— Penso di no — dice pigramente Hanmer. — Toglierebbe ogni gusto.

— E un regno splendente — dice Serifice. — Tutte le cose sono la, unite, come tutti i colori si uniscono per fare il bianco. Era un posto al di fuori di tutti i luoghi. Era… se stesso. Con pareti luminose. Con bianchezza. Con un cielo che scende dietro l’orizzonte. E noi tutti eravamo nulla. E in breve tempo ci dimenticavamo di noi stessi. E io non ero Serifice, e loro non erano persone che avevo gia conosciuto, e risplendevamo. E risplendevamo. E poi sono tornata.

— No — dice Clay, spruzzando intorno il miele per la confusione. — Non ci credo. La morte e morte, e dopo non c’e nulla. Nel significato letterale della parola. La fine dell’essere. Non e un luogo. E tu non sei stata da nessuna parte.

— Ci sono stata.

— Non puoi essere morta, allora — insiste lui.

— Serifice e morta — gli dice Hanmer, fluttuando a gambe incrociate.

— Io sono morta — dice Serifice. — E sono andata. Ero: e sono tornata. Ora te ne parlo. Un luogo, un luogo, un luogo!

— Un’illusione — dice testardo Clay. — Come i vostri viaggi tra le stelle. Come la scivolata nel cuore del mondo. Come il sollevamento del mare. Hai inventato un luogo della morte, e ci sei andata, e t’e piaciuto. Ma non era la morte.

— Era morte — dice Serifice.

Ti e Ninameen nuotano piu vicine. — Rendete amaro il miele, con le vostre discussioni — dice Ti. E Ninameen: — La soluzione e semplice. Quando andremo a morire dov’e morta Serifice, vieni con noi, e vedrai di persona, e saprai la verita.

— Non sono uno Sfioratore — brontola Clay. — Quando moriro, saro morto, e non potro piu tornare.

— Ne sei proprio sicuro? — chiede Bril, con una certa sorpresa.

— Ne sono convinto, ecco tutto.

— Come fai a crederlo, se non ci sei mai stato? — chiede Angelon. — Serifice c’e stata — dice Ti.

— Noi crediamo a Serifice — dice solennemente Ninameen.

E schiacciato dal numero. Discutono come bambini. Non riesce ad avere il minimo impatto sulle loro menti. Questi discorsi sulla morte e sul ritorno dalla morte lo lasciano teso e innervosito.

— E stata solo una piccola morte — annuncia Serifice. — Eventualmente possiamo tentare quella piu grande. Lui ha ragione e ho ragione anch’io: era una morte, ma non tutta la morte, quella che ho assaggiato. E forse non e stato sufficiente. Per scoprire cos’e la morte, dobbiamo morire realmente. Quando arriva il momento.

— Basta — dice lui.

— Ti stiamo annoiando? — chiede Angelon.

— Mi ha annoiato la morte — dice Serifice. — La piccola morte che ho provato. Era bellissimo, ma e diventato noioso.

— Siamo bellissimi — osserva Ninameen — e forse stiamo diventando noiosi.

— Non mi annoiate — dice loro Clay. — Mi deprimete. Con questi discorsi sulla morte. Sul morire.

— L’hai chiesto tu — gli ricorda Serifice.

— Vorrei non averlo fatto.

— Dobbiamo interrompere la conversazione? — chiede Hanmer.

Clay lo fissa, irritato. Scuote la testa. Poi capisce cos’e che lo irrita: la presunzione di questi immortali nel giocare con la morte. Quando la sua gente viveva sempre sotto quella crudele sentenza! Per noi non era un gioco! Non gli piace pensare che gli Sfioratori accarezzino l’idea di morire. La morte e incompatibile con la loro natura; per loro la morte sarebbe antiestetica, un fallimento della legge naturale. Eppure giocano pon questa idea. Si burlano della mortalita. Scherzano, offrendosi di rinunciare alle loro vite preziose e ingioiellate. E io li amo, comprende all’improvviso.

— Ti senti solo, tra noi? — chiede Ninameen.

Una nuvola di lavanda scende su di loro. Cade un’improvvisa pioggia appassionata, colpendo la superficie mielata del suolo come un diluvio di proiettili. Geyser di fluido oscuro si innalzano e ricadono. Durante la tempesta nessuno parla. Luci verdi esplodono. C’e un tuono improvviso, e in alto si ode un suono possente che sulle prime sembra una grandinata, ma che subito dopo si riconosce come il pianto di Errore. Incontrero infine questa divinita in crisi? Il singhiozzo non e piu udibile, la pioggia cade con minor intensita; chiazze di acqua splendente rilucono sulla superficie viscosa del lago di miele. Gli Sfioratori si sono raccolti stretti intorno a lui, quasi protettivamente.

— Sognerai con noi? — chiede Angelon.

— Che cosa sognerete?

— Sogneremo il tuo mondo — ella risponde, sorridendo serenamente. — Perche tu sei solo.

16

Chiude gli occhi, e lo prendono per mano, e scivolano sul fondo del lago, e sognano senza dormire, e lui sogna con loro, e sognano il suo mondo, poiche lui e solo.

Sognano l’Egitto per lui. Sognano piramidi lastricate di bianco e sfingi sorridenti, sognano scorpioni sulla rossa sabbia bollente, sognano le colonne di Luxor e Karnak. Sognano i faraoni. Sognano Anubi e Set, Osiride, Horus, Ra il falcone. Sognano Lascaux e Altamira, le lampade puzzolenti di grasso di mammuth, l’artista mancino che ha inciso i suoi dipinti color ocra sulla parete di una caverna, le orde di rinoceronti selvaggi, lo stregone con gli abiti cerimoniali. Sognano le gentili cupole di Bisanzio. Sognano Colombo che solca le acque del mare. Sognano la Statua della Liberta con la spada tenuta alta nella mano. Sognano la luna, con sopra le impronte dell’uomo, e gli immobili ragni metallici. Una macchia di alberi di cedro, la Torre Eiffel, il Grand Canyon del Colorado, le spiagge coralline di St. Corix, il Ponte di Brooklyn all’alba, la Riviera, il Bowery. Sognano piccioni viaggiatori, falchi, anatre e oche, cigni e i galli cedroni, giraffe e mastodonti. Sognano tigri e leoni, cani e gatti, gazzelle, cerbiatti, ragni, pipistrelli. Sognano autostrade. Sognano gallerie. Sognano macchine per cucire. Sognano sottopassaggi. Benedettini e chartreuse, cognac, bourbon, whisky e grappa. Lincoln. Washington. Napoleone. Pontoppidan. Visualizza i vari frammenti mentre gli passano davanti fluttuando, li abbraccia, li libera, raggiunge quelli successivi. Il flusso e fertile. Sognano i suoi amici e la sua famiglia, la sua casa, le sue scarpe. Sognano lo stesso Clay, e lo mandano a fluttuare davanti a se stesso. Stiracchiandosi, rigirandosi, mormorando, traggono dal nulla immagini vaganti e lasciano libere queste immagini per scuoterlo a fondo. Gli danno le Crociate, i film, il New York Times le prove sperimentali a Eniwetok, il Modello A, il Ponte Vecchio, la Nona Sinfonia, la Chiesa del Santo Sepolcro, il gusto del tabacco, e l’Albert Memorial. Il ritmo aumenta. Lo inondano di ricordi. Affollano il lago appiccicoso con frammenti del passato. Sono affascinati e deliziati ed eccitati da ogni scoperta, e mormorano: questo cos’e e quello chi era? E questo come si chiama? — Sei felice di rivedere queste cose? — sussurra qualcuno. — Pensavi che fossero irrecuperabili? — Lui si lamenta. Il sogno e durato troppo.

Finisce. Il sogno-dono svanisce. A caso, afferra Ninameen, e la stringe vicino a se fino a quando gli spasmi della terribile crisi di identita hanno concluso il loro momento. — Hai paura? — chiede lei. — Sei in crisi? Sei triste?

17

Un giorno e una notte, un giorno e una notte e un giorno: entrano in una terra di boschi e ruscelli, sconvolta e contorta, pattugliata da animali. Certi schemi sembrano decisamente cari all’evoluzione. Vede qualcosa che e quasi un cervo, anche se e incoronato di rami verdi e fioriti invece che di corna; vede un quasi-orso, panciuto e giocoso, reso strano solo dalla sua cresta di aculei spinosi; vede code piatte colpire l’acqua, e pensa a uccelli predatori, anche se i loro possessori hanno lunghi colli serpentini; riconosce un cumulo di lame splendenti come un porcospino, un lampo di denti e una coda come una lince, un tremore di lunghe orecchie e di peluria cremosa come un coniglio.

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