fa ruotare i pali, regola la riserva d’acqua e pulisce le strade.»
«E aziona i trabocchetti.»
«Esatto. Ma non sono riuscito a trovarlo. Ho fatto degli scavi, qua e la, ma inutilmente. Forse voi, maledetti archeologi, riuscirete a localizzare il cervello della citta. Avete gia qualche indizio?»
«No, non credo. Io in genere, pero, sto fuori dal labirinto, a dirigere le operazioni di ingresso. Quando sono entrato, sono venuto direttamente qui. Percio, non posso sapere quello che gli altri hanno scoperto nel frattempo. Ammesso che abbiano scoperto qualcosa.»
«Hanno intenzione di scalzare le pietre delle strade?»
«Credo di no. Non usa piu il sistema degli scavi. Ci serviamo di ricognitori sensori, e raggi-sonda.» Sorpreso dalla disinvoltura con cui riusciva a improvvisare, si getto a capofitto nell’argomento. «Un tempo, l’archeologia distruggeva. Per scoprire che cosa ci fosse sotto una piramide, bisognava rimuoverla. Adesso si puo fare di piu e di meglio con i ricognitori. Questa e la nuova scuola: penetrare il mistero del suolo senza scavare, conservando cosi, intatti, i monumenti del passato per il…»
«Quindici anni fa, su uno dei pianeti di Epsilon Indi» lo interruppe Muller «una squadra di archeologi smantello completamente un monumento funerario costruito da una razza sconosciuta, e poi non riusci piu a rimetterlo assieme. Non avevano capito i criteri su cui era basata la struttura dell’edificio. Si provarono a rimontarlo, ma il monumento crollo a pezzi e ando perduto per sempre. Due o tre mesi piu tardi mi e capitato di vederne le rovine. Ma certamente tu conosci questo caso.»
Rawlins non ne sapeva niente. Arrossi e disse: «In ogni campo ci sono gli incompetenti!»
«Mi auguro che non ce ne siano anche tra voi. Non voglio che il labirinto venga danneggiato. Comunque, non sarebbe facile. Si difende bene da se.» Si scosto di qualche passo dal palo e soggiunse, quasi parlando a se stesso: «Le gabbie si sono chiuse di nuovo.»
«Le gabbie?»
«Guarda laggiu. In quella strada che parte dalla piazza.»
Rawlins vide una nicchia scavata nel muro di un edificio. Dal terreno spuntavano una decina o forse piu di sbarre curve di pietra bianca, che scomparivano dentro il muro a un’altezza di quattro metri circa, formando una specie di gabbia. Piu in la, nella stessa strada, si vedeva un’altra gabbia uguale.
«Ce ne sono almeno venti, sistemate simmetricamente lungo le strade che sboccano nella piazza» disse Muller. «Da quando sono qui, si sono aperte tre volte. Le sbarre scorrono dentro il terreno e scompaiono. Il fenomeno si e verificato per la terza volta due notti fa. Non sono mai riuscito a vedere le sbarre aprirsi o chiudersi. Nemmeno quest’ultima volta.»
«A cosa credete che servano?»
«A tenerci bestie feroci, o nemici fatti prigionieri.»
«Ma adesso…»
«La citta si preoccupa ancora di servire la sua gente. Ci sono diversi nemici nelle zone periferiche e le gabbie sono pronte, nel caso che questi vengano catturati.»
«Saremmo noi?»
«Si. Nemici.» Gli occhi di Muller scintillarono all’improvviso di collera. La facilita con cui passava da un atteggiamento normale alla furia gelida tipica del paranoico era impressionante. «L’«Homo Sapiens»» riprese «il piu pericoloso, spietato, spregevole animale dell’Universo!»
«Lo dite come se ne foste convinto.»
«E lo sono.»
«Andiamo…» disse Rawlins. «Avete dedicato la vostra vita al servizio della razza umana. Non potete credere…»
«Ho dedicato la mia vita» disse Muller lentamente «al servizio di Richard Muller.» Si volto in modo da veder bene Rawlins. C’erano sei o sette metri tra i due, ma la radiazione era forte come se fossero a contatto. «L’umanita mi interessava molto meno di quello che tu puoi pensare, ragazzo mio» riprese Muller. «Vedevo le stelle e volevo farle mie. Volevo diventare un dio. Un mondo solo non mi bastava piu: li volevo tutti per me. Cosi ho scelto una carriera che mi portasse verso le stelle. Ho rischiato la vita migliaia di volte e sopportato temperature estreme. Mi sono rovinato i polmoni con gas sconosciuti, e i medici hanno dovuto ricostruirmi da capo a piedi. Ho mangiato cibi che ti farebbero star male solo a vederli. Molti ragazzi come te mi hanno idolatrato e hanno scritto migliaia di temi sul mio altruismo, sulla mia dedizione; alla causa dell’umanita, sulla mia instancabile ricerca di cose nuove. Ma veniamo al sodo. Io sono altruista quanto lo sono stati Colombo, Magellano e Marco Polo. Sono stati grandi esploratori, e vero, ma si aspettavano anche una lauta ricompensa. E anch’io volevo una ricompensa: volevo innalzarmi migliaia di chilometri sopra gli altri mortali. Volevo che migliaia di statue d’oro mi raffigurassero su mille mondi. T’interessi di poesia? E l’ansia della fama, che sprona il poeta.
«La gabbia…»
«Lasciami finire» scatto Muller, con violenza. «Vedi, in realta io non ero un dio, ma un misero mortale che s’illudeva, a cui i veri dei hanno impartito una severa lezione. Hanno deciso di ricordarmi che dentro di me, sotto gli indumenti di plastica, c’era una bestia pelosa. Cosi hanno fatto in modo che gli Hydrani eseguissero un abile intervento chirurgico sul mio cervello, una loro specialita, credo. Non so se gli Hydrani desiderassero nuocermi o se volessero invece guarirmi da un difetto, e cioe dall’incapacita di comunicare agli altri le mie emozioni. So soltanto che hanno fatto un bel lavoro. E poi sono tornato sulla Terra: eroe e lebbroso insieme. Vienimi vicino, e ti sentirai male. E sai perche? Perche quello che senti ti ricorda che anche tu sei una bestia. E un circolo chiuso: gli altri mi odiano perche, avvicinandomi, scoprono molte cose su se stessi, e io li odio perche si tengono lontani da me. Io, vedi, sono un appestato, e la peste che porto in me e la verita. E una fortuna per l’umanita che gli uomini siano ognuno chiuso nel proprio cervello, perche se fossimo anche solo minimamente telepatici, anche se riuscissimo a trasmetterci soltanto sensazioni e non parole, non potremmo sopportarci a vicenda. Gli Hydrani penetrano direttamente nella mente dei loro simili, e sembra che la cosa li diverta, ma noi siamo diversi. Per questo dico che l’uomo e l’animale peggiore dell’Universo. Non puo nemmeno sopportare l’odore dei suoi simili.»
«La gabbia si sta aprendo!» grido Rawlins.
«Cosa? Lasciami vedere!» Muller balzo in avanti. Rawlins non fece in tempo a tirarsi da parte, e ricevette in pieno l’ondata di emanazioni. Ma questa volta l’esperienza fu meno penosa. Gli vennero alla mente visioni autunnali: foglie secche, fiori appassiti, vento polveroso e crepuscolo precoce. Provo rimpianto, piu che angoscia, per la brevita della vita, l’ineluttabilita della condizione umana.
«Si sono gia ritratte di parecchi centimetri. Perche non me l’hai detto prima?»
«Veramente ho tentato di farlo, ma non mi avete ascoltato.»
«Io e i miei maledetti soliloqui!» Muller rise. «Ned, sono anni che aspetto di vedere le sbarre che si muovono. Guarda come scorrono facilmente scomparendo nel terreno! E molto strano, Ned: non si sono mai aperte due volte nello stesso anno, e ora, in una settimana, e successo due volte.»
La gabbia era completamente spalancata, adesso. Non c’era piu traccia delle sbarre, era rimasta solo una fila di fori nel piano stradale.
«Non avete mai provato a mettere qualcosa in una gabbia?» domando Rawlins.
«Si. Una volta ci ho trascinato dentro la carogna di una grossa bestia. Non e successo niente. Poi ho tentato con un paio di animaletti vivi. Ancora niente.» Aggrotto la fronte. «Avevo pensato di entrare io stesso nella gabbia, per vedere se si sarebbe chiusa automaticamente sentendo la presenza di un essere umano vivo. Poi ho rinunciato. Quando si e soli, non si possono fare esperimenti del genere.» Tacque un istante, poi chiese: «Non vorresti aiutarmi in un piccolo esperimento, Ned? Entra nella nicchia e restaci un minuto. Per vedere se la gabbia si chiude.»
«E se si chiude» disse Rawlins, senza pensarlo sul serio «avete la chiave per farmi uscire?»
«Ho diverse armi. Posso sempre tagliare le sbarre col laser.»
«Sarebbe vandalismo. Non mi avete raccomandato di non distruggere niente, qui?»
«Qualche volta bisogna distruggere per imparare. Entra, Ned.»
La voce di Muller era diventata inespressiva, strana. Aspettava in piedi, leggermente curvo in avanti, le braccia un po’ scostate dai fianchi, e le mani rivolte in avanti.