Marciano diretti verso nord, almeno per quanto riesce a stabilire Clay. Siccome lo sferoide non e particolarmente portato alla conversazione, Clay si dedica a un tentativo di analisi razionale delle sue esperienze a partire dal momento del risveglio. Cerca di ricapitolare, dividendo in categorie gli eventi. Classifica le varieta di cosiddette forme 'umane' da lui incontrate; considera le varie metamorfosi che ha attraversato; registra i dettagli di ognuno dei suoi viaggi al di la delle normali capacita sensoriali di un uomo del ventesimo secolo, e cerca di discernere se questi viaggi siano stati frutto di illusione o realta. Esamina i fenomeni di quest’epoca futura, quali l’ambiguita sessuale e la transitorieta della morte. Durante questo riesame freddo e spassionato presta ben poca attenzione all’ambiente che lo circonda, e ci vuole un po’ prima che si accorga della sgradevolezza e disarmonia presenti nella regione che stanno attraversando. E scesa la notte; i particolari della situazione gli sono nascosti dall’oscurita. Ma un lieve e deprimente bagliore purpureo sorge dal terreno, mostrandogli quanto basta. Si trova in una zona arida, piatta e secca, dove la crosta asciutta del terreno scricchiola sotto i piedi, e piccoli e aguzzi sassolini gli pungono la carne. Grandi picchi pietrosi corrosi dal sole si stagliano all’orizzonte. Non si vede nemmeno l’ombra di una pianta, nemmeno le fluorescenze tipiche del deserto. Uno sgradevole ronzio, simile al lamento di mosche intrappolate contro una finestra chiusa, si innalza da strane fessure che si partono nel terreno sotto i suoi piedi; inginocchiandosi accanto a una di esse per un ascolto piu attento, sente il sinistro ronzio ritorcersi ed echeggiare negli abissi sotterranei. Un senso di intollerabile secchezza prevale sull’ambiente. Il cielo notturno e velato da una specie di sottile foschia, che maschera le stelle. Clay si chiede se si tratta di un altro degli inferni in Terra di cui una volta gli ha parlato Ninameen, un parente prossimo della regione della Vecchiaia. E questo il posto chiamato Vuoto? O forse Lento? E Pesante? E Scuro? Si apre con cura la strada sulla pungente pianura di granito purpureo, timoroso di inciampare. Non e certo il posto ideale perche un uomo nudo ci cammini di notte.
— Come si chiama questo posto? — chiede allo sferoide, dopo un po’. Ma lo sferoide e piu estraneo di lui a quello spazio-tempo, e non risponde.
La gola di Clay si inaridisce. La sua pelle e martoriata dalla sottile polvere di roccia. Ogni volta che ammicca sente le palpebre graffiare le pupille. E arso e secco, e immagina mostri d’incubo dietro ogni ombra. Che suono e quello? Il sibilo delle tenaglie di uno scorpione? L’avanzata di una coda acuminata e velenosa attraverso la pianura desertica? Le pietre smosse dal serpeggiare di un rettile? Ma qui non c’e nulla, tranne notte e silenzio. Lo sferoide, ruotando allegramente in avanti, lo ha ormai sopravvanzato di molto. Clay si costringe a raddoppiare la velocita della sua andatura, con il rischio di tagliarsi sulle rocce che si trovano sul suo cammino. — Aspetta! — urla, rauco, quasi senza voce. — Io non mi muovo su ruote! Non posso andare cosi velocemente! — Ma la padronanza linguistica dello sferoide sembra terminata; non fa neppure caso alle sue parole, e in breve si perde nell’orizzonte fumoso.
Fermandosi, Clay trova un pezzetto di terreno libero da pietre taglienti e detriti. Il bagliore purpureo (radioattivita residua, forse?) e troppo esile per guidarlo, e decide di non muoversi fino al mattino. Il rischio di scivolare e tagliarsi anche seriamente non lo attira affatto. Una frattura della gamba creerebbe qui gli stessi problemi che si verificherebbero nel bel mezzo della vecchia Arizona? Non lo sa. Magari il bianco osso fratturato si salderebbe diligentemente da solo, dopo un certo periodo, e i tessuti epidermici e muscolari si riassesterebbero in maniera dolce e quasi onirica. Ma non vuole fare la prova. Un brutto sogno puo finire, ma non tutto e sogno, perfino qui, e lui non ci tiene affatto a trovarsi con una ferita genuina in un ambiente cosi irreale. Aspettera di poterci vedere chiaramente.
Nella notte insonne intorno a lui danzano fantasmi. Cose fluttuano tintinnando su sottili fili metallici. Sente lamenti e occasionali sospiri, molto in lontananza, e qualcosa che ricorda un coro di grossi scarafaggi neri. Il vento e freddo e polveroso. Dita trasparenti stuzzicano i canali della sua mente, cercando di entrare. Lente spirali di pura paura si congelano e contorcono intorno a lui. La foschia che vela il cielo scompare, probabilmente divorata da qualche entita che attraversa metodicamente il cielo, e le stelle poco familiari tornano nitide. Nessun conforto giunge da esse: la nostra luce e partita per la Terra, insistono, nel periodo delle automobili e delle bombe atomiche, ed e stata in cammino per tutto questo tempo, stuzzicata dalle molecole che danzano tra le galassie, e adesso e qui, e adesso
Le prime striature della luce del giorno, adesso. Barre bianco-rosse che scivolano nel cielo. Un vento torrido che giunge dall’ovest. Una traccia di rosso all’orizzonte, che risucchia in essa tutto il putridume del mondo. Secco. Secco. Secco. Brutti rumori striscianti. Luce. Il cielo si fonde, tutto rame e ottone e zinco, con strisce vaganti di antimonio, molibdeno, manganese, magnesio e piombo. Macchie di tungsteno che si stagliano contro le rocce. L’alba ha una luminosita accecante. Distoglie lo sguardo, annaspando e portando le braccia alla fronte e incrociandole come un crostaceo rosso e infelice buttato vivo nell’acqua bollente. L’aria e un mare di rifrazioni, nel quale la struttura atomica fondamentale della materia si trova rivelata come una serie di cerchi intersecantisi di verde e giallo e marrone, che girano su se stessi per creare stupefacenti schemi di anelli frammisti di interferenza. Il mondo ruota su questa traccia. Cinque colori primari che non ha mai visto prima bombardano i suoi nervi ottici. Puo dare loro un nome? Come chiamera questa tonalita fredda e profonda dalle sfumature vellutate? E questo rigido tono rettilineo, cosi disciplinato, e proibito? Questo e gentile e tentatore; quello, aspro e brutale; quest’altro, silenzioso e complesso. I colori si fondono e si mescolano e di tanto in tanto si contrastano. Spunta la lama accecante del mattino.
Adesso comprende di trovarsi in un deserto in cui le allucinazioni sorgono come onde di calore dalle rocce. La sua mente e limpida e chiara, e le sue percezioni sono esatte; le imprecisioni che esperimenta appartengono all’ambiente, non a lui. Ma la distinzione e molto sottile. Cammina lentamente in avanti, cercando di anticipare le trappole.
Le rocce sono diventate noduli luminosi di energia pura le cui superfici rosse dalla ricca struttura vibrano in schemi che mutano continuamente. Su un lato di ogni masso pietroso vede luci dorate che roteano graziosamente. Sul lato opposto sfere blu pallido si creano incessantemente e avanzano ribollendo nell’aria, risalendo silenziosamente a un’altezza di almeno tre metri per poi svanire. Tutto brilla. Tutto splende di una luce interiore. Il suolo desertico e riarso e adesso vivo e pieno di fiori, che crescono istantaneamente, come si trovassero in sintonia con un flusso di respiro cosmico. L’incandescenza regna.
La sua epidermide e un labirinto. Le sue mani sono martelli. Una massa blu pulsante pende tra le sue gambe. I suoi piedi sono pesanti clave. Le sue ginocchia hanno occhi, ma non ciglia. La sua lingua e di metallo. La saliva e vetro. Il sangue e bile e la bile e sangue.
Il respiro e appassionatamente vivo, ed esplode ogni volta che tocca il terreno, sollevando sbuffi di pulviscolo rosso turbinante.
Il tempo e elastico; un secondo si allunga in termini talmente incommensurabili ed evanescenti che sembra ridicolo cercare di computarne il senso, e allora un secolo scivola con un debole, piccolo risucchio in un singolo raggio di luce solare. Analogamente anche lo spazio e sottoposto a estensioni e compressioni. Il cielo e livido e gonfio, si spinge aggressivamente in dimensioni adiacenti, costringendo gli abitanti dei continuum paralleli in piccole sacche di realta distorta. Poi tutto torna alla normalita, riportando dal turbine cascate di nebulose distrutte e comete sfiancate.
Attraverso tutto questo, Clay si spinge testardamente in avanti. La maggior parte di quello che vede e bellissimo, ispirante, anche se sa che dovrebbe terrorizzarlo. Lui grida in mezzo alla tempesta e rimane impavido. Ma ci sono altri momenti terrorizzanti: parabole verdi balzano dall’orizzonte come araldi del Giorno del Giudizio, emanando spaventosi crescendo di suoni limacciosi. Una foresta di funghi ostili si disvela, uno squarcio si apre nel cielo e ne fuoriescono lame d’argento. Il terreno geme, si lamenta. Lui persevera. Il deserto lascia il posto a fango nero e a sensazioni sussurranti: viene baciato da coccodrilli, accarezzato da cose fangose. Un senso di castigo imminente lo assale. Uccelli scheletrici con un’allucinante peluria gracchiano e ridacchiano rivolti a lui. Si apre la strada attraverso un lago di aborti e una duna di mostri. Sente che il sole gli brucia la pelle e gli divora la schiena. Viene sepolto sotto piramidi oscure. E aggredito da granchi che si dirigono verso di lui in formazioni compatte deridendo la sua virilita. Creature fatte di strutture verticali di cartilagine grigia emettono suoni rombanti al suo indirizzo: Clay entra in una stanza e trova qualcosa di verde e serpentiforme che lo aspetta pazientemente in un angolo oscuro, respirando e sibilando.
Vede una gigantesca faccia ridente che riempie mezzo cielo. Questi sogni mancano di bellezza, e sospetta che non si tratti di sogni.
Ma continua.
Con l’accompagnamento di un coro di rumori raspanti, una voce tenera gli sussurra: — Ti scoraggeremo. Ti