Il ponte di Tappan Zee si profilava a meno di un chilometro di distanza ed era chiaramente visibile dal motel. Scavalcava l’Hudson e collegava due parti dello Stato di New York. In quel momento era al centro dei programmi e delle teorie di Marie Neuberger, dato che poteva essere la chiave delle misteriose visioni di una bambina. L’elegante ponte raramente era stato oggetto di un cosi grande, profondo interesse.
Annie e Vera ebbero la camera numero 16, a due letti, mentre alla Neuberger venne assegnata la 17. Grazie all’interessamento di Ned, Vera si era assicurata un servizio di sorveglianza, all’esterno della stanza, ventiquattr’ore su ventiquattro. Le guardie sarebbero state in divisa e venivano messe a disposizione da una locale agenzia specializzata che era stata in rapporto con Harry. I turni di vigilanza si sarebbero susseguiti ogni otto ore.
Su insistenza della Neuberger a Larry Birch era stato vietato di soggiornare all’
Vera non lo sapeva, ma Ned aveva assunto un detective privato, che alloggiava nella camera attigua a quella della Neuberger, per tenerla d’occhio e riferire su quanto stava facendo ad Annie.
Poche ore dopo il loro arrivo al motel, in una giornata calda e soleggiata, la Neuberger, Vera e Annie si riunirono nella stanza della psicanalista. Le due donne si sedettero su due poltroncine, mentre la bambina saltava sul letto cigolante. Fuori della porta una guardia di ventidue anni, dai capelli ramati, stava a cavalcioni di un cartone del latte, il volto quasi nascosto da occhiali da sole.
La Neuberger era «vestita» per l’occasione: indossava un informe abito verde con in testa un foulard rosso, portatole dalla Russia da un vecchio amico.
«Voglio che la piccola si renda conto», disse la dottoressa, guardando severamente Annie, «che e una faccenda da prendere sul serio. Non possiamo permetterci giochi e trastulli come il giorno del compleanno. Non possiamo concederci sogni a occhi aperti. Annie, ascolti quello che sto dicendo?»
«Si», rispose la bambina, rimbalzando agilmente sul letto e distratta da una macchia marrone che aveva visto sul soffitto.
«Farai del male a te stessa se racconti cio che non e vero. Ma se, in effetti, vedi qualcuna di quelle strane cose, dillo alla mamma, e lei me lo riferira. Hai capito bene?»
«Si.»
«Anche nel bel mezzo della notte, Annie. Svegli tua mamma subito e lei svegliera me. E racconterai tutto, senza tralasciare niente e senza aver paura di essere presa in giro.»
«Okay», rispose Annie, non capendo bene quello che le stava dicendo la Neuberger, ma rendendosi comunque conto che si aspettavano da lei nuove visioni.
«Ora, mia cara Vera», prosegui la Neuberger, «lei ha qui un ruolo importante, anche se non ha visioni. Puo darsi che la piccola dica a lei cose che a me non direbbe. Quindi, se io non sono presente, lei sara la sola ad ascoltare cio che Annie dice. Deve trascrivere tutto, parola per parola, se ci riesce. Ho portato block notes e penne.»
«Faro come dice», assicuro Vera.
«Molto bene. Inoltre tenga occupata la bambina. A volte i piccoli, quando si annoiano, inventano frottole. Mia sorella era una di quelle. Accidenti, che bugiarda!»
Uscirono tutt’e tre per fare una passeggiata insieme, con la Neuberger attentissima ad ogni minima sfumatura nel comportamento di Annie. La bimba sembrava perfettamente normale. Saltellava, tenendo la mano di Vera, senza dimostrare nessun turbamento per essere stata sbalestrata da casa all’appartamento della Neuberger e poi al motel. Non manifesto neppure emozione per essere vicina al ponte. Anche quando il Tappan Zee le fu sopra la testa lei non fece nessun cenno alla visione di suo padre morto.
Trascorsero tre giorni e tre notti. Vera non si era mai accorta fino ad allora di quanto le mancasse la propria cucina.
E non accadeva niente.
Le guardie si davano il cambio, scambiandosi battute sulla stravagante signora che era con le McKay, facendo ipotesi sulla categoria di persone che aveva il coraggio di affidarsi, o solo accompagnarsi, a Marie Neuberger.
La quarta notte, pero, fu diversa.
Era una serata calda e afosa, di quelle che fanno invocare la pioggia a rinfrescare l’aria. La temperatura si manteneva sui ventisette gradi e non si muoveva una foglia. Sulla vallata dell’Hudson incombeva un puzzo, gas d’automobili, rifiuti industriali, fiume inquinato, imprigionato da un’atmosfera immobile. I condizionatori d’aria dell’
Nella camera attigua Marie Neuberger stava annotando le sue osservazioni del giorno e le sue ultime riflessioni su Annie. Non era scoraggiata per l’assenza da parte della piccola di visioni relative al ponte cosi vicino.
Vera, alle 22.08, stava finendo un articolo sui mobili per i bambini. Nonostante il rumore del condizionatore d’aria percepi il cri-cri di un grillo fuori della finestra. Alzo gli occhi, stupita per come un animaletto simile riuscisse a produrre un suono tanto forte, poi passo a un altro articolo.
Alle 22.14 udi Annie emettere un verso, come un gorgoglio.
Un suono soffocato, come quelli che a volte segnalano l’inizio di un raffreddore.
Vera spio la figlia per qualche momento, la vide tranquilla e immobile e decise che non c’era da preoccuparsi.
Annie ripete il brontolio.
Poi, di nuovo.
«Paparino», gemette.
Vera lascio cadere la rivista sul tavolo. «Annie», sussurro, «stai bene, tesoro?»
Annie si rigiro e brontolo ancora, questa volta abbastanza forte da spaventare Vera.
«Che cosa non va?» le domando Vera con voce agitata.
Il respiro di Annie divenne piu pesante. Gocce di sudore le imperlarono la fronte.
Annie si rigiro ancora, percuotendo forte col braccio il materasso.
Vera si lancio alla porta, girandone la chiave nervosamente e aprendola.
La guardia, Elmer Greer, un poliziotto in pensione di sessantadue anni, non era al suo posto e stava chiacchierando con un cliente nell’area di parcheggio. Vedendo Vera, cerco di riguadagnare in tutta fretta la sua postazione. Ma i venti chili in piu gli permisero solo di trotterellare verso la stanza.
Vera si precipito alla porta della Neuberger e busso. La dottoressa, ancora sveglia, apri subito. «Che cosa c’e, che cosa c’e?» chiese.
«Annie», ansimo Vera.
La Neuberger afferro carta e matita e si affretto verso la camera di Annie.
Elmer Greer arrivo proprio mentre le due donne erano a meta strada fra le due stanze. «Posso essere utile?» domando senza fiato.
«Faccia da testimone», gli disse la Neuberger. «Tenga a mente tutto.»
Greer si limito a stringersi nelle spalle davanti a un ordine cosi strano e si risistemo sulla propria sedia.
La Neuberger e Vera entrarono nella stanza di Annie.
Si bloccarono entrambe, di colpo.
Annie era scesa dal letto. Aveva indossato la sua vestaglietta rossa e calzato le pantofole. Aveva gli occhi spalancati, deliranti.
Comincio a dirigersi verso la porta.
Vera si mosse per fermarla.
«No!» ordino la Neuberger. «Vediamo dove ci porta.»
Come se fosse guidata da una presenza invisibile, Annie usci all’aperto. Sembrava essere in un altro mondo.
