuscino, insieme a una compressa violetta di Odor-Ban che Zane Gort gli aveva messo prudentemente vicino. Zane e Gaspard, che si erano presentati al lavoro all’alba, erano stati spinti fuori per mettere a letto Joe e poi per controllare i sistemi antifurto di tutti i magazzini che avevano un contenuto di valore inestimabile, costituito dai libri mulinati di fresco.

I due soci erano soli. Era quell’ora immacolata che, in una giornata di affari, precede l’inizio dei guai.

Quindi Flaxman la macchio.

— Cully, so che riusciremo a convincere le uova, ma, nonostante tutto, l’intero progetto non mi entusiasma — disse tristemente.

— Dimmi perche, Flaxie — rispose tranquillo l’altro. — Credo di avere una specie di intuizione.

— Ecco il mio caro papa mi ha fatto venire un complesso delle teste d’uovo. Una fobia, potresti dire. Un accidente di fobia… fino ad ora non mi ero accorto di quanto fosse grande. Vedi, papa considerava le uova come un sacro pegno che doveva essere custodito come un grande segreto, da celarsi perfino a quasi tutti i membri della famiglia: quella specie di sacro pegno che un tempo avevano le vecchie famiglie aristocratiche inglesi. Sai, nel sotterraneo c’e l’originale in ghisa della corona d’Inghilterra, custodita da un mostro bavoso a forma di rospo; o forse c’e un prozio immortale che e impazzito alle Crociate, e diventato verde e scaglioso e deve bere il sangue di una vergine ogni volta che c’e la luna piena. O forse e una combinazione di una cosa e dell’altra, e nel sotto-

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