l’aspetto di una spogliarellista — il che andava bene se eri una spogliarellista, altrimenti sembravi una perfetta cretina. Era come fare la lap dance, Cristo santo! Un paio di anni prima tra gli yuppie locali c’era stata questa moda passeggera delle mogli che «imparavano» la lap dance o che facevano almeno un’imbarazzante lezione con qualche compiaciuta amazzone dell’aerobica pronta a sfruttare una tale opportunita. L’idiozia della cosa faceva scoppiare la testa a Pete. Le donne sposate che fanno lap dance non hanno senso. Il
Pete aspiro un’altra boccata dal Don Thomas, gustando il modo in cui il fumo impestava la stanza. Non era un sigaro cubano e nemmeno uno honduregno di particolare valore — non buttava via i suoi soldi, e mai lo aveva fatto — ma era buono. Erano passati tre anni da quando gli era stato permesso di fumare dentro casa. Non e che fino ad allora Maria glielo avesse proibito, pero la cosa avrebbe scatenato il suo disappunto. Era un deterrente silenzioso, un’arma di distruzione silenziosa, con quel suo sguardo che lasciava intendere che la vita, nonostante tutti i suoi sogni di ragazza, si era rivelata piu o meno quello che aveva temuto. Per un po’ pensavi che valeva la pena evitare il «Disappunto», che non te ne fregava niente. Poi un giorno ti rendevi conto che non era cosi, ma fumavi comunque fuori perche nessuno vuole quella rottura di coglioni tutte le sere. Fumavi fuori e te ne fregavi, in silenzio.
In un piccolo frigorifero c’erano limoni e lime freschi. Cherri fini di tagliare una scorza di limone e la lascio cadere nel suo drink. Dall’odore Pete riconobbe che si trattava di un gin tonic. Il suo olfatto funzionava benissimo e doveva essere per forza cosi, dato che lui lavorava nel settore alimentare. Maria invece beveva sempre dello Chardonnay, come aveva sempre fatto. La ragazza si accorse dello sguardo dell’uomo rivolto su di lei e si volto. «Vuoi qualcosa?»
Pete rise. «Oh si,» disse con entusiasmo. «Ma fammi stare ancora un attimo qui, ho ancora il fiatone.»
Cherri fece un sorriso da professionista. «Non in quel senso: intendevo da bere.»
«Oh. Vodka,» disse. «Liscia, senza frutta e con molto ghiaccio.» Poi, strizzando l’occhio, disse: «E poi ci sara un secondo round, stanne certa.»
«Non vedo l’ora,» disse lei, e si volto per preparargli il drink.
Pete sorrise. Udi uno strano rumorio provenire dal pianerottolo — probabilmente qualche forzato del lavoro che tornava. Prese un’altra boccata dal sigaro e si sistemo di nuovo sulla poltrona. Gli piaceva starsene seduto li, in tutta la sua disgustosa nudita, mentre fuori c’era qualche esaurito consulente amministrativo col fiato corto o qualche procuratore esausto che si trascinava a casa carico di dossier. Lui invece era li con le palle per aria e un bel drink in arrivo. «Non vedo l’ora». Era sarcastica? Quasi certamente, ma chi se ne fregava. Che lo desiderasse o no; che trovasse il suo corpo accettabile oppure no; che le piacesse fare quello che lui le chiedeva — niente di strano, lui non aveva bisogno di stranezze, bastavano cose normali fatte da una persona giovane — o no. Niente aveva importanza. Lei aveva gia quattrocento dollari dei suoi. Alla fine, molto probabilmente, lui li avrebbe portati a cinquecento. Maria era capace di spendere in un batter d’occhio una cifra simile per qualche Manolo di turno: ed era quello che faceva regolarmente. D’altronde il denaro era l’unica cosa che serviva perche una come Cherri ci stesse.
Mentre la ragazza si muoveva rumorosamente, versando la vodka in un bicchiere, e aggiungendovi poi il ghiaccio, Pete valuto l’idea di prenotarla un’altra volta. Sapeva che non l’avrebbe fatto, nonostante lei fosse carina — veramente molto carina, specie quando si chino per raccogliere un cubetto sfuggito al controllo e sembrando per un attimo perdere l’equilibrio. Il bello stava nell’averne una nuova ogni volta. Se fosse andato con Cherri una seconda volta sarebbe sorto il problema se fosse stato meglio o peggio della volta precedente. Lei lo avrebbe chiamato per nome, avrebbe saputo cosa gli piaceva bere e una certa familiarita avrebbe iniziato a fare capolino. Lui avrebbe avuto il tempo per notare dei dettagli, per domandarsi come mai lei non avesse l’intelligenza di mettere nel bicchiere prima il ghiaccio, o per quale motivo non avesse imparato che il gin si sposava meglio con il lime. E quel pomeriggio, quando avevano fatto sesso di nuovo, e in quella circostanza lui non era arrivato a una completa erezione e aveva dovuto portare a termine il lavoro da solo, lui sapeva che sarebbe andata cosi. Lui lo sapeva, ma lei no. La volta successiva lo avrebbe capito. Il segreto era non sapere. Non sapere, non doversene preoccupare.
Ora la ragazza era fuori dalla visuale, impegnata a fare un casino infernale con la ghiacciaia. Ma a che cazzo di scopo? Il bicchiere era posato li sul bancone, pieno fino all’orlo. Un altro po’ e sarebbe fuoriuscito dal… Ehi, un momento. Un cubetto di ghiaccio intorno al capezzolo. Quella si che era una bella idea.
Si allungo verso il posacenere per depositarvi il sigaro. Tienitelo per dopo. «Bellezza,» disse, «il ghiaccio va bene, puoi lasciar perdere.» E si volto.
C’era un uomo in piedi nella stanza.
«E tu chi cazzo sei?» disse Pete.
Il sorriso dell’uomo esprimeva chiaramente la sua intenzione di non rispondere. Pete capi ben presto che non si trattava di un tizio che possedeva una chiave di quel troiaio. La ragazza spunto dietro di lui mentre si stava infilando la camicetta. «Ho finito, vero?» chiese rivolgendosi all’uomo.
Lui non rispose nemmeno. Senza staccare gli occhi da Pete allungo il braccio lateralmente e afferro la ragazza per i capelli. Prima che avesse il tempo per urlare le aveva fracassato la faccia sul muro divisorio. La ragazza emise un grugnito e si accascio.
Pete ricollego tutto in un attimo. Il rumore nel corridoio e il baccano fatto con il contenitore del ghiaccio per occultare il fatto che lei stava aprendogli la porta. Non sapeva chi fosse quel tizio o che cosa volesse, ma ora si accorse che aveva un coltello. Era grosso e avrebbe potuto essere un coltello da cuoco. Tuttavia non sembrava affatto pulito.
Improvvisamente la stanza sembro gelida, scialba e piena di fumo stantio. L’uomo scavalco la ragazza, distogliendo per un attimo lo sguardo. Pete intui vagamente che quella era un’occasione, che doveva alzarsi, muoversi, uscire di li, ma sembrava incapace di fare qualunque cosa. L’uomo aveva un’altezza di poco superiore alla media ed era longilineo. Pete era piu pesante di diversi chili e aveva una lunga esperienza nello spaccare la faccia alla gente, ma non era affatto convinto che questo avrebbe fatto una qualche differenza. Si senti grasso, nudo e impossibilitato a cambiare il corso del mondo.
«Lei e Peter Ferillo, vero?» disse l’uomo prendendo qualcosa sul bancone. Quando scintillo, Pete vide che si trattava del cavatappi che era in camera e quando l’uomo rivolse il suo sguardo verso di lui, tutte le ipotesi di movimento sembrarono svanire.
«Senti,» disse Pete, «non so che cazzo sta succedendo qui dentro, ma ho dei soldi. Se e questo che vuoi, tutto si puo sistemare.»
«Non e una questione di soldi,» disse l’uomo. La sua voce era suadente, quasi amichevole, a differenza dei suoi occhi.
«Allora che c’e?» chiese Pete. «Cosa ho fatto?»
«Non si tratta di te,» disse l’uomo.
«Chi diavolo sei?»
«Il mio nome e… Homo Erectus.»
L’uomo osservo il volto di Pete per cogliere la sua reazione. Fece ruotare il cavatappi fra le mani in modo distratto, poi annui — come se, colto da un’improvvisa ispirazione, gli avesse trovato un utilizzo. Pete non capi che cosa potesse essere.
Lo scopri nel corso dell’ora e mezza successiva.