«Puoi dirlo forte.»
L’edificio era a tre piani e tinteggiato di un bianco sporco. C’era una scala esterna che saliva da entrambe le estremita. Nina sali al secondo piano e aspetto Monroe mentre uno dei due agenti cercava di rintracciare il responsabile dell’edificio.
Monroe la guardo. «Ti senti meglio stamattina?»
«Si,» rispose. Entrambi parlavano a bassa voce. «E grazie per l’interessamento, Charles. Ricevuto qualcosa di utile dalla sezione Profili sul messaggio?»
«Non ancora. E tu sei sicura che non ci sara nulla. Perche?»
«Non si puo certo dire che i risultati siano stati esaltanti con il cecchino di «Washington, vero?»
«Quello era un caso completamente…»
«No, non lo era. Avevano deciso che si doveva trattare di un uomo bianco perche e opinione comune — basata su uno studio non molto scientifico compiuto un bel po’ di tempo fa — che la maggior parte dei serial killer sono bianchi, e cosi ogni segnalazione telefonica arrivata riguardante tizi di colore venne ignorata. Nel frattempo un paio di persone avevano detto di aver visto dei furgoni bianchi, e all’improvviso tutti hanno cominciato a cercarli, senza considerare il fatto che i furgoni di quel colore sono gli Starbucks dell’autostrada e che quindi sarebbe insolito non vederli. La targa della macchina blu dell’assassino venne immessa nel sistema una mezza dozzina di volte a causa di comportamenti sospetti, ma no, non si tratta di un furgone bianco e alla guida non c’e un bianco, quindi non ci interessa. Gli analisti dicono che gli assassini non lavorano mai con altre persone — peccato che questo lo abbia fatto. In ogni caso non avremmo dovuto dar loro ascolto: chiunque avesse avuto un rninimo di cervello avrebbe dovuto capire fin dall’inizio che non si trattava di un serial killer ma di un pluriomicida che eseguiva una sua missione politico-religiosa, il che rendeva priva di fondamento qualsiasi cosa avessero detto gli analisti. Tutto quello che hanno fatto e stato confondere le idee, e potrebbe essere la stessa cosa qui. Non sono certa di credere ancora nel loro intuito.»
«Allora perche mi hai chiesto se avevano scoperto qualcosa?»
«Per cercare di distoglierti dall’idea di richiedere ulteriori informazioni.»
«Nina, quand’e che mi dirai che cosa e successo l’anno scorso?»
«Te l’ho gia detto, capo,» disse, sorridendo dolcemente. Mentalmente, comunque, si ripete di fare attenzione. Monroe era tante cose, ma non uno stupido.
In quel momento sulle scale comparve Olbrich con un mazzo di chiavi. «Zinman sta raccogliendo una deposizione,» disse, dirigendosi verso la porta dell’appartamento 7, «ma il tizio non ha niente di interessante da dirci. La ragazza era riservata, e cose di questo genere… E poi quell’uomo ha l’intelligenza di un mucchio di pietre. Siamo pronti?»
Con le pistole in pugno, Nina e Monroe annuirono.
Olbrich busso alla porta, aspetto, ma non ricevette alcuna risposta. Cosi giro la chiave e apri lentamente la porta.
«Siamo della polizia,» disse «uscite fuori.»
Non accadde nulla. Apri ancora un po’ la porta. Questo gesto rivelo una stanza piuttosto grande, di circa cinque metri per lato. Avendo scelto di rimanere fuori, questo fu tutto quello che Nina vide fino a che gli uomini non entrarono e le dissero che non c’era pericolo. L’appartamento era vuoto.
Quando entro vide un tavolino da te e un malandato divano rosso al centro, mentre all’estremita piu lontana, sotto la finestra, era stata ricavata una postazione con un computer grigio di tipo piuttosto economico. Alla base del monitor faceva bella mostra di se una fucina rossa accesa, ma lo schermo era nero. Accanto alla workstation c’era un televisore che era visibile dal divano. Per una visuale ottimale sarebbe stato necessario spostarlo di circa un metro verso sinistra, ma in quella posizione avrebbe bloccato la porta di accesso alla camera da letto dove si trovavano Monroe e Olbrich. Un sottile cavo nero che partiva dal computer era stato steso lungo il pavimento fino a entrare nella stanza. Prima di seguirlo Nina fece un paio di passi oltre l’altro lato del sofa e diede un’occhiata nella piccola cucina con la grande finestra che dava sulla strada. Era in ordine. Nel voltarsi noto una malandata chitarra sistemata nell’angolo dietro il sofa. Era impolverata e senza una corda.
Nell’ultimo angolo della stanza c’era una piccola scrivania, con un paio di blocchi per appunti. Nina alzo con cura la copertina di uno di essi e sbircio una pagina. Scarabocchi fatti sovrappensiero. Frasi che volevano somigliare a dei versi. Una frase, «La pioggia che non lava mai», era scritta e poi cancellata.
«Vieni a vedere,» disse Monroe.
La camera da letto era piccola, ma abbastanza spaziosa per ospitare un letto a due piazze e un tavolino da toilette. In fondo c’era una minuscola stanza da bagno. Il letto era disfatto. I due uomini stavano osservando un piccolo oggetto sistemato su un treppiedi posto accanto al letto. Era a questo oggetto che arrivava il cavo.
«Una telecamera,» disse Olbrich.
«E una webcam,» lo corresse lei. «Riesci a vedere dove va a finire il cavo?»
Nina lo segui fino alla stanza principale e alla workstation. Mosse leggermente il mouse con il dorso della mano in modo che i polpastrelli non lo toccassero.
Lo schermo lampeggio e si riaccese. Al centro apparve una finestra che ne copriva circa un terzo. Mostrava un’immagine del lato del letto dove ancora si trovava Monroe.
«Non tocchero niente,» disse Nina, «ma troverete un cavo del modem che parte dal retro di questa macchina. Jessica aveva un sito web dove la gente poteva osservarla.»
«Da dove?» chiese Olbrich.
«Da qualsiasi parte del mondo.» Si allontano dalla scrivania. «Una brutta notizia. Il numero dei sospetti e salito a qualche decina di milioni.»
Tre ore dopo Nina era di nuovo al Jimmy’s, seduta in una stanza del piano superiore che apparteneva al proprietario-direttore, che peraltro non si chiamava Jimmy.
«Suona bene come nome di un bar,» aveva detto Mr. Jablowski, quando lei gliel’aveva chiesto, «mentre il mio no.» Avvertito di quella visita mattutina da Don, il barman, aveva scelto per una volta di essere sul posto. Era stranamente agghindato per essere un uomo che possedeva quello che era essenzialmente un cesso di posto per gli alcolizzati pomeridiani in cerca di birra: in fin dei conti, pero, ci sono anche tantissimi spacciatori che non consumano in prima persona la loro merce. Don nel frattempo se n’era andato a casa un paio d’ore, per «decongestionarsi» . I detective avevano il suo indirizzo, ma personalmente Nina non credeva che sarebbe stato necessario fargli visita. Certo, non se ne intendeva nemmeno lei di profili psicologici — il che spiega perche, su suo suggerimento, un agente in borghese stava seguendo il barman a casa.
Un altro detective e un agente erano mischiati alla folla di bevitori di mezzogiorno. Una delle cameriere che erano in servizio la sera dell’ultima apparizione di Jessica doveva montare di li a poco e l’attenzione era comunque rivolta anche all’eventuale comparsa di uomini che rispondessero a una descrizione estremamente generica. In altre parole, le cose li fuori stavano andando per la tangente. A casa della ragazza invece accadeva il contrario. L’appartamento era passato al setaccio e gli investigatori di tre diversi dipartimenti esaminavano qualsiasi cosa gli capitasse di trovare: leggevano, fotografavano, prendevano impronte.
Nina, nel frattempo, stava parlando a una giovane donna di colore di nome Jean. Quest’ultima era venuta a cercare Jessica perche la sera prima avrebbero dovuto incontrarsi, ma l’amica non si era fatta vedere. E poi anche perche aveva voglia di un drink. Don l’aveva indirizzata dai poliziotti, vincendo l’evidente riluttanza della ragazza.
«Una puttana digitale?» disse Nina ripetendo quello che la ragazza aveva appena detto.
Jean alzo le spalle. «E cosi che si chiamano. Non significa che tu faccia cose come fare sesso o chissa cosa. Anche ‘cam-girl’ va bene.»
«Per quanto ne sa lei, Jessica e mai entrata nel circuito del sesso a pagamento?»
«Diamine no. E nemmeno io, signora, se lo ficchi bene in testa.»
«Le ragazze che fanno il mestiere non sono ammesse qui dentro,» disse docilmente Jablowski. «Sono inflessibile su questo.»
«Quando lei e qui, il che non sembra accada spesso, caro signore. Le dispiacerebbe lasciarci soli un attimo?»
Il proprietario se ne ando. Nina attese un attimo. «Quindi, Jean, se non ho capito male sei una cam-girl anche tu?»
«Gia, si. Be’, sono stata io a coinvolgere Jessica. Ma, come ho gia detto, non si tratta di…»