Phil annui. Non gli ci era voluto molto per capire perche il volto dell’uomo gli sembrasse familiare. «Stava cercando di fare irruzione nel bar di Big Frank a tarda sera, lo scorso weekend. Dovetti intimargli di smetterla.»

Melissa guardo l’uomo al di la del vetro. Sembrava in uno stato di veglia sonnolenta e incapace di piantare un qualche casino. Mentre lo guardava, l’uomo batte le ciglia lentamente, come un vecchio cane in procinto di addormentarsi. «Sembrava pericoloso? Psicotico?»

«No. Direi triste, piuttosto. Mi sono imbattuto per caso in Joe e Zack il mattino dopo e mi hanno parlato di un tizio che era rimasto li tutta la sera a bere da solo. E probabile che fosse la stessa persona.»

«Dunque, quattro giorni di alcool, praticamente senza mangiare e infine lo stomaco pieno di sonnifero. Non sono indizi di uno che stia alla grande. Pero non ha l’aria di un pazzo.»

«Non ce l’hanno mai,» disse Phil esitando. «Ha detto di aver visto Bigfoot.»

La donna rise. «Gia. Ogni tanto la gente lo dice. Quello che lui ha visto veramente era un orso. E tu lo sai.»

«Credo di si.»

Melissa gli rivolse per un attimo uno sguardo severo e Phil si ritrovo ad arrossire quando lei sorrise. «Tu lo sai, vero?»

«Certo,» disse seccato.

Quello non era il momento per discutere su cio che molto tempo prima lo zio di Phil credeva di aver visto — o sentito, per essere piu precisi — nel profondo della foresta oltre il crinale. Nessuno lo aveva mai preso sul serio, eccetto forse Phil stesso, quando era bambino. Alla fine suo zio aveva smesso di raccontare quella storia. Erano gia parecchie le citta nelle Cascades che avevano nel loro repertorio di leggende gli avvistamenti di Bigfoot e in diversi chioschi sul bordo della strada si potevano comprare barattoli e muffin che avevano la sagome della grande e pelosa creatura. Non a Sheffer. Da queste parti Bigfoot era considerato una balla, o, come il capo era solito dire, un cumulo di stronzate. Un richiamo ormai trito e ritrito per un certo tipo di citta turistiche, nient’altro, e Sheffer non faceva parte del gruppo. Sheffer era una citta tranquilla e distinta, che un tempo era stata usata come ambientazione per una bizzarra serie televisiva. Aveva il museo ferroviario con il suo bel materiale rotabile esposto. C’era qualche delizioso ristorante dove andava a mangiare solo gente deliziosa. La citta voleva che le cose continuassero a essere cosi. E soprattutto, lo voleva il capo.

Ma quando quel Tom aveva pronunciato quella parola, in strada si erano riversate moltissime persone e non tutte erano del luogo. Alla fine della giornata alcuni avrebbero potuto raccontare l’accaduto ai loro parenti e amici. Phil sapeva anche come la pensava il suo capo sull’argomento e si rammarico di non essere riuscito a portare il tizio da qualche parte prima che potesse pronunciare quella fatidica parola. Un po’ di onesta pubblicita era una cosa: divulgare la notizia che una o due star televisive avevano passato la notte in citta nel corso dell’ultimo decennio era piu che legittimo, ma un gruppo di reporter che arrivavano per dipingere la citta come un manipolo di bifolchi attaccati ai soldi non sarebbe stato un bel colpo. Quando Phil lo aveva chiamato sul cellulare, il capo gli aveva detto che sarebbe stato di ritorno al piu tardi nel primo pomeriggio. Phil ne era contento.

«Vado a vedere se quel tizio vuole ancora un po’ del brodo di Izzy,» disse, e Melissa annui.

Vide Phil entrare nella stanza, sedersi all’estremita del tavolo e rivolgersi con modi gentili all’uomo. Era convinta che Kozelek avrebbe dovuto realmente essere esaminato per valutare gli effetti dell’assunzione dei sonniferi, ma lui aveva opposto un fermo rifiuto all’ipotesi di andare all’ospedale e lei non aveva alcun potere per costringerlo. Era sopravvissuto a tre giorni e tre notti veramente gelidi passati nella foresta e aveva percorso una distanza enorme su un terreno impervio. Tutto sommato, sembrava in buona forma per uno che aveva tentato di uccidersi. C’erano elementi per dire che sarebbe stato opportuno che parlasse con qualcuno anche di questa parte della storia, ma ancora una volta, non era una cosa che lei poteva imporre. Era convinta che quando il suo cervello si fosse scongelato a dovere, sia il suicidio che la storia dell’incontro con creature sconosciute sarebbero usciti dalla sua mente. Quindi avrebbero potuto rispedirlo a Los Angeles o dovunque fosse casa sua e la vita a Sheffer avrebbe ripreso a scorrere come al solito.

Mentre si voltava per andarsene noto qualcosa sul fondo dello zaino aperto. Si fermo per dare un’occhiata piu da vicino. Tra le schegge di vetro e i fradici resti delle confezioni di pillole c’erano alcune cose che assomigliavano a piccoli mucchi di fiori secchi.

Ne tiro fuori uno e vide che non si trattava affatto di fiori; erano piu come steli corti e infradiciati. Probabilmente quella roba si era infilata dentro la sacca quando l’uomo, attraversando la foresta, doveva aver urtato contro cespugli e alberi.

Oppure erano stati semplicemente comprati da un fioraio qualunque a un angolo di una strada chissa dove.

Li c’era un uomo che pretendeva di aver visto delle cose e che, a detta di tutti, aveva cercato di irrompere in alcuni bar, e nel suo zaino c’era un mucchietto di materiale che sembrava di origine vegetale. Che dire? In parte per scrupolo professionale, ma essenzialmente per curiosita pura e semplice, ne infilo un mucchietto nella sua borsa e poi usci per tornare in ospedale, dove era abbastanza sicura che non stesse accadendo nulla di interessante.

Verso l’ora di pranzo Tom comincio ad avvertire un forte mal di testa. Il dolore si era manifestato gia qualche tempo prima, e in effetti si era fatto sentire per buona parte del tempo in cui aveva errato nella foresta. Ma ora era diverso, era peggio.

Tom era ancora seduto sulla sua sedia nell’ufficio con la finestra. Perlomeno, e cosi che ormai lo considerava. Ci aveva passato sopra tutta la mattina quindi era diventata sua. Dopo la sua ultima esperienza le cose erano diventate piu semplici per Tom. Ormai pensava le cose in termini elementari. Il possesso era i nove decimi di qualsiasi cosa. Quella sedia ora gli apparteneva e guai a chi avesse provato a togliergliela, anche se, a dire il vero, non sembrava esserci nessuno intenzionato a farlo. Il tizio di nome Phil faceva capolino ogni tanto, ma altrimenti, dopo la visita della dottoressa, era stato lasciato solo.

Intanto il suo mal di testa procedeva lentamente ma con un tecnica sopraffina, professionale. Questo era un mal di testa che sapeva il fatto suo e aveva un’esperienza rilevante. Gli avvolgeva la testa come un copriletto freddo, pesante e persistente, e aveva cominciato a collocare degli avamposti anche nelle altre parti del suo corpo, in primo luogo nell’intestino. In un certo senso Tom aveva detto alla dottoressa di non voler andare in ospedale anche per vedere la sua reazione. Se avesse abbaiato «Ripensaci, imbecille, ormai ce l’hai nel culo, percio ti trascineremo per i capelli in un posto terrificante pieno di macchine con luci verdi dove potrai morire,» allora ci sarebbe andato tranquillamente. Pero non l’aveva fatto, il che significava che c’era una possibilita che stesse bene. In linea di massima, in effetti, Tom si sentiva a posto, fatta eccezione per il mal di testa e il fastidio all’intestino, che lui era propenso a considerare come una conseguenza dell’emicrania. Aveva letto da qualche parte che lo stomaco e avvolto da uno strato di tessuto neuronale che era anzi il piu esteso di tutto il corpo (dopo il cervello, naturalmente). Ora si rendeva conto che tutto questo poteva avere un significato dal punto di vista evoluzionistico: dare agli organi interni abbastanza cervello, per cosi dire, affinche quest’ultimo possa mandare segnali che dicano: «Non mangiare piu quella merda, ricordati cosa e accaduto l’ultima volta,» piu o meno come aveva fatto il suo quando lui si era diretto verso il suo zaino, nella foresta. Tom sperava che lo stato nel quale si trovava fosse semplicemente il segnale che il suo stomaco era in sintonia con la sua testa. Se si fosse sentito cosi per i fatti suoi, allora forse, alla fine, sarebbe andato in ospedale.

Si augurava anche che gli antidolorifici che la dottoressa gli aveva lasciato cominciassero a fare effetto. Il mal di testa gli stava mandando in tilt gli occhi. Era ancora dell’idea che a un certo punto si sarebbe alzato e sarebbe andato a fare una camminata in citta, per trovare quel vecchio cazzone che non aveva fatto cenno agli orsi, ma in quel preciso momento quel piano non sembrava realistico: gli sembrava molto probabile che il balordo lo avrebbe fatto nero.

E fu proprio allora che Tom improvvisamente sorrise.

Naturalmente gli orsi non c’entravano piu. Una delle ragioni per cui voleva al piu presto sentirsi meglio era perche aveva qualcosa di interessante, di molto interessante, da raccontare alla gente. Una notizia che lo aveva mantenuto in vita, che aveva trascinato il suo corpo fuori da quella regione selvaggia. Fino a quel momento si era trattenuto, in attesa del momento giusto. Ma quando fosse giunto il momento…

Poi, il sorriso scomparve. Certo, era in possesso di nuove informazioni, un dato vitale. Ma queste non erano comunque un elemento in grado di cambiare la vita, di cancellare l’oscurita di cio che era successo prima. La sua posizione era ancora compromessa: una volta compiuta, un’azione e fatta, anche se la gente non lo viene a

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