viveva, respirava, pulsava, sospirava.

Percorse un passaggio avvolto nelle tenebre, e si avvicino a una ringhiera bassa, una scura linea rossa contro l’oscurita profonda. La sfioro col fianco, continuando a camminare. A un tratto scivolo e ci batte contro il gomito. Senti il risuonare del metallo lungo tutta la struttura. Echi soffocati si persero alle sue spalle. Come se fosse ancora nel labirinto, percorse corridoi, attraverso portelli, scompartimenti, ponti gettati sopra abissi profondi, sboccando poi in locali dal soffitto altissimo. Avanzava alla cieca, affidandosi alla sorte. Non temeva niente, anche se intravvedeva appena quello che gli stava vicino. Non riusciva a farsi un’idea della forma generale del satellite, e neanche indovinava il significato di quelle suddivisioni interne.

Dalla gigantesca presenza invisibile continuavano a giungere onde silenziose sempre piu intense, una pressione sempre piu forte. Muller tremava, in quella stretta misteriosa. Tuttavia continuo ad avanzare, finche arrivo in una galleria centrale. Nella tenue luce azzurra riusci a distinguere una serie di terrazzi digradanti, molto piu sotto da dove si trovava lui, un serbatoio. Dentro c’era qualcosa di traslucido e immensamente grande.

«Eccomi» disse. «Sono Richard Muller e vengo dalla Terra.»

Si aggrappo alla ringhiera e si sporse a guardare. Forse l’essere enorme si muoveva? Brontolava? Lo chiamava in una lingua sconosciuta? Non udiva niente. Ma «sentiva» qualcosa d’inspiegabile.

Sentiva l’anima sfuggirgli, risucchiata da… Da cosa? Da chi?

Giu, nella voragine, il mostro gli strappava lo spirito, apriva ogni nodulo di energia, aspirava avidamente, esigeva sempre di piu, voleva tutto.

«Avanti» disse Muller, e la sua voce echeggio tutt’attorno. «Bevi. Che gusto ha? Amaro? Bevi!»

Le ginocchia gli si piegarono. Si curvo in avanti, e appoggio la fronte alla ringhiera fredda. Offriva se stesso, come sciogliendosi in mille gocce iridescenti. Da lui uscirono il primo amore e la prima delusione, la pioggia d’aprile, la febbre e il dolore, l’orgoglio e la speranza, l’odore della sofferenza e il contatto carnale, il caldo e il freddo, le onde della musica e la musica del tuono. E poi morbidi capelli, attorcigliati attorno a un dito, linee impresse in un terreno morbido, stalloni sbuffanti, e branchi di piccoli pesci iridescenti, i palazzi della Nuova Chicago, e i bordelli di Nuova Orleans Sotterranea. E ancora: neve, latte, vino, fame, fuoco, pena, sonno, sofferenza, mele, alba, lagrime, Bach, grasso sfrigolante, la risata dei vecchi, il Sole all’orizzonte, la Luna sul mare, estasi, tristezza, sale, campi verdi, la luce di altre stelle, gambe ben tornite, danzatrici volteggianti, cubi di proiezione, spazio-tassi, gin ghiacciato, libri sfogliati, gas di scarico dei razzi, fiori d’estate ai margini di un ghiacciaio, e molte, molte altre cose. Riverso tutto quello che aveva dentro. Poi aspetto una risposta che non venne, e quando ebbe dato proprio tutto, rimase li, la testa reclinata sul petto, svuotato, inaridito.

Fissava l’abisso senza vederlo.

26

Appena fu in grado di muoversi, se ne ando. Il portello si apri per lasciare passare la capsula, e questa torno alla sua nave. Presto Muller riprese il viaggio di ritorno. Dormi quasi tutto il tempo. Quando fu nei pressi di Antares, prese il comando della nave e chiese di cambiare rotta. Non era necessario tornare sulla Terra. La stazione di controllo registro la sua richiesta, si accerto che la rotta fosse libera, e gli diede il permesso di partire subito per Lemnos. Muller punto immediatamente sul pianeta.

Quando arrivo, trovo un’altra nave in orbita, ad aspettarlo. Cerco d’ignorarla e continuo per la sua strada, ma l’altra nave volle mettersi in contatto con lui, e Muller accetto di comunicare.

«Qui e Ned Rawlins» disse una voce stranamente calma. «Perche avete cambiato il programma di volo?»

«Che importanza ha? La mia missione l’ho compiuta.»

«Non avete fatto rapporto.»

«Allora lo faccio adesso. Ho trovato l’essere straniero e abbiamo fatto una bella chiacchierata amichevole. Poi mi ha lasciato andare. E adesso sto tornando a casa. Fine del rapporto.»

«Che cosa avete intenzione di fare?»

«Vado a casa, non l’ho gia detto? Quella e la mia casa.»

«Lemnos.»

«Gia, Lemnos.»

«Dick, lasciatemi venire a bordo. Concedetemi dieci minuti con voi… di persona. Vi prego, non negatemi questo favore!»

«Non te lo nego.»

Subito una scialuppa si stacco dall’altra nave, adeguandosi alla velocita dello scafo di Muller. Questi aspetto pazientemente. Rawlins entro nel veicolo spaziale e si tolse il casco. Era pallido, teso, sembrava invecchiato. Rimasero uno di fronte all’altro per un lungo istante, poi Ned avanzo e strinse la mano di Dick.

«Credevo di non rivedervi mai piu» comincio «e volevo dirvi…» s’interruppe.

«Si?» fece Muller.

«Non sento niente!» disse Rawlins. «Non sento niente!»

«Che cosa non senti?»

«Voi… La vostra emanazione. Guardate, sono vicinissimo! Tutta la sofferenza, la disperazione… non sento piu niente!»

«L’ha assorbita l’essere alieno» disse Muller, calmo. «La cosa non mi sorprende. La mia anima ha abbandonato il mio corpo e non mi e stata restituita completamente.»

«Ma che cosa state dicendo?»

«L’ho sentito prosciugare tutto quello che c’era in me, e ho capito che dopo sarei stato diverso. Non l’ha fatto deliberatamente. E stato del tutto accidentale.»

«Allora lo sapevate anche prima che io salissi a bordo!» disse Rawlins. «Ciononostante volete tornare nel labirinto. Perche?»

«E la mia patria.»

«La vostra patria e la Terra, Dick. Non c’e piu ragione perche non dobbiate tornarci. Siete guarito.»

«Si. Una storia triste che finisce bene. Sono nuovamente in condizione di tornare tra gli uomini. E la ricompensa per avere rischiato due volte la vita tra esseri alieni. Una bella fortuna! Ma l’umanita e ancora sopportabile per me?»

«Non andate laggiu, Dick. Sragionate, adesso. Charles mi ha mandato a prendervi. E fiero di voi. Tutti lo siamo. Sarebbe un grosso sbaglio andare a seppellirvi in quel labirinto!»

«Torna alla tua nave, Ned.»

«Se tornate nel labirinto, ci verro anch’io.»

«Fallo, e io ti ammazzo. Voglio stare solo, capito? Ho portato a termine la mia missione, l’ultima. Adesso vado in pensione, libero da tutti gli incubi.» Abbozzo un sorriso forzato, e soggiunse: «Non venire a cercarmi, Ned. Io ho avuto fiducia in te e tu mi hai ingannato. Tutto il resto non conta. Lascia la mia nave, adesso. Ci siamo detti tutto quello che avevamo da dire. Addio. E porta i miei saluti a Charles.»

«Non fatelo…»

«Laggiu c’e qualcosa che non voglio perdere. E vado a riprenderne possesso. Stai alla larga! State alla larga tutti. Ora so la verita sugli uomini. Te ne vuoi andare, si o no?»

Senza parlare, Rawlins chiuse la tuta spaziale. Mentre si dirigeva verso il portello, Muller disse: «Sono contento di avere visto te per ultimo. Cosi sara piu facile.»

Rawlins scomparve.

Poco dopo, Muller programmo la nave per un’orbita iperbolica da compiersi dopo un periodo di venti minuti, entro nella capsula e si preparo a scendere su Lemnos. La discesa fu rapida e l’atterraggio perfetto. Scese proprio nel punto stabilito, a due chilometri dall’ingresso del labirinto. Il sole splendeva, alto nel cielo. Muller si avvio di buon passo.

Aveva fatto quello che volevano. Adesso tornava a casa.

«E tutta una commedia» disse Boardman. «Tornera prima o poi.»

«Non credo» rispose Rawlins. «Parlava sul serio.»

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