Vera si lascio andare con la schiena contro la spalliera della sedia. La tesi ufficiale, educatamente confermata da Ed Simeon, era che la credibilita di Annie non era stata comprovata e che qualsiasi nuova visione non poteva trovare credito. «Mi dispiace di averla disturbata», disse a Simeon. «Grazie lo stesso.» Fece per alzarsi.

«Non mi ha affatto disturbato», ribatte Simeon. «Vorrei poterla aiutare, ma nel caso specifico e impossibile. Per qualsiasi altra evenienza, comunque, mi avverta senz’altro. O magari mi faccia telefonare da Mr. McKay.»

«Ned?» esclamo Vera. «Agente Simeon, di che cosa abbiamo parlato finora?»

Simeon le lancio un’occhiata scettica. «Su, signora», disse, «Ned McKay e uno degli uomini piu stimati della citta.»

Vera se ne ando, ma il male era fatto. Simeon resto dell’idea che lei non fosse del tutto in se. Quando poi seppe che la «nuova dottoressa» di Annie era Marie Neuberger i suoi sospetti aumentarono. Gia ci si era preoccupati, al comando di polizia, di Vera, preoccupati per le sue affermazioni circa le facolta di Annie.

Vera rimase profondamente ferita dal rifiuto di Simeon. La faceva sentire piu sola che mai. E questo senso di isolamento la obbligo a ritenere di dover raggiungere una qualche intesa con Ned in merito alle cure di Annie. Naturalmente non credeva ancora che il cognato avesse cercato di uccidere Annie. Accettava la teoria della Neuberger che Annie lo avesse, nella sua visione, confuso con un’altra persona. E capiva anche la collera di Ned per il fatto che la nipote fosse stata affidata alla Neuberger. In un certo senso Vera rimpiangeva di non averlo ascoltato.

Ando da lui, allo studio, senza preavviso. Come al solito, aveva numerosi clienti in attesa, ma volle riceverla quasi immediatamente.

«Entra, accomodati», disse mentre la segretaria, con Vera dietro, apriva la porta. Le sorrise, come se nessun attrito fosse mai esistito tra loro.

«Come sta Annie?» le domando premurosamente, mentre la faceva accomodare sulla sedia dei clienti e lui stesso si metteva alla scrivania.

«Sta bene, grazie.»

«Dov’e adesso?»

Lei esito. «Con la dottoressa Neuberger.»

Un’ombra leggera di pena sfioro il viso di Ned. «Vera, questo mi dispiace.» Premette il tasto dell’interfono sulla scrivania. «Non ci sono per nessuno», avverti. Poi torno a fissare la cognata. «Sta facendo qualche progresso con lei?» chiese, con un tono di voce che tradiva ampiamente il suo scetticismo.

«Sinceramente, non lo so ancora. Sta provando.»

Ned scosse la testa, costernato, un atteggiamento che aveva perfezionato in tribunale. «Vera, davvero non riesco a capire. Di solito sei sempre cosi equilibrata! Sei andata sempre nei migliori ospedali e dai migliori medici. E adesso, di colpo, diventi un’esperta in psicanalisi, ciarlatanerie, bassifondi di Manhattan e via dicendo.»

«Ned», ribatte lei, «non posso discuterne con te. Ho ritenuto che la Neuberger potesse essermi utile. Nessun altro ci e riuscito. Questo lo capisci, vero?»

«Ma esistono cosi tanti bravi dottori», obbietto lui. «Finora ne abbiamo solo consultato qualcuno.»

«Puo darsi, ma non siamo approdati a un bel niente e io ero preoccupata per Annie. Questa nuova dottoressa ha delle idee.»

«Su questo non ho dubbi», replico ironico Ned.

«So che non approvi i suoi metodi, ma concedile almeno una possibilita.»

«Adesso che cos’ha in mente di fare con la nostra Annie?»

«Vuole che ci trasferiamo in un motel vicino al ponte di Tappan Zee. Annie ha avuto quella visione, ricordi, di Harry morto… vicino al ponte.»

«Che cosa ci vuole fare?» esplose con rabbia Ned. «Tenere una seduta spiritica?» Poi si rese conto della propria asprezza e la sua voce torno subito al timbro affettuoso. «Vera, Vera», mormoro, «che cosa stai combinando a te stessa? Che cosa stai combinando ad Annie?»

«Ned, ti ho detto…»

«Questa donna e una pazza patentata, una vergogna della professione medica. Le visioni di Annie sono un problema mentale. Lei non sa dove sia Harry. Per quanto ne sappiamo tutti, sta vagolando dalle parti di Chicago.»

«Io voglio provarci», insiste Vera, con calma.

«Vuoi andare a stare nel motel? Perche?»

«Per essere vicina allo spirito di Harry.»

«Oh, Gesu Cristo benedetto! Verra a saperlo tutta la citta.»

«Non posso preoccuparmene, Ned. Ci andiamo. Tutt’e tre.»

«Anche lei?»

«Si, fa parte del suo metodo terapeutico.»

«Vera, mi rifiuto di credere che tu faccia una cosa simile.»

«Ned, cerca di ascoltarmi bene, adesso. Procederemo in questa fase del trattamento, ma c’e una seria complicazione.»

«Denaro?»

«No. Non te ne chiederei mai. La dottoressa Neuberger ritiene che Annie debba essere protetta.»

Ned si oscuro in viso, di colpo. «Perche?»

Vera armeggio nervosamente con le mani, come spesso faceva quando non riusciva ad affrontare un argomento. «So che sembra assurdo, e ti garantisco che nessuno ti sospetta di niente, ma ti ricordi quando Annie ha creduto che tu stessi… per farle del male?»

«Certo.»

«Per mettere l’anima in pace a tutti, e per dimostrare che tu non costituisci nessun pericolo, la dottoressa pensa che Annie dovrebbe avere una guardia del corpo.»

Ned si fece visibilmente teso. Vera capiva che era turbato e sbalordito. «Be’, questa e… una decisione senz’altro singolare.»

«Ned, noi crediamo in te. Tutto cio e assurdo. Anche la dottoressa pensa che Annie abbia avuto solo un incubo. So e capisco i tuoi sentimenti. Ecco perche ho voluto parlarti di persona. Fa solo parte della cura.»

Ancora una volta, Ned scelse la via conciliante. «Certo», rispose. «Capisco. Senti, facciamo quello che e giusto. Ho gia detto che la paura che Annie ha di me non dev’essere presa alla leggera, per quanto assurdo possa essere. Se insisti nell’affidarti a quella donna, proviamolo. E se vuole che Annie venga comunque protetta, sono io che voglio lo sia, e sono io che paghero per questa protezione.»

«Oh, no, non posso accettare!»

«No, Vera, insisto! Facciamo le cose per bene. Guarda, non sono d’accordo con te, ma dobbiamo tentare qualsiasi strada per Annie. Giusto?»

Vera parve rilassarsi, concedendosi per sino un sorriso. «Si», rispose con calore. «Ned, sono felice tu sia la persona che sei.»

Se ne ando poco dopo, convinta che ogni crisi con Ned era stata risolta.

L’Empire Motel difficilmente poteva essere classificato come lussuoso.

Come struttura seguiva il modello, incompiuto, dei migliori motel di Tarrytown e della vicina Westchester. L’Empire aveva trentotto anni ed era costituito da due file di casette prefabbricate di legno, ognuna delle quali ospitava una camera. In origine le costruzioni erano state uffici prefabbricati per un campo d’addestramento militare durante la seconda guerra mondiale, dichiarato superfluo dopo la fine delle ostilita. Davanti ad ogni camera c’era la prescritta area di parcheggio, delimitata da strisce bianche sull’asfalto e numerate. L’interno delle stanze aveva i mobili essenziali, abbastanza in ordine, un vecchio televisore a colori e un bagno, sempre pulito, ma con la pressione dell’acqua insufficiente.

Non c’erano ristorante o snack bar, ma gli ospiti potevano procurarsi tavolette di cioccolato da un distributore fuori della stanza numero 26. La direzione era in un piccolo edificio a se stante, che ospitava anche l’alloggio dei proprietari. L’ufficio era una cameretta con una scrivania verde di legno e depliant per i turisti sparpagliati su una mensola. Le tariffe, quaranta dollari a notte per una camera doppia in alta stagione, erano esorbitanti dato il livello del motel, ma i proprietari dell’Empire sapevano che i loro «ospiti» non potevano trovare nient’altro altrove e non avevano scelta.

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