riusciva a far girare la chiave. Perche poi si prendesse la briga di chiuderla a chiave, proprio non lo capivo. Nessuno gliela avrebbe mai rubata. Era in giacca e cravatta e, tranne che per le borse scure sotto gli occhi, sembrava stesse molto meglio.

«Mi spiace scocciarti» dissi «ma devi andare in tribunale a fissare un’altra data per l’udienza.»

«E il lavoro? Devo andare al lavoro.»

Melvin Baylor era solo un povero sempliciotto. Dove avesse preso il coraggio di pisciare sulla torta rimaneva un mistero.

«Dovrai entrare in ritardo. Chiamo Vinnie e gli dico di aspettarci in Comune. Non dovrebbe volerci molto.»

«Non riesco ad aprire la macchina.»

«Allora e la tua giornata fortunata, perche hai vinto un giro sulla mia moto.»

«Odio questa macchina» disse Melvin. Fece un passo indietro e diede un calcio allo sportello facendo cadere un grosso pezzo di metallo arrugginito. Prese lo specchietto laterale e lo strappo via gettandolo poi a terra. «Fottutissima macchina» disse, allontanando con un calcio lo specchietto che fini in mezzo alla strada.

«Ben fatto» dissi. «Ma ora dobbiamo andare.»

«Non ho finito» disse Melvin, provando la chiave nella serratura del portabagagli, ma senza riuscire ad aprirlo. «Cazzo!» urlo. Appoggiandosi sul paraurti sali sul portabagagli e ci salto sopra piu volte. Poi sali sul tettuccio e continuo a saltare.

«Melvin» dissi «stai un tantino esagerando.»

«Odio la mia vita. Odio la mia macchina. Odio questo vestito.» Per poco non cadde, salto goffamente giu dall’auto e provo di nuovo ad aprire il portabagagli. Questa volta ci riusci. Frugo dentro e tiro fuori una mazza da baseball. «Ah-ah!» fece.

Oh cavolo.

Melvin brandi la mazza e comincio a menare colpi sulla macchina. La colpi con forza, fino a sudare. Diede un colpo al finestrino laterale che ando in frantumi, facendo volare i pezzi di vetro. Fece un passo indietro e si guardo la mano. Si era fatto un bel taglio. Sangue dappertutto.

Merda. Smontai dalla moto e feci sedere Melvin sul marciapiede. Tutte le casalinghe dell’isolato erano uscite in strada per assistere allo spettacolo. «Mi serve un asciugamano» dissi. Poi chiamai Valerie e le chiesi di portare la Buick a casa di Melvin.

Valerie arrivo dopo un paio di minuti. Melvin aveva la mano avvolta in un asciugamano, ma sia il vestito sia le scarpe erano macchiati di sangue. Valerie scese dall’auto, diede un’occhiata a Melvin e stramazzo. Bang. Sul prato dei Selig. Lasciai Valerie distesa sul prato e accompagnai Melvin al pronto soccorso. Lo affidai a un’infermiera e tornai a casa di Melvm. Non avevo tempo di aspettare che gli mettessero i punti. A meno che non gli fosse venuto un collasso per emorragia, avrebbe probabilmente dovuto attendere per delle ore prima di vedere un medico.

Valerie era in piedi, sul marciapiede, e aveva un’aria confusa.

«Non sapevo cosa fare» disse. «Non so guidare la motocicletta.»

«Nessun problema. Puoi riprenderti la Buick.»

«Cosa e successo a Melvin?»

«Una crisi di nervi. Si riprendera.»

La mia tappa successiva fu l’ufficio. Pensavo di essermi vestita in modo impeccabile, ma Lula mi fece sentire una vera dilettante. Portava degli stivali comprati al negozio della Harley, pantaloni in pelle, giubbotto senza maniche in pelle e teneva le chiavi legate a una catena agganciata alla cintura. Sullo schienale della sedia aveva appoggiato una giacca di pelle che aveva una fila di frange lungo tutto il braccio e lo stemma della Harley cucito sulla schiena.

«Nel caso dovessimo uscire in moto» disse.

Terrificante biker donna in completo di pelle nera semina il caos per le strade. Traffico bloccato per chilometri a causa dei curiosi che si fermano a guardare.

«Sara meglio che ti sieda e ascolti quello che ho da dirti a proposito di DeChooch» mi disse Connie.

Guardai Lula. «Tu sai gia di DeChooch?»

Il viso di Lula si apri in un sorriso. «Si, Connie me ne ha parlato stamattina quando sono arrivata. E ha ragione, ti conviene sederti.»

«Lo sanno solo quelli della famiglia» inizio Connie. «Finora e rimasto praticamente un segreto quindi non devi dirlo a nessuno.»

«Di che famiglia stiamo parlando?»

«Di quella famiglia.»

«Ricevuto.»

«Le cose stanno cosi…»

Lula stava gia ridacchiando, incapace di trattenersi. «Scusate» disse. «Mi fa crepare dal ridere. Aspetta di sentire tutto e ti rotolerai per terra.»

«Eddie DeChooch aveva messo in piedi un accordo per contrabbandare delle sigarette» inizio Connie. «La sua idea era di fare una piccola operazione che potesse gestire da solo. Cosi ha affittato un camion ed e andato a Richmond a prelevare gli scatoloni di sigarette. Mentre e a Richmond, a Louie D viene un infarto e muore. Come saprai, Louie D e originario del New Jersey. Ha sempre vissuto qui e poi, un paio di anni fa, si era trasferito a Richmond per occuparsi di affari. Cosi quando Louie D rimane stecchito, DeChooch prende il telefono e informa immediatamente la famiglia qui nel New Jersey.

«La prima persona che DeChooch chiama, ovviamente, e Anthony Thumbs.» Connie si fermo, si sporse in avanti e abbasso la voce. «Se ti dico Anthony Thumbs, sai a chi mi riferisco?»

Annuii in silenzio. Anthony Thumbs controlla Trenton. Il che non e poi un grande onore, dato che Trenton non e quel che si dice il centro dell’universo malavitoso. Il suo vero nome e Anthony Thumbelli ma tutti lo chiamano Anthony Thumbs. Visto che Thumbelli non e un nome tipicamente italiano, presumo che sia stato coniato a Ellis Island e tale e rimasto, proprio come il cognome di mio nonno, Plumerri, e stato accorciato in Plum da un impiegato dell’ufficio immigrazione oberato di lavoro.

Connie prosegui. «Ad Anthony Thumbs, Louie D non e mai piaciuto troppo, ma in qualche modo misterioso e suo parente, e Anthony sa che la tomba di famiglia e a Trenton. Cosi Anthony Thumbs agisce da bravo capofamiglia e dice a DeChooch di scortare Louie D in New Jersey per la sepoltura. Solo che Anthony Thumbs, che non e certo noto per la sua eloquenza, dice a Eddie DeChooch, che dal canto suo non ci sente, “Portamelo, per l’onore”. Testuali parole. Anthony Thumbs dice a Eddie DeChooch: “Portamelo, per l’onore”.

«DeChooch sa che non corre buon sangue tra Louie D e Anthony Thumbs. Pensa che si tratti di una vendetta e crede che Thumbs gli abbia detto: “Portami il suo cuore”.»

Rimasi a bocca aperta. «Cosa?»

Connie stava ghignando mentre le guance di Lula erano rigate di lacrime per il troppo ridere.

«Questa e la parte che preferisco» disse Lula. «E la mia preferita.»

«Giuro su Dio» disse Connie. «DeChooch pensava che Anthony Thumbs volesse il cuore di Louie D e cosi, di notte, Eddie fa irruzione nell’impresa di pompe funebri, trincia per benino Louie D ed estrae il cuore. A quanto pare ha dovuto spaccargli un paio di costole. L’impresario delle pompe funebri ha detto…» Connie dovette fermarsi un momento per ricomporsi. «L’impresario delle pompe funebri ha detto di non aver mai visto un lavoro cosi ben fatto.»

Lula e Connie ridevano cosi tanto che dovettero tenersi ben ferme con le mani sulla scrivania di Connie per non rotolare per terra.

Mi tappai la bocca con una mano, indecisa se ridere insieme a loro o dare ascolto al mio stomaco e vomitare.

Connie si soffio il naso e si asciugo le lacrime con un fazzolettino pulito. «Okay, allora DeChooch mette il cuore in un frigo portatile con un po’ di ghiaccio e parte per Trenton con le sigarette e il cuore. Porta il frigo ad Anthony Thumbs, orgoglioso come non mai, e gli dice che li dentro c’e il cuore di Louie D.

«Anthony da in escandescenze, ovviamente, e dice a DeChooch di riportare quel fottutissimo cuore a Richmond e di farlo rimettere dentro a Louie D dall’impresario delle pompe funebri.

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