Di nuovo gli parve che la voce di Sergio si allontanasse mentre le parole continuavano inesorabilmente a precipitare su di lui. Javier si sta guardando i piedi nudi sul pavimento, il bicchiere di latte di mandorle tenuto alto fino al mento. Si morde il labbro concentrato al massimo, non vuole versarne nemmeno una goccia, e ha un soprassalto nel vedere suo padre comparirgli accanto all'altezza della spalla. La faccia grande e emersa dal buio cosi all'improvviso che per poco Javier non fa cadere il bicchiere, ma, grazie a Dio, suo padre glielo toglie di mano.
«Sono solo io», dice il papa e, spalancando gli occhi in modo esagerato, si stropiccia le dita sopra il bicchiere, dicendo: «Abracadabra».
Rimette il bicchiere in mano a Javier.
«Va tutto bene», dice, baciandolo sulla testa. «Va', portaglielo. Non versarlo.»
Javier stringe il bicchiere, suo padre gli batte qualche colpetto sulla spalla e di nuovo i suoi piedi si muovono sulle piastrelle di terracotta, il contorno di ogni avvallamento e di ogni linea di giunzione impresso nella pianta nuda. Raggiunge la porta, posa il bicchiere sul pavimento; gli occorrono due mani per girare la maniglia. Raccoglie il bicchiere, entra. Sua madre alza gli occhi dal libro, lui richiude la porta con la schiena, arretrando finche non sente lo scatto della serratura. Posa il bicchiere sul comodino e si arrampica sul letto, la mamma lo abbraccia forte e per un momento il bambino Javier si perde nella morbidezza della sua camicia da notte. Sente la mano di sua madre, la mano senza anelli, posarsi sul suo piccolo ventre piatto, fargli il solletico. Sente il suo calore, l'odore di lei nel tessuto di cotone mentre la mamma lo stringe forte, schiacciandogli le costole contro le sue, e gli da un ultimo bacio pieno di trasporto sulla fronte, un bacio che lo segna per sempre con il suo amore.
Javier si immobilizzo sulla sedia tornando alla buia realta della mascherina. I cavi lo stringevano ancora, la palpebra bruciava ancora in un angolo, il velluto della maschera era inzuppato di lacrime e la voce alle sue spalle continuava a far rotolare le ultime parole del diario di suo padre.
Sergio aveva finito e nella casa regnava il silenzio. Le lacrime di Javier, che avevano inzuppato la mascherina mescolate al sangue del taglio sulla palpebra, ora gli rigavano le guance. Si sentiva prosciugato. Dietro di se avverti un movimento, un panno gli si chiuse sul naso e sulla bocca e un odore acre di qualche sostanza chimica disgustosa come l'ammoniaca gli scaravento il cervello in un'altra galassia priva di suoni.
XXXIV
Fu un momento di respiro. Il cervello cloroformizzato volteggio nello spazio in silenzio. Il ritorno alla realta fu frammentario: brandelli di audio, poi schegge di video. La testa si rialzo, la stanza ondeggio, lame di luce colpirono gli occhi e Javier fu risvegliato bruscamente dal terrore che gli fosse stato fatto qualcosa di terribile.
Poteva vedere e le palpebre si sollevavano e si abbassavano ancora. Il sollievo si diffuse in tutto il suo essere. Tossi. Il cavo non gli serrava piu il viso e i piedi erano liberi dalle gambe della sedia, ma i polsi vi erano ancora legati. Si oriento nella stanza. Non era piu rivolto verso la scrivania ora. Si piego in avanti, cercando di inghiottire il groppo che gli si stava agitando nel petto e gli saliva in gola. Singhiozzo, lottando contro i ricordi, ogni certezza in frantumi. Esisteva una possibilita di sopravvivere a tutto cio?
Un rumore. Rotelle sul pavimento. Qualcosa che gli stava passando troppo vicino, un soffio d'aria. Un uomo — Sergio, o Julio ormai? — gli sfreccio accanto fino alla parete di fronte sulla poltrona girevole della scrivania.
«Sveglio?» domando, scostandosi dal muro e portando la poltrona vicino a lui, una vicinanza che gli provoco un attacco di nausea.
Julio Menendez Chefchaouni si distese sulla sedia, rilassato. La prima impressione di Falcon fu di bellezza. L'aspetto era quasi femmineo, lo fece pensare alla star di un gruppo musicale, con i lunghi capelli scuri, i dolci occhi castani, le ciglia lunghe, gli zigomi alti e la pelle chiara, liscia. La specie di viso che un obiettivo avrebbe potuto amare; ma solo per un momento.
«Ecco, Inspector Jefe», disse il giovane, incorniciandosi la faccia con le mani. «Ecco la faccia del male assoluto.»
«Non hai ancora finito?» domando Falcon. «Che altro puo esserci, Julio?»
«Ritengo che il progetto abbia bisogno… non proprio di un finale perche non credo nei finali, e nemmeno nei principi o nelle meta, se e per questo, ma di far conoscere il suo scopo.»
«Il progetto?»
«Come credo abbia scritto tuo padre nei suoi diari: 'Nessuno dipinge piu'. Imbrattare tele non e molto dissimile da quanto facevano gli uomini della caverne.
«E come si chiamerebbe questo tuo progetto?»
«Anche questo e una novita. Il titolo e in continua evoluzione, si tratta di tre parole inglesi che possono essere disposte in qualsiasi ordine, usando qualsiasi preposizione nel mezzo. Le parole sono:
«O