Dunya — e presi il mio diario e il mio ritratto che portai qui, nella stanza di Elisabeth. Non dormiro piu nella bara.
Ora, mentre scrivo, accoccolata nel letto lussuoso e comodo di Elisabeth, i miei pensieri ritornano al tradimento di Vlad e all’insistenza di Elisabeth sul fatto che noi non dobbiamo danneggiarlo ora, ma seguirlo in Inghilterra. In verita, il pensiero di andare con lei a Londra — a Londra, finalmente! — mi eccita oltre ogni dire, e vendicarmi di Vlad con lei al mio fianco mi sembra dolce. Ma quanto tempo devo aspettare? Quanto?
Capitolo quinto
Oggi, quando mi sono alzato e ho aperto la porta della sua stanza (poverina, ora sono costretto a tenerla sotto chiave e incatenata, per evitare che Zsuzsanna, a distanza, le comandi di fare del male a se stessa o, Dio non voglia, a mamma), era sorprendentemente vivace.
Sedeva a gambe incrociate sul letto, con la lunga camicia da notte bianca raccolta con noncuranza intorno alle cosce, mentre gesticolava verso un invisibile visitatore e chiacchierava come una ragazzina a un immaginario te. Non riuscii a decifrare cosa stesse dicendo, anche se la cadenza cantilenante e le sibilanti indicavano chiaramente che la lingua era rumeno, una lingua che lei non palla e della quale io ho una conoscenza limitata. Ma le parole non erano completamente formate, cosi che l’effetto era piuttosto come ascoltare un giovane pappagallo che abbia afferrato il ritmo e l’intonazione dei discorsi del suo padrone, ma che sia ancora incapace di pronunciarli con chiarezza.
Per lo spazio di un minuto, forse due, rimasi in silenzio a osservare quella strana pantomima farfugliata. Gerda non diede segno di accorgersi di me finche, all’improvviso, si volto per gettarmi uno sguardo di traverso, sbuffando rivolta alla sua invisibile compagnia: «
Ma, mentre mi sbirciava da sotto le palpebre semichiuse, i suoi occhi si aprirono lentamente, e sia il sorriso che la derisione scomparvero dal suo viso. Per il piu fuggevole dei secondi, lei mi riconobbe e io riconobbi lei, e vidi il viso del mio torturato amore, di mia moglie, una prigioniera, non di lucchetti e sbarre, ma di un carceriere infinitamente piu crudele: la follia.
Quella era Gerda come mi era apparsa quasi un quarto di secolo prima, con il pallido e grazioso volto di una gentildonna e gli scuri occhi sofferenti di una pazza, occhi cosi turbati e disperati che, quando mi guardavano da sotto una cortina scarmigliata di lunghi capelli neri (Katya li aveva lavati e spazzolati), lacrime di compassione riempivano i miei.
«Gerda», bisbigliai pieno di desiderio, e allungai la mano per toccare la sua. Ma lei si volto, con il viso inespressivo; tutta la vivacita e l’espressione erano scomparse rapidamente, sostituite dalla vacuita che sono arrivato a odiare tanto.
Nulla di cio che dissi riusci a smuoverla, cosi mi arresi e mi dedicai a mamma per alcune ore, prima di controllare nuovamente Gerda.
Questa volta, i miei sforzi ebbero un risultato. Gerda scivolo, con grande facilita e naturalezza, in una
Ma, mentre non voleva divulgare informazioni riguardo a Vlad, alla domanda «E tu come stai? Sei forte?», grido con entusiasmo giovanile: «Cosi forte e felice come non sono mai stata in vita mia!». Al sentire cio, il mio cuore ebbe un tuffo, ma il mio sgomento fu rapidamente vinto dalla curiosita, quando lei aggiunse: «E tutto a causa di Elisabeth…».
«Elisabeth? Chi e?».
Senza dubbio, il
Cadde in silenzio e strinse le labbra, come se fosse decisa a non rispondere; temetti che il nostro incontro fosse giunto a una fine prematura. Ma poi rispose piano: «La mia piu cara amica…», e non volle dire altro sull’argomento, nemmeno se Elisabeth fosse una mortale o meno (non puo esserlo, naturalmente, se e in grado di far recuperare tanto facilmente la forza a Zsuzsanna. In tutta franchezza, cio mi terrorizza. Che tipo di immortale e, se e piu potente persino dell’Impalatore? E come potrei sperare di sconfiggere una tale creatura?).
Insistetti ulteriormente.
«E ora sei in grado di lasciare il castello?».
Immediatamente — con mio sollievo — la sua espressione si rabbuio.
«No», disse, con evidente rabbia. «Ma lo faro presto, quando andremo a Londra».
Londra! Il mio cuore comincio a battere forte contro lo sterno come se chiedesse prepotentemente di uscire. Mio padre, Arkady, mi aveva raccontato che Vlad aveva espresso il desiderio di andare in Inghilterra circa cinquant’anni prima, a Londra, dove non e conosciuto e temuto, e c’e un numero molto piu grande di potenziali vittime.
Posi alcune altre domande ma, in verita, non ricordo le risposte che diede, poiche ero troppo scosso dal sapere che Vlad e Zsuzsanna — e chiunque questa Elisabeth potesse essere — sarebbero presto fuggiti.
Cosi, stanotte, ho eseguito un rito formale per trovare una guida e un aiuto e, per la prima volta, ho cercato di evocare Arminius, cosi come uno potrebbe evocare un dio o un demonio. Con mio disappunto, lui non e apparso, e cosi ho eseguito nel Cerchio una magia per trovare una guida.
E chiaro che ha intenzione di partire per Londra, ma non immediatamente. Aspettero e rimarro all’erta in attesa di un segnale di partenza.
Ma due carte relative al rito ancora mi turbano: il Diavolo e la Sacerdotessa. La magia mi indica che vogliono dirmi qualcosa su questa misteriosa Elisabeth.
La mia mente ansiosa era concentrata su quei simboli mentre sonnecchiavo al capezzale di mamma, quando mi afferro il sogno dell’Oscura Creatura nei boschi. Ancora una volta, c’era il mio maestro, Arminius, splendente e chiaro nella sua purezza e gentilezza, servito dal suo familiare, il lupo Archangel. Di nuovo gridai, ma non ottenni ancora nessuna risposta, nessuna consolazione, da colui che mi aveva tanto aiutato nel passato.
Poi venne il momento in cui la Grande Oscurita si avvicino e comincio a cambiare forma…
L’Oscurita non cambio piu da lupo a bambino, a uomo. No, questa volta si trasformo direttamente da animale in donna. E l’Oscurita si rischiaro lentamente finche la sagoma nera divenne, invece, piena di colore.
Senza parole, fissai la visione davanti a me: era quella di una donna impossibilmente bella, con i lunghi capelli ondulati che catturavano la luce del giorno come oro filato, gli occhi del blu piu profondo del mare. La sua pelle era alabastro baciato dal rosa delicato dell’eterna giovinezza, quel chiarore preternaturale tanto spesso visto sul viso di Vampiri desiderosi di affascinare la preda. Si, la sua era una bellezza che faceva piangere l’osservatore di ammirazione davanti a tanta gloria, ma io non provai una tale gioia, ma soltanto il terrore piu puro.
Nel vedere il mio terrore, lei rise, gettando indietro la testa e scuotendo le onde dorate dei suoi capelli, tanto da farle brillare al sole: brillare come i suoi piccoli denti, innaturalmente bianchi. I canini non erano aguzzi come mi ero aspettato, ma di una dimensione perfettamente normale; quella consapevolezza servi soltanto ad aumentare la mia paura finche, sconvolto, gridai forte.
Mi svegliai sudato e vidi mamma che mi guardava e stringeva debolmente le coperte in uno sforzo confuso di allungare un braccio e di confortarmi.
«Bram?».
La sua voce, fragile e rotta, sembrava una parodia di quella che era stata prima della malattia, ma io mi commossi al vedere lo sguardo di riconoscimento e preoccupazione nei suoi occhi stanchi. Sono occhi radiosi, gentili, pieni d’affetto, del colore dei fiordalisi: l’opposto assoluto di quelli che appartenevano alla donna del sogno,