quelle mura di pietra non diminuiva e cosi, alla fine, mi slaccio i vestiti e mi porto a letto, dove tento di alleviare la mia ansia in un modo piu sensuale. Mentre scrivo mi viene in mente che questa e stata la prima volta che abbiamo fatto l’amore senza che il sangue fosse cosparso sui nostri corpi e senza che io mi fossi appena nutrita. Elisabeth era decisa a migliorare il mio umore, ma i suoi sforzi mancavano stranamente di passione. Quando anche il suo pallido entusiasmo comincio palesemente a svanire, la scacciai con la mano. Offesa, se ne ando con furia… dove, non lo so, poiche persino con il mio udito soprannaturale, non riuscii a distinguere alcun suono in nessuna parte del castello. Non la vidi piu fino a dopo il tramonto.

Per quel momento si era alzata la luna, grande, gialla e circondata da un radioso alone di nebbia in un cielo stellato color indaco. Era una notte calda e bella — anche piu bella perche avevo la sensazione che Vlad se ne fosse andato dal castello, lasciando dietro di se un’atmosfera di piacevolezza — e insopportabilmente romantica, specialmente ora che la mia Elisabeth se n’era andata. Prima di incontrarla, il chiarore della luna piena mi faceva dolere gli occhi a tal punto che evitavo di cacciare ma, questa notte, mi sembrava delizioso, invitante, e il biancore incandescente della luna, increspato di chiaro oro, mi ricordava la pelle e i capelli del mio amore.

Fortunatamente, nel frattempo, Dunya si era alzata dalla sua bara, e io mi distrassi dalla mia solitudine parlando con lei; la sua natura era troppo dolce per mostrarlo, ma io so che sta diventando gelosa dell’ovvio favore di Elisabeth nei miei confronti. Siedo qui con vestiti nuovi e gioielli, meravigliosamente pettinata, mentre Dunya ancora trascorre il giorno nel logoro (ma grazioso) vestito che le comperai venti anni fa a Vienna, con i suoi capelli rosso scuro intrecciati e raccolti nello stesso modo delle serve di Vlad di quattro secoli fa.

Da quando lei e entrata a far parte dei Morti Viventi, ho cercato consapevolmente di trattarla meno come serva e piu come un’eguale, ma c’e, chiaramente, una distinzione di classe che non puo essere infranta. Penso che, quando glielo si ricorda, si feriscano i suoi sentimenti. Che inferno sapere che si e condannate a rimanere una domestica per tutta l’eternita! Ma non c’e niente da fare.

Ad ogni buon conto, feci del mio meglio per rassicurarla. Le dissi che avevo chiesto a Vlad di portarci del cibo, che doveva arrivare molto presto. Questo la rincuoro un po’ giacche, sebbene sia un po’ piu folte di quanto non fosse prima, la fame l’ha nuovamente indebolita al punto che non puo andare a caccia per se stessa (anche se potesse, grazie alla sciocca magia di Vlad, si troverebbe probabilmente intrappolata all’interno del castello, come me).

Ma, proprio mentre finivo il mio racconto, Dunya si mise seduta sulla sedia e alzo il naso per assaporare l’aria.

«Sangue caldo!». Si alzo immediatamente e corse verso la porta della sua camera da letto, seguendo l’odore. «Doamna, c’e un mortale qui!».

Si precipito fuori verso il salotto a una velocita incredibile. La seguii e la udii trattenere leggermente il respiro quando i nostri sguardi incontrarono, nello stesso momento, l’inglese.

Era seduto alla scrivania con la penna in mano, e stava scrivendo con furia su un piccolo diario al chiarore della lampada e della luna. Eravamo entrambe entrate nella stanza con tale fretta che i suoi occhi mortali non riuscirono forse a percepire il nostro ingresso, ma evidentemente era sensibile, poiche guardo, aggrottando la fronte, nella nostra direzione.

«Dormi», gli ordinai.

Subito si alzo con la penna e il diario nella mano, poi spinse goffamente il lungo divano in un chiaro riquadro di luce lunare davanti alla grande finestra, quella che guarda sul grande strapiombo e la valle della foresta molto piu lontano. Subito si distese, fortunatamente sul fianco giusto, perche il russare, che comincio immediatamente, era meno stertoroso del solito (se e veramente fidanzato, ho pieta della sua povera, futura moglie).

Dunya batte le mani e rise, felice come una bambina a cui viene dato un nuovo dono.

«Com’e bello!», esclamo.

«E un ospite di Vlad», mormorai, mentre assentivo silenziosamente al commento di Dunya. Sveglio, vestito e ben pettinato, sembrava ancora piu attraente, e aveva — in giacca, camicia, pantaloni e ricci castani ben impomatati — un’aria da gentiluomo. Aveva anche un principio di barba scura, che dava ai suoi lineamenti da ragazzo una piacevole severita e faceva sembrare la mascella e le guance piu magre e scavate.

Cadde cosi profondamente in trance che il diario e la penna, che fino a quel momento aveva gelosamente stretto in mano, caddero dalle sue dita ora rilassate sul divano. Prima che potessi reagire, il pennino cadde direttamente sul broccato vecchio di secoli e l’inchiostro venne immediatamente assorbito, lasciando una piccola macchia nera che non si sarebbe mai potuta lavare.

«Che ospiti sbadati!», esclamai. «Veramente, non hanno alcun rispetto per la proprieta altrui!».

Feci scivolare la penna nella tasca della giacca, con il pennino rivolto verso il basso. Comunque, presi il diario in mano, sperando di ingannare Dunya e farle credere che non avevo mai incontrato il garbato Mr. Harker.

«Umpf! Che razza di scrittura da gallina e mai questa? Perche non scrive in inglese?». Alzai gli occhi dal piccolo libro in direzione dell’uomo che dormiva. «Bene, lo farai, signore, da ora in avanti», comandai, con la voce di un ipnotizzatore. «Puoi pensare di stare scrivendo in questi bizzarri scarabocchi ma, in verita, scriverai tutto in perfetto inglese. In che altro modo potrei soddisfare la mia curiosita?».

Poi mi chinai e feci scivolare il diario accanto alla penna.

Quando mi alzai, guardai oltre, e vidi la povera Dunya fissare come paralizzata Harker, con le labbra dischiuse, i denti aguzzi e splendenti scoperti, e gli occhi pieni di una fame folle che era dolorosa a vedersi. Ma era ancora trattenuta da una barriera invisibile di paura.

«Non devo!», mormorava: ne a me ne a Harker, ma a se stessa. «Non devo! Lui mi distruggerebbe…».

Intendendo con “lui”, Vlad, naturalmente, e io aprii la bocca per dire: Non c’e piu alcuna ragione di temere Vlad, cara compagna. L’uomo e tuo. Prendilo!

Ma, prima che potessi parlare, sentii, piu che udire, il frusciare di gonne morbide contro la pietra, e il ticchettio di piccoli e duri tacchi. E li, sull’uscio ad arco, stava Elisabeth. Come avevo potuto non sentire che si avvicinava… a meno che lei non si fosse, intenzionalmente, mossa in silenzio.

Con mio sollievo, non era piu arrabbiata; invece, era sorridente e allegra, e guardo Harker con divertimento mentre entrava gaiamente, stringendo le gonne.

«Ah! Il nostro inglese sembra perso».

Lasciai Dunya a sbavare sul nostro inatteso ospite e mi avvicinai ad Elisabeth, che mi prese per la vita e mi bacio sulla guancia, come se la sua furiosa partenza non fosse mai avvenuta. Cosi osai chiederle, in inglese, che per l’ignorante Dunya avrebbe potuto essere anche cinese:

«Non sopporto piu di vederla soffrire cosi o di temere, senza necessita, l’ira di Vlad. Per amor mio, permettile di bere senza conseguenze, come lo hai permesso a me…».

Quasi mi attendevo un nuovo scatto d’ira da parte sua o, per lo meno, un’infastidita ripetizione di come sarebbe stato meglio non chiedere troppo ai suoi poteri finche non fosse arrivato per noi il momento di partire.

Ma era di un umore tanto buono quanto non l’avevo mai vista, e sospiro soltanto con affettuoso fastidio accarezzandomi la guancia con la mano. Un angolo della sua bocca rossa si contrasse rivelando una profonda fossetta di lato mentre si voltava per guardare Harker e la sua disperata ammiratrice.

«Dunya, mia cara! Prendi l’ospite: e tuo. Solo stai attenta e non prosciugarlo fino a farlo morire, altrimenti non saro in grado di proteggerti dall’ira di Vlad».

Tremando di desiderio e terrore, la piccola serva guardo Elisabeth con gli occhi scuri, grandi e confusi.

«Ma, doamna, se lo faccio, il Principe vedra il segno!», mormoro.

Mi feci avanti.

«Non lo vedra. Elisabeth puo fare in modo che quei segni scompaiano».

Sul viso di lei, l’ombra lottava con la luce: l’ombra, mentre si chiedeva come io potessi saperlo, a meno che Elisabeth non l’avesse fatto per me, cosa che significava che io avevo tenuto lontana la mia leale compagna dal sangue nutriente, il sangue di quell’ospite; la luce, mentre cercava di reprimere il dubbio e l’ira per concentrarsi, invece, su quella meraviglia che le riportava la speranza, di poter bere a sazieta alla fonte di Harker senza pericolo di punizioni.

Come sempre, l’ira cedette alla fame. Lei si chino sull’inglese, le cui palpebre si mossero; evidentemente, lui la stava guardando con la stessa piacevole attesa che lei aveva per lui poiche, mentre lei si avvicinava, le labbra dell’uomo si aprirono sensualmente per respirare piu rapidamente. I sospiri di lui mi provocarono un caldo e

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