«Abbiamo bisogno di lui.»
«Va bene.»
«E ho bisogno anche di te» aggiunse Boardman. «Se potessi fare da solo, lo farei. Ma se mi vede, mi ammazza. Sensa esitazioni. Ai suoi occhi sono un mostro. E come me, tutti quelli che hanno avuto a che fare con la sua carriera passata. Ma tu sei diverso. Di te, potrebbe anche fidarsi. Sei giovane e hai un’aria maledettamente onesta, e poi sei figlio di un suo amico. Tu puoi farcela.»
«E imbottirlo di bugie, per poterlo poi mettere in trappola.»
Boardman chiuse gli occhi, dominandosi a stento.
«Piantala, Ned.»
«Su, avanti. Ditemi che cosa dovro fare dopo che l’avro avvicinato.»
«Fartelo amico. Prendi le cose con calma e fa’ in modo che desideri le tue visite.»
«E se non riesco a sopportare la sua presenza?»
«Non lasciarglielo capire. Fingi di poter tollerare la sua compagnia. Tenta. Chiacchiera con lui e lasciagli capire chiaramente che stai rubando tempo al tuo lavoro scientifico: quegli zotici bastardi che sono a capo della spedizione non vogliono che tu abbia a che fare con lui, ma tu ti senti come attratto da lui, per stima, forse per affetto, e non permetterai che ti mettano i bastoni tra le ruote… Raccontagli tutto di te: le tue ambizioni, la tua vita amorosa, i tuoi svaghi, tutto quello che ti verra in mente. Parla liberamente, servira a rafforzare l’immagine del giovane ingenuo.»
«Dovro parlargli anche dei galattici?»
«Non di proposito. Infilali nel discorso in qualche modo, come per ragguagliarlo sugli avvenimenti recenti. Ma non dirgli troppo. Soprattutto non accennare alla minaccia che rappresentano. E, silenzio assoluto sul bisogno che abbiamo di lui, mi raccomando. Se appena intuisce il nostro interesse nei suoi confronti, e finita. Per noi, e forse anche per te.»
«Come faro a convincerlo a uscire dal labirinto, se non gli dico che abbiamo bisogno di lui?»
«Lasciamo da parte questo particolare, per ora» disse Boardman. «Ti spieghero la seconda parte del piano quando sarai riuscito a guadagnarti la sua fiducia.»
«Questo significa che avete intenzione di farmi commettere un’enormita tale da non avere il coraggio di parlarmene, per paura che me ne lavi le mani e vi pianti in asso!»
«Ned…»
«Scusatemi. Ma sentite un po’, perche dobbiamo proprio farlo uscire con un inganno? Perche non possiamo dirgli che l’umanita non puo fare a meno di lui e obbligarlo a venire fuori?»
«E credi che questo sarebbe piu normale di un inganno?»
«Se non altro, piu pulito. Detesto i complotti. Preferirei aiutarvi a catturarlo e a portarlo fuori dal labirinto di peso, piuttosto che fare quello che mi chiedete.»
«Non possiamo costringerlo a uscire. E troppo pericoloso: potrebbe trovare il modo di uccidersi nel momento stesso in cui si accorgesse che vogliamo prenderlo.»
«Potremmo addormentarlo con un’ipno-pistola. Ci penserei io. Basta avvicinarsi, sparare, portarlo fuori, e quando si sveglia gli si spiega…»
Boardman scosse la testa. «Ha avuto nove anni di tempo per conoscere quel labirinto. Non sappiamo quali trucchi abbia imparato e quali tranelli abbia preparato per difendersi. Puo darsi persino che abbia programmato le cose in modo che tutto salti in aria non appena uno preme il grilletto di una pistola. No, bisogna che venga fuori di sua volonta, Ned, e questo significa che dobbiamo ingannarlo con false promesse. Lo so che la faccenda puzza, ma tutto l’Universo puzza, qualche volta. Non te ne sei mai accorto?»
«Non deve puzzare!» disse Rawlins brusco, alzando la voce. «E questa la lezione che avete imparato in tanti anni? Non e l’Universo che puzza, e l’uomo! E preferisce puzzare piuttosto che mandare buon odore. Non dobbiamo mentire. Non dobbiamo ingannare. Decidiamo una volta per tutte di comportarci con onore, decentemente…» S’interruppe e aggiunse, in tono diverso: «vi sembro maledettamente giovane, vero?»
«E giusto che tu faccia degli sbagli. Essere giovani significa proprio questo.»
«Ma voi credete, sinceramente, in una maligna forza cosmica che regola il meccanismo dell’Universo?»
Boardman premette una contro l’altra le dita tozze. «Non imposterei il problema in questo modo» disse. «Non esiste una forza personale del male, come non esiste una forza personale del bene: l’Universo e un’enorme macchina anonima. Naturalmente, tende a forzare maggiormente alcune parti meno importanti e queste si logorano, ma a lui non gliene importa niente, perche puo generare parti di ricambio. Non c’e niente d’immorale in questo logorio, bisogna riconoscere che dal punto di vista delle parti interessate, la cosa ha l’aspetto di uno sporco affare. Quando Dick Muller atterro sul pianeta degli Hydrani, due parti dell’Universo cozzarono una contro l’altra. Noi dovevamo mandarlo la, perche fa parte della nostra natura scoprire cose nuove, e loro gli fecero quello che gli fecero, perche l’Universo, come ti ho detto, spesso sacrifica alcune delle sue parti. Il risultato fu che Muller se ne venne via in pessime condizioni. Era stato attirato nell’ingranaggio dell’Universo, ed era stato distrutto. Ora si sta verificando un altro urto, inevitabile, e dobbiamo gettare nuovamente Muller in quell’ingranaggio. Probabilmente verra maciullato una seconda volta. E la cosa puzza, come dici tu. Per fare in modo che questo possa accadere, tu e io dobbiamo macchiare un poco le nostre animucce. Anche questo puzza, ma non abbiamo alternative. Se non ci compromettiamo e non inganniamo Muller, rischiamo di dare il via a un nuovo movimento della grande macchina universale che distruggera l’intera umanita. E questo puzzerebbe anche di piu! Ti ho chiesto di commettere un’azione ignobile per un motivo nobile.»
«E dov’e mai il posto del libero arbitrio, in questo vostro Universo meccanico?»
«Non esiste. Ecco perche l’Universo «puzza».»
«Siete sempre stato convinto di quello che dite adesso?»
«Per la maggior parte della mia vita, almeno.»
«Fin da quando avevate la mia eta?»
«Anche da prima.»
Rawlins guardo lo schermo. «Andiamo» disse «sono stanco di aspettare.»
11
Muller li vedeva avvicinarsi sempre piu, ed era stupito della propria calma. Aveva distrutto il ricognitore, e dopo non ne erano stati mandati altri, ma i suoi schermi mostravano gli uomini accampati nei settori periferici. Non riusciva a distinguere chiaramente le loro facce e neanche capiva che cosa stessero facendo, ma ne aveva contato una dozzina, piu o meno. Alcuni si erano sistemati nella zona E, e un altro gruppo, piu numeroso, in quella F. Ne aveva anche visti tre o quattro nelle zone pericolose.
Aveva la possibilita di attaccare in diversi modi. Per esempio, poteva inondare la zona E con l’aiuto dell’acquedotto: l’aveva gia fatto una volta, inavvertitamente, e la citta aveva speso un giorno intero per ripulirsi. Ricordava che, durante l’inondazione, la zona E era rimasta sigillata da paratie stagne per impedire che l’acqua ne uscisse. Se gli invasori non fossero annegati subito, certamente sarebbero finiti in qualche trabocchetto. Muller poteva fare molte altre cose per impedire agli intrusi di raggiungere il centro.
Ma non fece niente. Sapeva che alla base della sua inazione c’era il desiderio inconfessato di spezzare l’isolamento di quei lunghi anni. Per quanto li odiasse, per quanto li temesse, per quanto detestasse l’intrusione nella sua solitudine, permetteva loro di avanzare.
Muller aveva passato quasi un anno tra gli Hydrani, poi, vedendo che non concludeva niente, era rientrato nella sua capsula e aveva puntato verso il cielo, riprendendo possesso della nave rimasta in orbita. Se gli Hydrani possedevano una mitologia, certamente lui era entrato a farne parte.
Una volta a bordo, compi le manovre che l’avrebbero riportato sulla Terra. Mentre notificava la propria presenza al cervello elettronico della nave, si vide riflesso in una piastra di metallo brunito. Si spavento. Gli Hydrani non possedevano specchi e Muller, per la prima volta, vide le rughe profonde incise sulla sua faccia. Ma non erano le rughe a preoccuparlo. Era piuttosto l’espressione curiosa, indefinibile, che scorgeva nei suoi occhi.