documenti erano in ordine. Allora una fessura appena visibile nella parete si allargo, diventando una porta, e lui usci. Per la prima volta dopo l’atterraggio si sarebbe finalmente incontrato con un essere umano.

Boardman era venuto a prenderlo e con lui c’era Marta. Questa ora aveva i capelli corti e color verde-mare, si era argentata le palpebre e dorato il collo snello, e sembrava la statua di se stessa.

D’impeto, la mano di Boardman afferro quella dell’astronauta in una stretta calorosa che pero subito si allento. La mano scivolo via, prima ancora che Muller avesse il tempo di ricambiare il saluto. «Sono felice di rivedervi, Dick!» disse Boardman senza convinzione, indietreggiando di due passi. Le sue guance si afflosciarono, strappate in giu come per effetto di una forte attrazione gravitazionale. Marta s’infilo tra i due uomini e si strinse a Muller, che pero non ebbe il coraggio di baciarla. Gli occhi della ragazza erano splendidi, e lui ci si specchio come in un lago limpido, ma le narici di lei fremevano, e si vedevano i muscoli irrigidirsi. Cercava di allontanarsi. «Dick» mormoro «ho pregato per te ogni sera. Non sai quanto mi sei mancato!» Muller sentiva che lei lottava duramente con se stessa e le sfioro con la guancia l’orecchio delicato. «Dick» mormoro ancora Marta «mi sento cosi strana… cosi felice di vederti, che ne sono tutta sconvolta! Provo una sensazione indefinibile…»

Si. Capiva. La lascio.

Boardman, sudato e nervoso, si stava asciugando la faccia col fazzoletto e camminava su e giu tormentandosi le mani.

Dick non l’aveva mai visto in quello stato. «E se vi lasciassi un po’ soli, voi due?» propose, con voce stranamente forte. «Il tempo mi ha dato sui nervi, Dick. Parleremo domani. La stanza all’albergo e gia prenotata.» E se ne ando quasi di corsa.

Muller si senti prendere dal panico. «Dove andiamo?» chiese.

«C’e una taxicapsula, fuori. Alloggiamo allo Startport Inn.» Il labbro inferiore di Marta tremava leggermente, come se stesse masticando qualcosa. La prese per mano e salirono insieme sulla scala mobile che li porto fuori dalla sala d’aspetto, fino alla macchina in attesa. Avanti penso, adesso dimmi che non ti senti bene. Che non capisci come mai da dieci minuti a questa parte ti senti terribilmente depressa!

«Perche ti sei tagliata i capelli?» chiese.

«E un mio diritto. Non ti piaccio, cosi?»

«Ti preferivo prima.» Entrarono nella capsula. «Lunghi, azzurri… come il mare in un giorno di vento.» La capsula parti.

Lei si teneva a una certa distanza, le spalle contro il portello. «Neanche il tuo trucco, mi piace. Scusami, cara. Vorrei poterti dire il contrario.»

«Mi ero fatta bella per il tuo ritorno!»

«Perche muovi cosi le labbra?»

«Muovo le labbra? Ma no…»

«Niente, lascia perdere» disse lui. «Eccoci arrivati. La stanza e gia prenotata?»

«Si, a tuo nome.»

Entrarono. Muller poso la mano sulla piastra di registrazione. Si accese una luce verde, e loro si avviarono all’ascensore. L’albergo si apriva al quinto livello sotterraneo dello spazioporto, e scendeva per quindici altri piani. La loro stanza era quasi in fondo. Hanno scelto bene penso Muller. Forse e l’ala riservata agli appartamenti matrimoniali. Entrarono in una camera tappezzata di arazzi caleidoscopici, con un grande letto e tutti gli accessori necessari. La luce era discretamente abbassata. Muller penso a tutti i mesi in cui aveva dovuto accontentarsi degli erotocubi, e le vene cominciarono a pulsargli. Lei gli passo davanti ed entro nella stanza attigua, dove rimase a lungo.

Quando ne usci, tutto il trucco se ne era andato e i capelli erano tornati azzurri…

«Come il mare» disse lei. «Mi spiace di non poterli far crescere, qui. La stanza non e programmata per questo.»

«Stai molto meglio, cosi!» Lui la guardo attentamente. «Gli Hydrani» disse «hanno quattro o cinque sessi, o forse nessuno. Non te lo saprei dire con certezza. Da questo potrai capire come sono riuscito a conoscerli nel tempo trascorso con loro. Comunque sia, sono certo che noi ci divertiamo di piu. Perche te ne stai li in piedi come una statua, Marta?»

Lei si avvicino in silenzio. Tremava leggermente, come un animale spaventato. Muller appoggio le labbra su quelle di lei, e le senti aride, ferme, ostili. Sedettero uno accanto all’altro sulla sponda del letto, e vide che gli occhi le si riempivano di pena.

«Dimmi che cosa non va, Marta.»

«Non lo so.»

«Sembra quasi che tu ti senta male.»

«Sto male davvero.»

«E quando hai cominciato a sentirti cosi?»

«Oh… Dick! Perche mi fai tutte queste domande? E cosi doloroso… cosi terribilmente doloroso…»

«Ma che cosa?»

Non volle rispondere. Fece un gesto vago e cerco ancora di staccarsi da lui.

Muller scatto in piedi.

«Dick, te l’avevo detto di non andare, che avevo una premonizione e che ti potevano capitare cose peggiori della morte!»

«Dimmi che cosa ti fa soffrire.»

«Non posso. Non lo so.»

«Dimmi la verita. Quando e cominciato?»

«Stamattina. Quando mi sono svegliata.»

«Non e vero.»

«Oh, Dick, facciamo all’amore! Non posso piu aspettare. Io…»

«Tu?»

«Non posso sopportare…»

«Che cosa non puoi sopportare?»

«Niente! Niente!» Si era alzata anche lei dal letto, ora, e gli si strofinava contro come una gatta. Ma rabbrividiva, tutti i muscoli si contraevano sulla sua faccia e gli occhi avevano un’espressione d’angoscia infinita.

Muller l’afferro per i polsi e glieli strinse forte. «Dimmi che cosa non puoi sopportare, Marta!»

Lei trattenne il respiro, e l’uomo strinse ancora piu forte.

«Dimmelo!» urlo. «Tu non puoi sopportare…»

«… di starti vicina» disse la ragazza.

12

Nell’interno del labirinto l’aria era piu tiepida, Rawlins penso che probabilmente le mura tagliavano le raffiche di vento gelido. Camminava lentamente, attento alla voce che gli sussurrava all’orecchio: «Volta a sinistra… tre passi… metti il piede destro accanto alla striscia nera sul selciato… gira su te stesso… volta a sinistra… quattro passi… svolta di novanta gradi a destra… fai immediatamente un’altra svolta di novanta gradi…»

Era come «la settimana», un gioco di ragazzi. Ma qui la posta era piu alta. Ned si muoveva cauto e sentiva la Morte alitargli addosso. Una fiammata improvvisa sprizzo davanti a lui, in mezzo alla strada. Il calcolatore conto: «Uno, due, tre, quattro, cinque, via!» e Rawlins avanzo.

Salvo.

Poi si fermo, e guardo indietro. Boardman lo seguiva, e non sembrava impacciato dall’eta; anzi, gli fece un cenno con la mano e strizzo l’occhio. Anche lui ubbidiva puntualmente al calcolatore. «Uno, due, tre, quattro, cinque, via!» E attraverso il punto in cui sgorgava il getto di energia.

Rawlins non poteva fare a meno di guardare le ossa che giacevano dappertutto. Scheletri vecchi di secoli e cadaveri che erano li da molto, molto meno. Esseri di tutte le razze avevano trovato la morte in quel luogo.

E se anch’io ci lasciassi la pelle nei prossimi cinque minuti? penso.

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