articolate, ma incomprensibili. Sforzi di tentare una comunicazione. Poi: — Verso la fine della prima era postindustriale un grande cataclisma sociale porto alla demolizione completa di tutte le ipotesi e i postulati su cui si erano fondate le vecchie societa urbane. Segui un’epoca di ristrutturazione conosciuta come 'caos conseguente al collasso ambientale'. Sorsero nuovi concetti architettonici. Il nostro sistema attuale parte da questo punto. Tuttavia un sistema parallelo si manifesto dando vita a un’oscillazione fondamentale delle cronologie. Si puo computare l’instabilita nella nuova struttura sociale nell’ordine di otto o dieci secoli, durante i quali qualsiasi precedente attitudine sociale o costume fu dimenticato e scomparve. Dopo che la crisi ebbe superato il piu severo livello, il mondo sembro di nuovo desiderabile. Fortunatamente, l’ingegno e la tecnica resero possibile l’edificazione del nuovo sistema urbano in mezzo a una distruzione di gran lunga piu terribile d’ogni precedente apocalisse. L’abbandono della superficie, l’accumulazione di strumenti meccanici, sempre piu perfetti, la rapida ed efficace moltiplicazione delle citta sotterranee caratterizzarono questa rinascita; alla fine del diciottesimo secolo dell’era attuale comincio il trasferimento della popolazione, con la sua bastarda eredita genetica, le differenze sociali, gli sforzi tesi a eliminare le malattie, e tutte le altre cause di sofferenza. Abbiamo potenziato l’infrastruttura umana. Noi, i superstiti della specie, e tutte le catastrofi che ci hanno temprato in quello che fu il Periodo del Pianto, dal quale e sorta una nuova razza. Possiamo essere orgogliosi. I nuovi uomini hanno creato un mondo, il che dimostra: dateci speranza e affronteremo tutto quello che ci attende nelle epoche future. Dopo una breve pausa Clay dice tristemente: — Grazie — e si allontana rapidamente. Il robot gli e accanto. — Inutile — mormora Clay. — Non mi e di nessuna fottuta utilita. Meglio cosi.

— Vestire gli ignudi — dice il robot. — Un altro dovere assoluto. Vuoi vestirti?

— Sono tanto brutto, cosi?

— Gli umani si coprono il corpo, nella strada. Per coloro che non lo fanno, ci pensiamo noi.

Clay non risponde, e il robot considera il suo silenzio un consenso. Una sezione della parete alle spalle di Clay si spalanca e compare un secondo robot. Porta uno strano contenitore e spruzza Clay con una strana mistura colorata di tessuto e pigmenti. Quando si riprende dalla sorpresa Clay si accorge di indossare adesso una leggera tunica dorata, scarpe che sembrano buste trasparenti, e un cappello floscio. E rimasto nudo talmente a lungo che i vestiti lo fanno sentire impacciato e gli danno fastidio. Non volendo offendere nessuno, tuttavia continua a portarli. Cammina lungo i corridoi. Il primo robot lo segue, dicendo: — Vuoi cibo? Riparo? Vuoi lavarti? Divertirti?

— No.

— Nessun desiderio di alcun tipo?

— Uno — dice Clay. — Intimita. Vai via. Quando avro bisogno di te, ti faccio un fischio.

— Interrogativo.

— Ti chiamero. Urlero forte con le mie corde vocali. Meglio? Adesso va, per favore. Te lo chiedo gentilmente. Non andare lontano, ma rimani fuori dalla mia vista fino a quando ti chiamero.

Si volta. Cammina. Il robot si allontana.

Clay sbircia in stanze e negozi. Tutto abbastanza pulito, una Pompei a sua disposizione, nessuna porta chiusa. In un locale uno schermo televisivo mostra, dando un tocco leggero a un pulsante, protuberanze tridimensionali che si formano e scompaiono come bolle di lava fusa. Piu avanti c’e un gabinetto ottagonale le cui pareti di porcellana trasudano realistico sangue, alla semplice pressione di un pulsante. Forme verdi simili a salsicce sporgono e fuoriescono da un ammasso di recipienti metallici su quello che potrebbe essere uno scaffale. Un letto cambia forma e dimensioni con energia frenetica, diventando piu grosso, piu piccolo, circolare, rettangolare. Un colossale fallo rosa, sinistro per la sua apparente vitalita, si innalza dal centro di una pedana levigata nera. Un muro si dissolve in una serie di disegni a mosaico. Sferette che si muovono disordinatamente lungo i bordi di una finestra lo inondano di profumi, aromi, lozioni, unguenti, e un esile fluido rosa che consuma i suoi abiti in un paio di secondi. Lui e felice di tornare alla nudita, anche se rimane davanti alle sferette troppo a lungo, e una di esse gli spruzza un olio rosso che gli anestetizza la pelle. Si mette un dito nell’orecchio: nulla. Si gratta cautamente il petto: nulla. Stringe il pene nel pugno: nulla. Non sente nemmeno il contatto dei piedi nudi sul pavimento ruvido. E una cosa permanente? Si immagina mentre sbatte involontariamente in oggetti taglienti che gli incidono la pelle e gli tagliano i piedi senza che nemmeno se ne accorga, non fino a quando si trovera ridotto a un ammasso pulsante di muscoli appesi a ossa nude. — Robot? — chiama. — Ehi, robot, vieni ad aiutarmi! — ma prima che l’uomo-macchina possa raggiungerlo, due sferette lo spruzzano improvvisamente e contemporaneamente, e lui sente che le cellule nervose riprendono vita con intensita talmente meravigliosa che raggiunge all’istante l’orgasmo. Un po’ ansimando, si allontana, congedando il robot con secchi monosillabi. Andando avanti, si imbatte in mezzo a una doppia parete di specchi dritti, deformi e ondulati, e si trova catturato in un riflesso infinito, rimbalzando e rimbalzando e rimbalzando da una parete all’altra a seconda delle inclinazioni e deformazioni assunte dagli specchi; si butta al suolo cercando disperatamente di sfuggire alla loro portata. Come hanno fatto a sopravvivere tutte queste cose, si chiede, se il mondo ha attraversato tanti sommovimenti e cataclismi geologici, quando gli stessi continenti hanno assunto nuove forme? Considera la probabilita che il mondo-galleria, dopotutto, sia un’illusione. Si sposta in una serie diversa di strade e gallerie; qui l’architettura e di un altro stile, piu brutale, meno immaginativo di quello precedente, ma gli ornamenti e le strutture superficiali delle strutture sono di gran lunga superiori. Robot spuntano da ogni angolo e si offrono di servirlo, ma lui tiene gli occhi puntati sul suo robot, quello che lo segue a distanza rispettosa, e non presta minimamente attenzione agli altri. — Dov’e andata la gente? — chiede al robot. — Perche se ne sono andati? Quando? — Il robot risponde, impassibile: — Un giorno non ci furono piu. — Clay accetta questa risposta con buona grazia. Tocca un pulsante e una pellicola astratta tridimensionale fuoriesce da un proiettore fluorescente. Quando rilascia il bottone l’intero allegro formicolio di luci colorate rientra all’indietro nel proiettore, con un rumore di risucchio mentre svanisce. In un’altra stanza trova giochi d’azzardo: luci che brillano e rimbalzano, ruote che girano in orbite casuali, banche, segnapunti, fiches, dadi d’ebano, carte da gioco che si mescolano e dispongono appena le si tocca. Dietro c’e qualcosa che ricorda un acquario gigantesco, ma dentro non ci sono pesci. Poi affronta un rompicapo da bambini, un albero scomposto, una struttura vuota, e una piccola scatola sigillata. Procede. Getti di vapore bollente lo dissuadono dal tentare una stanza attraente e seducente dalle pareti spugnose e a forma di utero. Evita una rampa di scale che scendono a quello che potrebbe essere un livello inferiore, in quanto nubi avvolgenti di vapore verde scaturiscono dal nulla appena scesi i primi tre scalini. Arriva in un luogo dove i robot stanno smontando altri robot. Scopre uno schermo maestoso che mostra una visione del mondo di superficie: dolci colline e vallate, nessuna traccia del crudele deserto di allucinazioni attraverso il quale infine e arrivato. Infine raggiunge una porta graziosamente intarsiata di solido metallo che sembra alluminio, e, mentre si apre solennemente da sola, il robot trotterella verso di lui e gli dice: — Oltre questo punto non ci sono difese.

— Cosa vorresti farmi intendere, con questo?

— Se continui in questa direzione non possiamo proteggerti.

Clay guarda nel corridoio che si apre davanti a lui. Sembra in tutto simile a quello che ha appena esplorato, ma se possibile e ancora piu luminoso e attraente. Gli edifici hanno facciate sottili e maestose che risplendono con il fuoco misurato dei rubini piu fini, e lui riconosce un’eco di musica elegante che proviene da qualche cortile vicino. Proseguira. Il robot ripete il suo avvertimento, e Clay osserva: — Cio nonostante, accetto il rischio. — Mentre muove il primo passo nel settore proibito un pensiero sgradevole lo colpisce, e, voltandosi, chiede al robot: — Quando saro entrato questa porta si chiudera?

— Affermativo.

— No — dice Clay. — Non voglio che cio avvenga. Ti ordino di lasciarla aperta fino a quando tornero.

— Ho istruzioni ben precise di impedire le incursioni da parte degli abitanti di…

— Dimenticale. Questo e un ordine. In questo momento sono l’unico uomo presente sul pianeta, e questo posto e stato costruito per servire gli uomini, e voi stessi non siete nient’altro che macchine progettate per rendere la vita umana piu felice e ricca di soddisfazioni, e che io sia dannato se ti permettero di sfidarmi. La porta rimane aperta. Hai capito?

Esitazione. Conflitto.

— Affermativo — dice infine il robot.

Clay entra. Al sesto passo si volta. La porta e ancora aperta. Il suo robot e accanto alla soglia, in attesa. — Bene — dice Clay. — Ricorda, io sono il capo. Rimane aperta.

Mentre analizza le facciate classiche in quel settore del mondo-galleria, scorge il primo segno, dopo il cadavere dell’uomo-capra, del fatto che la vita non-meccanica e riuscita a infiltrarsi nel rifugio sotterraneo. Otto piccole pallottoline verdi si trovano all’esterno di un edificio traslucido. Chiaramente sono i rifiuti organici di qualche animale dell’epoca. Dove non arrivano i robot, la vita ha ripreso il sopravvento.

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