faremo a pezzi, se necessario. Sappiamo come turbare la tua anima, e non abbiamo limiti. Ne inibizioni. Non esiteremo… — Mani invisibili manipolano gli organi sessuali di Clay, lasciando impronte digitali verdi. Un catetere scivola dentro di lui cinque volte nel giro di tre minuti. Le dita dei suoi piedi si confondono… Clay risponde alla sfida di quegli esseri con la forza delle sue ghiandole endogene, dei suoi vasi seminali, e quelli lo trasformano per tutta risposta in una semplice conchiglia, minacciata di essere annichilita dalla spada distruttrice del sole in qualsiasi momento. Lui si adatta alla mutazione, e l’accoglie perfino con piacere, e istantaneamente gli viene restituita la consueta solidita e diventa una massa di ferro, col gusto dell’acciaio in bocca: sa che se qualcuno lo colpisse ora, emetterebbe un suono metallico. Sfugge a questa condizione schermando il suo corpo. — Quindi ti illuderemo con splendidi miraggi — lo informano i suoi tormentatori, e Clay sente una musica debole. Nel dolce crescere e decrescere delle note si diffonde un’armonia stimolante. Ecco, un organo risuona, con pause di zaffiro e un diapason di opale, e spande ottave interminabili da una stella all’altra. Raggi di luna sono le corde che intonano l’accordo perfetto, e questo trascinante unisono si riversa nelle sue orecchie incantate. Sotto un tale incantesimo, come potra resistere loro? La magia di una tale melodia gli turba l’anima. Comincia a sollevarsi nell’aria. La musica diventa via via costantemente piu dolce; lo porta sempre piu in alto, e lui fluttua in sintonia con l’infinito… sotto i cieli turchesi in cui scintillano globuli di mercurio. Gira. Rotea. Si fonde. Si dissolve. Scompare. Recita brani delle sue poesie preferite, declamando:

Suona via il vecchio, suona qui il nuovo, Suonate, felici campane, attraverso la neve: L’anno se ne sta andando, lasciatelo andare. Suona via il falso, suona qui il vero.

E:

Rendi aride le nostre vite. E matrimonio e morte e divisione I nostri amori in cadaveri o mogli; Il tempo trasmuta i vecchi giorni in derisione, E l’amore e piu crudele della passione. Nessuna spina va a fondo come quella di una rosa, E oscurita, il frutto della polvere; La corona della vita quando si chiude.

E:

Navi che passano nella notte, e si parlano nel passare: Cosi sull’oceano della vita passiamo e ci parliamo, Solo un segnale mostrato e una voce lontana nell’oscurita: Solo uno sguardo e una voce; poi ancora oscurita, e silenzio.

Vede una luce chiara. Sente i sintomi della terra che affonda nell’acqua. Esperimenta una visione fuggente della Pura Verita, sottile, scintillante, luminosa, inquietante, gloriosa e radiosamente rispettosa, in apparenza simile a un miraggio che si sposta su uno scenario in un flusso continuo di vibrazioni. Vede una divina luce blu. Vede una pigra luce bianca. Vede un’inquietante luce bianca. Vede una luce pigra, color fumo dell’Inferno. Vede un’inquietante luce gialla. Vede la pigra luce giallo-bluastra del mondo umano. Vede una luce rossa. Vede un alone di luce iridescente. Vede una pigra luce rossa. Vede un’inquietante luce rossa.

Entra in un mondo di oscurita, un’oscurita che gradualmente si ispessisce mentre sogna una luce polare e un inverno perenne.

Passa quindi a una foresta tropicale mai esplorata. La sua anima si trasforma in un’essenza vegetale; e una quercia gigante, e allarga le sue ampie foglie stormendo e frusciando ai soffi della brezza. E ormai nei pressi della fine del passaggio attraverso la confusione, adesso. Si libera dallo scuro suolo della foresta e continua, attraverso un vuoto assoluto di suoni e sospiri. Tre intensi punti luminosi campeggiano su un triplo muro di oscurita, verso il quale si dirige silenziosamente. Adesso riesce a distinguere chiaramente tre archi colossali che salgono dal fondo di un mare immoto. L’arco mediano e il piu alto; i due che lo fiancheggiano sono uguali tra loro. Riesce a stabilire che formano il portale di un’enorme caverna, il cui soffitto si slancia altissimo su di lui, nascosto da un sipario di nubi. Su ciascun lato intorno a lui corre un muro di roccia glabra e scabrosa, dai cui punti superiori, a un’altezza a malapena raggiungibile dalla sua vista, si dipartono stalattiti di ogni forma immaginabile che ammantano la scena di bellezza. Terribili accordi rombanti si riverberano attraverso l’universo mentre lui prosegue il suo cammino verso l’imboccatura della caverna.

Entra.

Qui l’aria e fresca e dolce, e in lui nasce lentamente il pensiero di essere entrato in una vera caverna, di essere infine riuscito a superare il deserto di allucinazioni. Eppure lunghe dita di irrealta lo stuzzicano anche qui, solleticando dispettosamente la sua mente appena e entrato, e lui non riesce a distinguere la realta dal falso con un minimo grado di certezza neanche qui. Una porta si chiude dietro di lui. Si trova sotto un soffitto a volta, pareti verticali, un fondale di avorio perfettamente nero. Sedie disposte ad arco bloccano l’ingresso. I pesanti drappeggi alle pareti sono adorni di grotteschi arabeschi di uccelli, bestie e mostri di quest’epoca futura, che sono in continuo movimento tremolante, e cambiano continuamente forma come oggetti visti in un caleidoscopio. Adesso le pareti sbattono i denti; adesso uccelli annuiscono allegramente dai loro rami con becchi di diamante e svolazzano in cieli smeraldini; adesso Respiratori e Aspettatoli troneggiano pazienti sulla scena. Tutto fluisce. Tutto muta. Tutto emerge. Si apre a stento la strada in mezzo a corde dorate e procede impavido. Si arrampica sulle tende. Dietro c’e una galleria nera. Dal centro di quest’ultima soffia una brezza serena che proviene da qualche stanza vicina. Risale cautamente l’ultima parte della tenda ed entra nella galleria.

Cammina per quasi un’ora, secondo i suoi calcoli, prima che l’oscurita si interrompa in qualche punto. Finalmente compare una debole luce purpurea. L’aria diventa piu luminosa ogni poche centinaia di metri. Si sente febbrile; gli gira la testa. Forse qualche sfera fluttuante di allucinazione l’ha seguito fin quaggiu sotto l’epidermide del pianeta? La struttura del pavimento cambia bruscamente: e stata levigata, come marmo o roccia, e adesso ha la brusca piattezza del granito. Nel momento in cui tocca questo nuovo pavimento le luci risplendono abbaglianti, e lui si ritrova nel vestibolo di un’enorme sala gotica le cui volte e arcate svettano via via verso l’alto fino a perdersi nell’oscurita. Sul pavimento di questa stanza maestosa giacciono stridenti anacronismi: ogni tipo di macchina e strumento, per la maggior parte dipinti di un verde luminoso, che danno al luogo l’aspetto di un immenso laboratorio del ventesimo secolo, tranne per il fatto che le ruote, le gabbie, le pulegge, le leve, le turbine, i pistoni, i bollitori, i compressori non appartengono a nessuna struttura coerente che Clay riesca a estrarre dalle sue conoscenze del mondo del passato. Il macchinario sembra in funzione, pero. Rombi, stridii, ronzii e mormoni provengono dalla struttura di base, e parecchie gabbie si spostano e flettono come se fossero possedute dall’energia che fluisce in esse.

Alla sinistra di Clay c’e una scala che sale contro la parete della stanza. La sale pensieroso, osservando i suoi passi sugli stretti scalini. Quando si trova a circa trenta metri sopra il livello delle macchine scopre che la scala termina improvvisamente; se facesse ancora un solo passo si schianterebbe sul pavimento lontano. Guardando verso l’alto, vede una seconda rampa di scale ancora piu in alto sul muro. Ed eccolo, intento a salire, un uomo nudo che si muove lentamente, con il fiatone. Clay si irrigidisce. Istantaneamente si sente trasportato su quella seconda rampa, ed e lui l’uomo nudo che arranca verso l’alto. Ancora una volta la scala si ferma sull’orlo di un abisso; ancora una volta solleva lo sguardo; ancora una volta scopre una rampa di scale piu in alto ancora, e lui che la sta risalendo; ancora una volta si raccoglie e sale la terza scala. Continua a salire in questo modo, una duplicazione

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