problema anatomico cerebrale, l’esame al microscopio non veniva mai eseguito.

«Per favore, fallo in ogni caso», lo prego. «Fa’ qualsiasi colorazione ti venga in mente alla ricerca di tossine. Era impazzita, Joe. Continuava a parlare di persone che cercavano di ucciderla. Nel giro di pochi mesi si era trasformata da una delle donne piu creative, affascinanti e concentrate, in una persona paranoica che temeva che io stessa cercassi di farle del male.»

«Come posso dirti di no?»

«Grazie, Joe.»

«Ehm… non vorrei renderti questa giornata ancora piu difficile, ma nessuno ha ancora avvisato la sua famiglia.»

«Immaginavo che avrebbe voluto lo facessi io. Entrambi i suoi genitori sono ancora vivi. Negli ultimi anni Kathy non si sentiva piu molto vicina a loro, ma erano in contatto e, quando poteva, faceva suonare il complesso dalle loro parti.»

«Di dove era?»

Estrasse dalla borsa un’agendina tutta stracciata.

«Viene da una citta carbonifera nei monti Appalachi. Ho qui il suo numero telefonico e l’indirizzo. Il paese si chiama Belinda. Belinda nel West Virginia.»

8

Il telefono aveva squillato a lungo, prima che Matt afferrasse la piu vicina delle quattro sveglie che aveva appoggiato sempre piu lontano dal letto. Con la sveglia spenta premuta al petto, si stava sistemando in una posizione fetale quando si rese conto che lo scampanellio continuava.

«Pronto?»

«Dottor Rutledge, sono Jeannie Putnam del pronto soccorso.»

«Che bello.»

«Dottor Rutledge, e sveglio?»

«Sono sveglio. Sono sveglio. Da quanto tempo lavora all’ospedale, Jeannie?»

«Da tre mesi, perche?»

«Non mi creda quando dico che sono sveglio.»

«Ma ora lo e?»

«Si.» Matt accese la lampada sul comodino. «Solo che non sono di guardia.»

«Lo so, ma e appena arrivato qui, al pronto soccorso, un uomo che sostiene che suo fratello continua a svenire. E fuori nel suo camion, ma non vuole entrare, a meno che non sia lei a visitarlo. Quello che e entrato ha detto che non occorre che le dica il nome, lei avrebbe capito chi sono… Dottor Rutledge?»

Matt pose la sveglia sotto la lampada. Le tre e un quarto. Gemette e si stiro. Una dozzina di punti doloranti del suo corpo protestarono. Aveva terminato i giri di visita alle sette di sera, quindi era corso in palestra per il campionato C A di pallacanestro, dove C A stava per contusioni e abrasioni. Aveva avuto un minuto per il riscaldamento, prima di iniziare, con un gruppo di ultratrentenni, due ore e mezzo di battaglia a tutto campo. Aveva conservato un po’ dell’abilita di quando era stato capitano della squadra del liceo, ma la maggior parte dei contendenti aveva perso qualsiasi finezza avesse mai avuto e l’aveva sostituita con un miscuglio di forza bruta e goffaggine legata all’eta. Non fosse stato per i cosiddetti arbitri che s’intromettevano, ogni lunedi e giovedi avrebbero invaso il pronto soccorso.

«Sono sveglio, sono sveglio», ripete. «Solo sbalordito. Quegli uomini saranno probabilmente due dei fratelli Slocumb.»

«Oh, mio Dio.»

«A quanto pare ha gia sentito parlare di loro.»

«Un po’. Vengo da Filadelfia e pensavo che questa storia ‘appalachiana’ fosse stata inventata per scioccarmi. Quanti fratelli sono?»

«Quattro. Puo vedere quello che e entrato al pronto soccorso?»

«No. E tornato al camion. Dottor Rutledge, ha un odore tremendo.»

«Non per lui, forse. Ricorda se ha qualche dente?»

«Cosa?»

«Denti. Ne ha?»

«Solo un paio davanti, credo.»

«Allora dovrebbe essere Lewis. Gli dica di portare suo fratello nel pronto soccorso e di lasciarglielo visitare o io, appena arrivo, voltero la moto e tornero a casa. Sia risoluta. I fratelli Slocumb sono uno piu testardo dell’altro. L’unica possibilita che ha e esserlo piu di loro. Rispettano chiunque abbia fegato.»

«Oh, quello non mi manca», replico Jeannie. «Cio che mi preoccupa e la perdita permanente del senso dell’olfatto.»

«Gli prenda per favore la pressione sanguigna da sdraiato, seduto e, se le pare possa farcela, in piedi.»

«D’accordo.»

«Elettrocardiogramma ed esami di routine se riesce a indurlo a lasciarseli fare. Prelevi inoltre tre unita per la tipizzazione dei gruppi sanguigni, faccia una prova incrociata di compatibilita e si tenga pronta a eseguirne un’altra su altre tre unita.»

«Ritiene abbia una emorragia?»

«Non ne ho idea. Ma non sarebbero mai venuti al pronto soccorso se la faccenda non fosse molto grave. Distillano liquori in una orrenda baracca dietro casa loro. Mi chiedo se il whisky non gli abbia corroso il rivestimento dello stomaco.»

«Mi metto subito al lavoro. Lei e sveglio, vero?»

«Le probabilita sono a favore», ribatte Matt, tirandosi giu dal letto. «Saro li tra quindici minuti.»

Il martellio dietro gli occhi lo spinse a cercare di ricordare quante birre avesse ingollato con gli amici dopo la partita. Non cosi tante, decise, dato che si era svegliato facilmente, di certo non sufficienti per affrontare lo Slocumb accasciato sul sedile anteriore del camion.

I fratelli Slocumb, Kyle, Lyle, Lewis e Frank, erano tutti sulla cinquantina o appena passata la sessantina. Vivevano insieme dalla nascita nella fattoria che fungeva anche da deposito di robivecchi, un centinaio di acri situati a una decina circa di aspri e boschivi chilometri a nord della citta. La madre, deceduta da decenni, era forse l’unica donna che avesse mai messo piede in quella fattoria. Da quando Matt li conosceva, ed era passato molto tempo, gli Slocumb non avevano mai menzionato il padre.

Matt aveva sentito parlare dei «Fratelli Strani» fin dalla prima infanzia. Su di loro circolavano le piu disparate dicerie: che erano stravaganti, perversi e addirittura spaventosi. Come la maggior parte dei bambini della zona, a Matt era stato vietato avvicinarsi alla loro casa. Aveva dieci anni, quando uno dei ragazzi piu grandi l’aveva sfidato a cercare di ottenere da loro un contributo per la squadra di baseball.

Nessuno dei ragazzi era disposto a oltrepassare la pista sterrata che portava alla fattoria diramandosi dalla stretta strada principale. Uno di loro aveva detto a Matt che la casa si trovava poco piu in su. Di fatto, era a piu di cinque chilometri. Matt li aveva percorsi un po’ in bicicletta, un po’ a piedi. Davanti alla porta di quella casa sgangherata, aveva esitato, stringendo la lattina per la donazione con tanta forza che aveva temuto d’averla schiacciata. Per calmarsi, aveva poi tratto quel profondo respiro che un giorno avrebbe usato prima di infilare un ago di grosso calibro nel torace di un giovane minatore, e aveva bussato.

Venti minuti dopo era tornato sulla strada sterrata. Nel cestino aveva un sandwich al salame con pane fatto in casa. Al polso un braccialetto creato con chiodi per ferri da cavallo piegati. E nella lattina vi erano due banconote spiegazzate e unte da un dollaro. Prima della fine della giornata, tutto il paese conosceva una o due versioni della storia e suo padre gli aveva tolto per due settimane la paglietta per disobbedienza e gli aveva proibito di avvicinarsi di nuovo a quel luogo. Da quel momento, Matt aveva tenuto segrete le sue visite mensili alla fattoria. Da quando era tornato a Belinda alla fine dell’internato, andava spesso lassu per qualche trattamento medico o semplicemente per chiacchierare. Gli piaceva tutto, o quasi tutto, di cio che aveva appreso sui quattro uomini nel corso degli anni, anche se nessuno di loro aveva i requisiti necessari per vincere un premio come gran

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