Con un po’ di trepidazione andai. Il mio cuore era ancora terribilmente addolorato dopo la terribile sconfitta con Lucy, e temevo di trovare un’altra gentildonna colpita dalla maledizione del Vampiro.
Fortunatamente, quando arrivai a Exeter ed entrai nello studio di Mrs. Harker, vidi una giovane donna piena di salute: le sue guance e le labbra rosa erano un benvenuto e una bella vista dopo il pallore della povera Lucy. Anche piu bella era la vista del suo lungo collo che si alzava puro e senza segni da un vestito scollato. Ma Madam Mina (non potei resistere a chiamarla subito cosi, poiche era chiaro che la morte di Lucy ci aveva gia unito in amicizia) non aveva affatto l’aspetto che mi attendevo. Le sue lettere indicavano una donna di una tale maturita e saggezza che io l’avevo immaginata piu grande di Lucy, piu alta e piu robusta.
Ma era di tutta la testa piu bassa della sua defunta amica, una minuscola creatura dall’aspetto fragile, a malapena piu grossa dei bambini ai quali aveva insegnato prima del suo recente matrimonio con Mr. Harker. Anche il suo viso era quello di una bambina — a forma di cuore sotto una capigliatura castano scuro acconciata alla Pompadour, con grandi occhi a mandorla, un naso piccolo e una bocca simile a un bocciolo di rosa — cosi innocente e ingenuo che avrebbe sempre attraversato la vita sembrando molto piu giovane dei suoi anni.
Ah, ma quegli occhi… Mi ricordavano quelli di John, poiche erano sensibili, intelligenti, veloci nell’assorbire ogni dettaglio, e fortunatamente liberi da ogni traccia di luccicante indaco traditore. In effetti, anche nella chiara luce del giorno che proveniva dalle imposte aperte, le si poteva vedere intorno un deciso chiarore viola: una forte aura per una donna forte.
Quando arrivai, apparentemente era immersa nel lavoro, poiche udii un battere di tasti nel corridoio, che cesso nell’istante in cui la cameriera busso per annunciare il mio arrivo. Quando la porta si spalanco, vidi che un angolo del salotto era stato trasformato in studio. Dietro di lei si trovava una scrivania sulla quale vi erano dei giornali accatastati, un piccolo diario nero, della carta bianca ammucchiata in un cestino di fil di ferro, e una grossa macchina da scrivere con un foglio di carta inserito.
In quella pausa di un secondo in cui ci guardammo l’un l’altro e io verificai che lei era veramente Mrs. Harker — Mina Murray — quegli occhi intelligenti mi esaminarono con grande attenzione, ma in modo cosi rapido da non mancare di cortesia. In apparenza lei ebbe di me un’impressione tanto favorevole quanto io di lei, poiche un’espressione di impercettibile calore le apparve sul viso.
Si avvicino con uno sguardo cortese e tese una mano delicata e pallida, un terzo la grandezza della mia, grande, callosa e scura. La presi, grato di sentire con il tatto che la mia valutazione visiva di lei era stata accurata: lei non era vittima della maledizione, non era segnata. Cosi il sorriso che le rivolsi fu il primo genuino dopo molti giorni.
«Madam Mina», dissi, usando istintivamente l’appellativo meno formale, che sembro farle piacere. «Vengo a causa della defunta».
Il suo sguardo era piacevolmente intenso e diretto (come noi olandesi preferiamo), senza il distogliere e il chiudere gli occhi cosi prediletto dalle donne inglesi. Vi vidi l’amore per la defunta amica, e un’onesta gratitudine nei miei confronti; quando parlo, seppi che lo fece direttamente dal cuore.
«Signore», rispose, con una voce forte, matura, che negava la sua apparenza giovanile, «voi non potete desiderare una migliore presentazione dell’essere stato amico e di aver aiutato Lucy Westenra».
Passato il momento delle presentazioni, lei chiese quali informazioni precisamente desiderassi da lei, e io spiegai il mio bisogno di certe informazioni riguardo a Whitby: tante quante fosse in grado di ricordarne.
«Bene, vi posso dire tutto al riguardo», disse, facendomi cenno di sedere su un vicino divano. «L’ho messo tutto per iscritto. Vorreste vederlo?».
Naturalmente. Cosi prese il diario nero dalla scrivania e me lo porse con un improvviso lampo malizioso negli occhi; sembra che Madam Mina abbia un senso dello humour piuttosto spiccato.
Aprii il diario, con l’intenzione di leggere immediatamente, ma sulla pagina vi erano dei chiari ma totalmente incomprensibili scarabocchi, riccioli, e linee. «Mr. Jonathan Harker e un uomo fortunato», dissi, porgendoglielo, «ad avere una moglie cosi piena di talento, ma ahime, io non conosco la stenografia. Vorreste essere tanto gentile da leggermela?».
La giovane arrossi mentre prendeva il diario e, subito, prese un mucchietto di fogli dal cestino di ferro.
«Perdonatemi. Ecco: quando mi avete detto che desideravate chiedermi di Lucy, vi ho preceduto, e ho scritto per voi tutte le registrazioni di Whitby con la macchina da scrivere».
La ringraziai con estrema sincerita per la sua fatica e chiesi se le potevo leggere in quel momento; lei acconsenti e si scuso, dicendo che sarebbe andata a controllale la preparazione del pranzo.
Chiuso nella tranquillita del salotto, lessi rapidamente le registrazioni. Parlavano di Whitby, di Lucy, e di parecchi incidenti di sonnambulismo; in un punto, era chiaro che aveva salvato Lucy — senza saperlo — proprio dall’abbraccio del Vampiro. Il diario, ovviamente, doveva essere privato, poiche menzionava la sua estrema ansia per l’allora fidanzato, Jonathan, che era apparentemente all’estero e non aveva scritto per un po’ di tempo.
Non pensai per niente a questo fatto, concentrando invece tutta la mia attenzione sugli eventi in cui Vlad era coinvolto con grande chiarezza. Fino al momento in cui lessi la registrazione del 26 luglio, quando Madam Mina aveva appena ricevuto la lungamente attesa lettera da Jonathan, spedita dal suo impiegato. Una frase sembrava risaltare nella pagina:
«E soltanto una riga scritta dal Castello Dracula e dice che sta partendo verso casa».
Fui contento che lei mi avesse lasciato solo, poiche imprecai a voce alta e colpii il divano con un pugno alla vista di quel nome. Jonathan al Castello Dracula! E quindi questa dolce signora, dalla quale io ero stato immediatamente colpito, non era affatto al sicuro: era in grande pericolo! La malvagita del Vampiro non l’aveva toccata soltanto una volta, attraverso la morte della sua piu cara amica, ma anche attraverso suo marito.
Lessi ancora e appresi che Jonathan aveva sofferto di “febbre cerebrale”, poiche aveva delirato come un folle davanti al capostazione di Klausenburgh per avere un “biglietto per casa”. Sebbene non avesse un penny, la sua condotta violenta aveva spaventato quelli del luogo che gli avevano dato un biglietto per la destinazione piu ad ovest, Budapest. Li era stato trovato in un tale stato mentale che fu portato subito in un sanatorio, le cui buone suore ne diedero notizia a Madam Mina, che venne e lo porto a casa in Inghilterra (fu nel sanatorio di Budapest che si sposarono).
Dopo che ebbi letto tutto, misi da parte i fogli e cominciai a pensare. Avevo gia preso la decisione di mettere a parte Quincey e Arthur delle nostre (cioe, di John e mie) conoscenze riguardo al Vampiro, poiche sembrava giusto che entrambi prendessero parte alla vendetta per la morte della donna che amavano.
E Madam Mina, non aveva lo stesso diritto? Anche se Jonathan non fosse stato morso, aveva gia sofferto un grande tormento mentale. Ricordai l’amara frase di John: Lucy non aveva saputo nulla del Vampiro, eppure cio non l’aveva protetta minimamente. Quindi, suppongo che sia vero: la conoscenza e il potere, anche se, in questo caso, e solo il potere di arrendersi… o di fuggire.
In ogni caso, era troppo tardi; avevo gia aperto il mio cuore a questa donna e mi preoccupavo del suo benessere quanto mi ero preoccupato di quello di Lucy. Non potevo semplicemente andarmene e lasciarla li a fare, da sola, la terribile scoperta riguardo a suo marito, o diventare la vittima dell’attacco di lui o di Dracula.
Percio, quando Madam Mina ritorno, la ringraziai fervidamente per il suo illuminante manoscritto, anche se sarebbe stata colta dall’orrore nel sapere cosa avevo scoperto alla luce di esso. Il piu casualmente possibile, feci un’osservazione circa la febbre cerebrale di suo marito e chiesi se era guarito completamente.
Subito un’ombra velo la sua espressione e una profonda ruga apparve tra le sue scure e delicate sopracciglia; si fermo e disse con cautela:
«Era
Annuii e, con qualche commento partecipe, la spinsi a parlarne un po’ di piu.
Questo accrebbe il suo sconforto finche la ruga fu raggiunta da altre sulla fronte, e le sue labbra piene a bocciolo di rosa si strinsero in una linea sottile. «Provo… un certo spavento lo scorso giovedi, quando eravamo in citta, passeggiando a Piccadilly».
Di nuovo la sollecitai a rivelare qualcosa di piu, finche appresi che lo aveva reso cupo la vista di un uomo (non un uomo mortale, sospetto!), un uomo che chiaramente aveva avuto qualcosa a che fare con la sua malattia al cervello.
All’improvviso si inginocchio. Non in lacrime o presa dall’isteria ma cosi stravolta dalla paura e dalla preoccupazione per suo marito, che alzo le braccia verso di me e mi supplico di aiutarlo, di farlo stare ancora bene. Sebbene non lo dicesse, capii che temeva che Jonathan stesse diventando pazzo.