La luce aumento mentre Zsuzsa entrava nella camera esterna…
Oh dei! Era bella, radiosa come un angelo. Era la sua pelle chiara, lucente che aveva luccicato nel corridoio, ed io la vidi nell’oscurita tanto chiaramente come se fosse stata circondata da un migliaio di candele accese: no, sembrava che bruciassero chiare all’interno di lei!
Era impossibile per qualsiasi uomo non essere attirato come una falena verso quella fiamma interna, verso quelle labbra piene, di satin rosso, verso quei denti scintillanti. Verso quegli occhi, il cui delicato colore castano scuro non era cambiato, ma che ora sembrava brunito con l’oro; occhi vuoti, selvaggi che mi guardarono e non mi riconobbero. I suoi capelli erano diventati lucidi e neri, sfavillanti di scintille blu elettrico. I capelli cadevano liberi e soffici fino alla vita, su un corpo le cui forme si mostravano chiaramente sotto il diafano sudario: un corpo nuovamente perfetto, pieno e femminile.
Percepii tutto questo nello spazio di un secondo, non di piu. Per quel breve momento, sentii il bisogno di avvicinarmi, di abbracciarla, di baciare quelle labbra cremisi, di piangere di gioia per la sua resurrezione; ma la mia mente era libera e i miei pensieri chiari. La mia esultanza si trasformo rapidamente in orrore quando compresi con abbagliante convinzione la verita riguardo a V., e riguardo alla mia povera, defunta sorella.
Mio Dio, io pensavo di conoscere la paura, ma cio di cui ho fatto esperienza nel mio passato e come un piccolo stagno cristallino a paragone con l’oceano scuro per la tempesta, turbolento, che ora mi circonda.
Mi voltai e mi misi a correre; corsi come se il Demonio in persona mi inseguisse, attraverso il pendio irregolare in direzione della casa, con la mente che turbinava per le rivelazioni.
Mio zio era veramente lo
Tutto un gioco sadico per condurmi alla foresta, poi a Bistritz, poi sull’orlo della follia… ma a quale scopo? Per questa notte, per essere solo una pedina che proteggesse Zsuzsa? Per corrompere la mia volonta, in modo che poteggesse cooperare nei delitti? Nel procurare delle vittime?
Ma V. non ha bisogno dell’aiuto di nessuno; e possibile che mi tormenti per il puro e semplice piacere di farlo? No. Dev’esserci dell’altro; e troppo scaltro, troppo calcolatore ma, se fossi cosi, perche ora sono tornato in possesso del controllo della mia mente, dei miei pensieri, delle emozioni, e della volonta?
Sono corso direttamente alle stalle e li ho attaccato il cavallo al calesse, con l’intenzione di andare a prendere Mary immediatamente e fuggire con lei nella notte. Ma, prima che potessi salire nella carrozza e portarla di fronte alla casa, udii un grido improvviso:
«
La piccola cameriera, Dunya, e uscita come un lampo dall’oscurita, gesticolando animatamente; il suo fazzoletto si era allentato e le era scivolato dai capelli, e il suo viso era rosso e luccicava di lacrime.
«
Il cuore mi si gelo; seppi immediatamente di chi parlava, ma l’afferrai per le spalle e la scossi.
«Chi? Mary? Qualcuno ha preso Mary?»
«Vlad!», rispose.
«Dove?»
«Il castello…».
Salii con un balzo sul calesse e impugnai le redini; accanto a me Dunya si torceva le mani, piangendo in modo penoso:
«Non mi lasciate! Per favore, fatemi venire!».
«E piu sicuro per te restare qui», dissi, e incitai i cavalli, ma lei riusci ad afferrarsi alla carrozza in movimento e sali, dicendo, con una determinazione che mi commosse:
«E la mia padrona; non posso lasciarla sola! Il bambino sta arrivando e lei ha bisogno di me».
Cosi mi diressi al castello equipaggiato con null’altro che una lanterna, il revolver di papa, e la cameriera.
Mentre ci avvicinavamo a quelle grigie mura di pietra, esse apparivano piu che mai ostili e abbandonate; dapprima supposi che fosse il mio stato mentale a farle apparire cosi, poi mi accorsi, mentre fissavo i grandi e antichi bastioni scuri che si innalzavano contro il cielo ancora piu scuro, che non c’era una sola finestra alla quale brillasse della luce.
Fermai il calesse nel cortile e porsi le redini a Dunya.
«Rimani qui. Se non ritorno con Mary entro un quarto d’ora, mettiti in salvo», le dissi.
Il terrore dilato a dismisura i suoi occhi, ma rispose risolutamente:
«Restero qui finche ritornerete con la
Cercai anche di lasciarle la lanterna, ma lei insistette che la portassi e cosi, con la lampada in mano, cercai di aprire il grande portone, che era stato sprangato. Per questo feci il giro verso la piccola entrata nella parte est del castello, che conoscevo soltanto perche avevo visto dei domestici che la usavano. Con la mano libera tirai fuori il revolver e mi feci strada attraverso i corridoi stretti, poi salii la tortuosa scala centrale diretto verso l’ala degli ospiti.
Mi sforzai di udire i lamenti di una donna che partorisce, ma il castello era privo di luce e di rumori, come una tomba, tranne che per l’oscillante chiarore giallo gettato dalla lampada e il risuonare dei miei passi frettolosi. Eppure non riuscii a liberarmi della sensazione che nell’ombra si celasse una malvagia e vigile intelligenza, consapevole di ogni mia mossa. Sfrecciai di stanza in stanza, di piano in piano, sempre piu veloce, chiamando, dapprima piano e poi, preso dalla disperazione, gridando, il nome di Mary.
Silenzio! Solo silenzio e oscure camere da letto non utilizzate da secoli e ricoperte di polvere.
Il mio passo e la mia agitazione crebbero finche, alla fine, rimasero da controllare solo due stanze: le stanze per gli ospiti e le camere private di V. La direzione delle mie ricerche mi fece arrivare prima nelle stanze degli ospiti, la mia migliore speranza. La porta dove, in precedenza, un arruffato e bagnato Herr Mueller ed io avevamo parlato era spalancata, e le stanze erano buie come il resto dell’edificio.
La morte di mia sorella e il mio terrore per Mary mi avevano fatto dimenticare totalmente i poveri visitatori per tre giorni; me ne ricordai in quel momento, con un brivido di terrore. Tenendo alta la lanterna, attraversai il salone esterno, quindi entrai nella camera da letto, questa volta chiamando sia il nome di Mary che quello dei Mueller.
Con mia amara delusione, anche quella camera era deserta, sebbene i segni dei suoi ultimi abitanti fossero fin troppo evidenti; una camicia da notte da donna bianca in merletto e seta, di quel tipo elaborato indossato dalle spose nella loro prima notte di nozze, pendeva dal bordo di una sedia vicina, dove era stato gettato con gioioso abbandono, e sul grande letto con baldacchino, nel centro del quale notai un piccolo fiore di sangue rappreso, le lenzuola, i cuscini e il copriletto erano stati gettati via e attorcigliati in mucchi disordinati e sgualciti.
Soltanto uno della mezza dozzina di cuscini era rimasto al suo posto, all’estrema sinistra, contro la testata del letto. Appoggiata contro il cuscino solitario, come se fosse stata messa li con estrema cura per guardare cio che avveniva, sedeva una bambola con un vestito da battesimo di pizzo, le mani e la faccia di porcellana e il corpo di stracci. Era caduta in avanti: la testa premeva sulle lenzuola, e le braccia senza vita, ricoperte di merletto increspato, erano tese in avanti cosi che le sue manine erano appoggiate accanto ai ricci bruni ricoperti di lacca.
Nell’angolo piu lontano della stanza c’era una vasca da bagno piena di acqua grigia. Vicino al letto un baule era aperto e in disordine, come se i proprietari vi avessero preso dei capi di vestiario, ma c’erano tanti di quegli oggetti sparsi per la stanza che davano un’idea precisa della quantita di bagaglio che poteva essere stata stipata nel baule. Sembrava che, per una volta almeno, i domestici non se la fossero data a gambe con qualunque bottino fossero riusciti a rimediare.
La lampada non rivelava indizi riguardo a cosa ne fosse stato della giovane coppia, e cosi lasciai le stanze degli ospiti con un senso di cattivo presentimento e fatalismo. Riuscivo a pensare solo alle stanze segrete di V.; sapevo che la risposta al destino di mia moglie e a quello degli ospiti mi attendeva la.
Mi feci strada attraverso corridoi immersi nella notte verso le stanze dello zio e, piu mi avvicinavo, piu il mio terrore cresceva.