luce arancione del giorno che si rifletteva contro il verde del cielo.
«Alza la mano destra, se mi senti, Ned» disse Boardman.
Lui l’alzo.
«Ora vai avanti, e parla.»
«Dove e nato Richard Muller?»
«Sulla Terra. In qualche angolo del Governatorato nordamericano.»
«Anch’io sono di la» disse Rawlins.
«Si, lo so. Credo che Muller sia nato nella parte occidentale del continente.»
«Posso partire, adesso?»
«Ascoltami, prima. Finora siamo stati impegnatissimi a entrare nel labirinto e voglio assicurarmi che tu non abbia perso di vista il vero motivo di tutta questa fatica. Noi siamo qui per Muller, ricordatelo!»
«Ma… come potete supporre che potrei dimenticarlo?»
«Avevamo la preoccupazione di restare vivi, e il problema della sopravvivenza puo far passare in seconda linea tutto il resto. Adesso bisogna tornare a una visione piu ampia delle cose. La peculiare qualita di Richard Muller, dono o maledizione che sia, e di immenso valore, ed e tuo compito assicurartene l’uso. Ned, il destino delle galassie dipende da quello che succedera nei prossimi giorni fra te e Muller. I millenni prenderanno un nuovo corso e l’esistenza di miliardi di creature, di la da venire, cambiera in bene o in male, a seconda di come andranno le cose qui, adesso.»
«Sembrate convinto di quello che dite.»
«Lo sono. A volte, anche i discorsi apparentemente retorici e roboanti possono essere sinceri. Ti trovi a un bivio della storia galattica, Ned. Per questo andrai da Muller, mentirai, ingannerai, tradirai. Probabilmente la coscienza ti rimordera per un certo tempo, ti odierai, persino, ma poi finirai per renderti conto di aver compiuto un atto di eroismo.»
Prosegui da solo per un breve tratto. Poi Stein e Alton lo accompagnarono fino all’entrata della zona E. Non ci furono incidenti. Gli indicarono la direzione da seguire, e lui passo attraverso una girandola di scintille azzurre per penetrare finalmente nella zona triste e austera che stava oltre. Mentre affrontava una salita, vide una colonna di pietra con un’incavatura a meta. Nella penombra della cavita brillava qualcosa di mobile e lucente che poteva essere un «occhio».
«Forse ho scoperto una parte del sistema di ricognizione di Muller» disse. «C’e qualcosa che mi guarda da una colonna.»
«Coprilo con l’intonaco-spray» consiglio Boardman.
«Potrebbe sembrare un atto di ostilita. E poi un archeologo non farebbe mai una cosa del genere.»
«Giusto. Vai avanti.»
La zona E aveva un aspetto meno minaccioso. Gli edifici, scuri e compatti, si stringevano l’un l’altro come tartarughe impaurite. Ogni zona era cosi diversa dalle altre, che Rawlins comincio a pensare che fossero state costruite in periodi diversi: un nucleo di settori residenziali, e quindi un’espansione graduale di anelli esterni zeppi di trabocchetti, a mano a mano che i nemici si facevano piu pericolosi. Era una spiegazione da archeologo, e lui la tenne mentalmente in serbo per servirsene al momento buono.
Prosegui ancora per un poco, poi vide Walker che gli veniva incontro. Walker era sulla quarantina, magro, austero, freddo.
«Ce l’avete fatta, Rawlins. Fate bene attenzione alla vostra sinistra: quel muro ruota su cardini.»
«Tutto bene qui?»
«Piu o meno. Abbiamo perso Petroncelli un’ora fa.»
Ned si irrigidi. «E questa dovrebbe essere una zona sicura!»
«Non lo e affatto. E piu pericolosa della F, e rischiosa quanto la G. L’abbiamo sottovalutata mentre usavamo i ricognitori. In realta non c’e motivo perche le zone debbano necessariamente diventare piu sicure verso il nucleo centrale, no? Questa e una delle peggiori.»
«Un inganno, dunque» disse Rawlins. «Falsa sicurezza.»
«Gia. Andiamo, ora. Seguitemi e non fate funzionare troppo il vostro cervello: qui non c’e posto per la fantasia. Bisogna seguire il percorso e basta.»
Rawlins ubbidi. Non vedeva nessun pericolo, tuttavia saltava quando saltava Walker e svoltava quando svoltava lui. Poco distante sorgeva il secondo campo. La trovo Davis, Ottavio, Reynolds… e la meta superiore di Petroncelli.
«Proseguite per la zona D oggi stesso?» gli chiese Walker con interesse.
«Sarei di questo parere.»
«Vi diremo che cosa bisogna evitare. La e successo l’incidente a Petroncelli, proprio vicino all’entrata della zona D, a circa cinque metri da qui. Si fa scattare inavvertitamente un campo magnetico o chissa cos’altro, e si finisce tagliati a meta. I ricognitori pero l’hanno passata liscia.»
«Puo darsi che il campo agisca su qualsiasi cosa in movimento, tranne i robot» disse Rawlins.
«Pero a Muller non e successo niente» ribatte Walker. «Lascera in pace anche voi se girerete attorno al punto pericoloso. Vi faremo vedere come.»
«E oltre quel punto?»
«Non c’e ancora andato nessuno di noi.»
«Se sei stanco, passa li la notte» disse Boardman.
«No, preferisco continuare.»
«Sarai solo, Ned. Perche non vuoi riposare?»
«Dite al cervello elettronico di esaminarmi e stabilire il mio grado di stanchezza. Io mi sento pronto per proseguire.»
Boardman controllo. Il calcolatore, che conosceva il ritmo delle pulsazioni di Ned, il suo livello ormonale e molte altre cose piu intime, non sollevo obiezioni al suo desiderio di proseguire.
«E va bene» disse Boardman. «Continua pure.»
«Sto per entrare nella zona D. In questo punto e morto Petroncelli. Vedo la linea di scatto, sottilissima, molto ben dissimulata. Ecco, sono passato. Si… questa e la zona D. Adesso mi fermo e aspetto che il cervello elettronico mi dia l’orientamento. Questa zona sembra un po’ piu semplice della E. Non dovrei metterci molto per attraversarla.»
La zona C era difesa da fiamme color rame, ma erano solo un miraggio.
«Dite alle galassie che il loro destino e in buone mani» disse Rawlins a voce bassa. «Tra un quarto d’ora dovrei trovare Muller.»
14
Muller era rimasto spesso solo per lunghi periodi. Aveva un numero sufficiente di erotocubi per distrarsi, e rischi a volonta che lo tenevano occupato nel labirinto. E poi c’erano i ricordi.
Poteva rievocare scene vissute su un centinaio di corpi celesti sparsi dovunque. Per esempio, su Delta Pavone VI, un mondo a vent’anni-luce di distanza dalla Terra e che i suoi abitanti chiamavano Loki, nome niente affatto appropriato, perche faceva pensare a qualcosa di agile, furbo e snello, mentre i colonizzatori del pianeta, rimasti per cinquant’anni isolati, avevano decretato il culto dell’obesita artificiale, ottenuta per mezzo del controllo glicostatico. Muller aveva visitato quel pianeta dieci anni prima del suo viaggio fatale su Beta Hydri IV, e lo ricordava assai caldo, abitabile soltanto in una stretta striscia temperata. Budda del peso di qualche centinaio di chili l’uno, grondanti di sudore, se ne stavano seduti immobili, in meditazione, davanti a capanne dal tetto di paglia. Muller non aveva mai visto tanta carne, prima di allora. I Lokiti agivano sui loro glico-ricettori periferici per ottenere un accumulo di grasso corporeo. Era una trasformazione inutile, non necessaria a risolvere alcun problema di adattamento ambientale; semplicemente, a quella gente piaceva essere enorme, ecco tutto. Muller ricordava braccia che parevano cosce, cosce che parevano colonne, ventri che debordavano in pieghe molteplici con eccezionale abbondanza.