Ora diverse luci abbaglianti lampeggiavano e si spegnevano cento, mille volte ogni secondo. Boardman, venti metri dietro di lui, divenne una figura irreale che si muoveva con movimenti scoordinati.
Il calcolatore ordino: «Fai dieci passi e fermati. Uno. Due. Tre. Dieci passi e fermati. Uno. Due. Tre. Altri dieci passi e fermati».
Rawlins non riusciva a ricordare che cosa gli sarebbe successo se non avesse ubbidito scrupolosamente. Li, nella zona H, le insidie erano tante che non gli era possibile tenerle tutte a mente. Era quello il posto dove poteva precipitare una tonnellata di pietre? O dove i muri si abbattevano l’uno contro l’altro? Oppure dove il ponte immaginario procurava vittime al lago di fuoco?
Aveva ancora duecentocinque anni da vivere, e non intendeva rinunciarci.
E continuo la sua strana danza ritmata dal calcolatore, lasciandosi alle spalle il lago di fuoco e i muri che si chiudevano come mascelle.
Un animale con due lunghe zanne si sporse dall’architrave di una porta. Con calma, Charles Boardman si sfilo il fucile dalla spalla e inseri la mira automatica: bersaglio da 30 chilogrammi, distanza 50 metri. «Tutto a posto» disse a Rawlins, e sparo.
Il fascio di energia urto il nuro, faville di un verde brillante sprizzarono attorno fondendosi con altre color porpora. L’animale fece un balzo, le membra contratte negli spasimi dell’agonia, e cadde. Da un luogo imprecisato spuntarono tre divoratori di carogne, che subito cominciarono a ridurre a brandelli il corpo senza vita.
Le immagini danzavano sopra uno schermo dorato fissato a un muro presso il limite della zona H. Rawlins vide la propria faccia prendere forma, fondersi in uno schema preesistente di linee intersecate tra loro, ed esplodere in una fiammata. Lo schermo, appositamente preparato, evidenziava quello che c’era negli occhi di chi guardava. Percio i ricognitori, passando da quel punto, avevano visto soltanto un rettangolo vuoto. Ma Rawlins vide comparire la figura di una ragazza: Maribeth Chambers, 18 anni, studentessa di secondo anno alla Scuola Superiore di Nostra Signora delle Grazie di Rockford, nell’Illinois. Maribeth gli sorrise, e comincio a spogliarsi.
«Sono la resurrezione e la vita» disse la ragazza appassionatamente.
Quindi gli fece cenno di avvicinarsi, e gli lancio un’occhiata invitante…
Poi la sua pelle divento verde, e le palpebre si abbassarono, deformate. Il labbro inferiore si protese in avanti, come una pala, e le caviglie cominciarono a sciogliersi. Lingue di fiamme danzavano sullo schermo. Ned udi alcune note profonde, provenienti da un organo invisibile, ma continuo a ubbidire ai comandi che il cervello elettronico gli sussurrava all’orecchio, e passo oltre lo schermo, indenne.
A Boardman lo schermo mostro invece degli schemi astratti: una geometria che esprimeva potenza, linee rigide e figure immobili, come raggelate. Charles si fermo ad ammirarle per un attimo.
Poi riprese il cammino.
Una foresta di lame mulinanti comparve presso il limite interno della zona H.
Il calore si fece insopportabile. Bisognava camminare in punta di piedi sul selciato. Ned trovava che la cosa era preoccupante, perche nessuno di quelli che li avevano preceduti aveva segnalato il fenomeno. Forse il percorso andava soggetto a cambiamenti? La citta poteva alterare automaticamente ogni cosa? A quanti gradi sarebbe arrivato il calore? Dove terminava la zona calda? Dopo di questa avrebbero trovato il gelo? Sarebbero arrivati vivi nella zona E? Forse Muller aveva trovato un sistema per impedire ai disturbatori di entrare.
Poteva darsi che avesse riconosciuto Boardman e che cercasse di ucciderlo. Era possibile. Aveva tutte le ragioni di odiarlo, e non aveva ancora avuto modo di riadattarsi a vivere nella societa.
Maribeth Chambers non avrebbe mai fatto cose del genere.
Si rasano ancora la testa le monache?
Per Boardman il secondo schermo, quello deformante, situato nella zona G, fu la prova peggiore. Detestava l’idea d’inoltrarsi in un’area in cui le impressioni trasmesse dai sensi non corrispondevano alla realta. Boardman dipendeva dai suoi sensi: portava gia il terzo paio di retine. E poi non si puo dare un giudizio valido sull’Universo senza essere certi di vederlo chiaramente cosi com’e. E ora stava per entrare nel campo d’azione dello schermo deformante.
Qui le linee parallele s’incontravano e le figure triangolari che si scorgevano sui muri umidi e traballanti erano costituite interamente di angoli ottusi. Un fiume scorreva verticale attraverso la valle; le stelle erano vicinissime e le lune orbitavano una attorno all’altra.
L’unica cosa da fare era tenere gli occhi chiusi e non lasciarsi ingannare.
«Piede sinistro. Piede destro. Piede sinistro. Piede destro. Spostati a sinistra strisciando leggermente il piede. Torna indietro verso destra. Bene. Riprendi ad avanzare.»
Ma il frutto proibito tentava Boardman. Per tutta la vita aveva cercato di vedere le cose chiaramente; l’attrazione che esercitavano su di lui le deformazioni era irresistibile. Si fermo, piantando saldamente i piedi in terra.
Rimase completamente immobile. La voce silenziosa del calcolatore lo incito a proseguire.
«Aspettate» disse lui in tono pacato «se non mi muovo posso guardarmi attorno un attimo. Non puo succedermi niente, se non mi muovo.»
Il cervello elettronico gli ricordo il getto di fiamma che aveva causato la morte di Marshall.
Boardman non gli diede retta, e guardo. Tutto quello che vedeva intorno a se era la negazione della geometria. Si senti assalire da un disgusto inesprimibile.
Dapprima penso a Ned Rawlms. Il giovane era venti metri piu oltre, e passava lentamente davanti allo schermo. Occhi chiusi? Ma certo. Ned era un ragazzo obbediente. O spaventato.
Boardman comincio a sollevare la gamba destra, poi appoggio di nuovo il piede sul selciato. A pochi passi da lui, vibrazioni di luce dorata serpeggiavano nell’aria, assumendo forme ora di cigno, ora di albero. La spalla sinistra di Ned era troppo alta, la sua schiena, incurvata. Una gamba andava avanti, l’altra indietro. Attraverso una nebbiolina dorata, Boardman vide il corpo di Marshall inchiodato al muro: gli occhi erano sbarrati. Guardando in quegli occhi, ci si vide riflesso: tutto naso, senza la bocca. Allora abbasso le palpebre.
Il calcolatore, soddisfatto, ricomincio a guidarlo.
All’estremita della passerella, Rawlins si fermo, e chiese al cervello elettronico se poteva riposare un poco. Il calcolatore disse di si. Lentamente, Ned si abbasso, dondolo un momento sui calcagni e poi tocco con le ginocchia il selciato freddo. Guardo indietro: alle sue spalle erano ammucchiati, senza tracce di cemento nelle connessure, diversi blocchi giganteschi di pietra che, tutti insieme, raggiungevano un’altezza di cinquanta metri e fiancheggiavano una stretta apertura da cui era appena sbucato Charles Boardman. Charles era accaldato e grondava sudore.
Ned trovo la cosa divertente: non aveva mai visto il vecchio perdere la propria aria di sufficienza.
Neppure Rawlins, pero, si sentiva molto sicuro di se. I veleni metabolici ribollivano all’interno del suo organismo. Era talmente inzuppato di sudore, che i congegni della sua tuta dovevano lavorare il doppio per eliminare il liquido, distillare e volatilizzare il substrato di composti chimici.
Boardman lo raggiunse, e s’inginocchio anche lui. Rawlins dovette dargli una mano perche non perdesse l’equilibrio.
«Muller e passato di qui da solo e ce l’ha fatta» mormoro Ned.
«Muller e sempre stato un uomo straordinario.»
«Come credete che abbia fatto?»
«Chiediglielo.»
«E quello che voglio fare. Forse domani a quest’ora staro chiacchierando con lui.»
«Gli altri presto ci verranno incontro. Devono averci individuati, ormai: certamente i loro rivelatori di massa hanno segnalato la nostra presenza. Forza, Ned! Andiamo.»
Si alzarono. Ancora una volta, Rawlins apri la strada.
La zona F era meno caotica, ma l’ambiente era anche meno piacevole. Prevaleva uno stile architettonico sobrio, variato qua e la da costruzioni capricciose che generavano un contrasto di forme discordanti. Benche