…Non sperarci.

Hai dato abbastanza capolavori al mondo.

…Sono ancora giovane. Sono migliore di te. Merito di vivere.

Il tribunale la pensava altrimenti. Il tribunale ti ha cancellato dal mondo per chissa quali crimini, e…

…Per stupro. Era solo stupro.

Non mi interessa se era per aver riutilizzato francobolli usati. Una sentenza e una sentenza. Non intendo rinunciare alla mia vita per rimediare a quello che tu chiami un errore giudiziario.

…Tu non hai una vita, Macy!

Spiacente. Ce l’ho.

Un lungo silenzio. Macy guardo la scultura, i visitatori, le pareti. Gli girava la testa. La presenza di Hamlin rimaneva manifesta dentro di lui, come una pressione costante, silenziosa, pesante. Alla fine:

…Va bene. Non si arriva da nessuna parte in questa maniera. Fatti un giro per il museo. Proseguiremo la discussione un’altra volta.

La sensazione di Hamlin che mollava. Affondava nuovamente nelle profondita. Plop. Splash. L’illusione della solitudine. Solenne musica di tromboni che sottolineava l’uscita dell’alter ego. Macy era inzuppato di sudore. Stava in piedi a fatica.

Lissa: — Ne hai visto abbastanza?

— Credo di si. Possiamo andare. Aspetta, lascia che ti prenda per mano.

— Qualcosa non va, Paul?

— Un giramento di testa. — Non riusciva a guardarla. Stringendo le dita fredde della ragazza fra le sue. Passo. Passo. Attraverso la porta invisibile. Fuori, nel corridoio, trovo una panca e si lascio cadere su di essa. Lissa si affannava intorno a lui, sconcertata. Macy disse: — Mentre guardavo la statua, ho avuto una specie di conversazione con Hamlin. Molto tranquilla. E stato quasi affascinante.

— Che cosa ti ha detto?

— Un sacco di insidiose stronzate. Mi ha invitato a uscire dal nostro corpo, per tenerselo lui. Per via del fatto che lui e un grande artista e merita di vivere piu di me.

— Proprio quello che c’era da aspettarsi da lui!

— Appunto. Gli ho detto di no, e lui e tornato nella sua caverna. E adesso mi rendo conto che devo aver usato piu energie di quanto credessi.

— Siediti. Riposa.

— E quello che sto facendo.

— E l’Antigone? — chiese lei.

— Incredibile. Mi ha sconvolto. Quasi provo una specie di orgoglio paterno di seconda mano. Voglio dire, sono state queste mani a crearla. Questo cervello. Anche se io non ero li in quel momento. E…

— No — disse Lissa. — L’hanno fatto queste mani, ma non questo cervello. — Gli batte leggermente le dita sul cranio, con affetto. — Un cervello e solo una massa di formaggio grigio. I cervelli non creano sculture. Le menti lo fanno. E questa non e la mente che ha concepito l’Antigone.

— Me ne rendo conto — le disse rigidamente. I suoi cavilli l’avevano in qualche maniera disturbato. Un segno di lealta nei confronti di Hamlin, forse. Senti una punta di gelosia. Era difficile accettare che lei era stata li, mentre quell’opera veniva creata, aveva posato, era stata presente nelle ore infuocate della creazione, lei e Hamlin, nei giorni prima che Paul Macy nascesse. Pensare a questo lo faceva sentire un intruso nel suo stesso corpo. Quali estasi avevano condiviso Lissa e Hamlin, quali gioie e dolori, quali momenti esaltanti? Lui era escluso da tutti questi eventi. Tagliato fuori dal muro impenetrabile del passato. Altri tempi, un altro io. Ma lei ricordava. Con la fronte aggrottata, osservo i visitatori del museo entrare a gruppi di tre e quattro nella sala di Hamlin. Hamlin ha ragione, penso cupamente. Non sono niente. Non ho spessore. Non ho passato. Non ho realta. Alzandosi di scatto disse: — C’e qualcos’altro che vorresti vedere, dal momento che siamo qui?

— E stata una tua idea venire.

— Visto che ci siamo.

— No, niente — disse Lissa. — Niente di importante.

— Andiamo, allora.

— Hai saputo quello che volevi sapere dall’Antigone? — chiese lei.

— Si — disse lui. — Tutto quello che volevo sapere. E di piu. Forse troppo. — Uscirono in fretta dall’edificio usando una porta laterale, nell’ala egiziana.

8

Riemergere alla luce del sole lo fece sentire un po’ meglio. Erano solo le quattro del pomeriggio. Su suggerimento di Lissa andarono a casa sua, in un quartiere periferico; doveva prendere alcune cose, disse. Il sottinteso implicito, era che si sarebbe trasferita da lui. Macy non fece obiezioni. Non poteva dire di amarla, come evidentemente l’aveva amata Hamlin, o anche che fosse sul punto di innamorarsi di lei; ma la precarieta delle loro rispettive condizioni rendeva necessario un trattato di mutua difesa, e vivere insieme era la sistemazione logistica piu ovvia. Per il momento, almeno.

Nel tubo che li trasportava verso nord fu allegra, perfino un po’ folle: decisamente su di giri, malgrado la calca dei viaggiatori che li premeva. La sua ESP pareva non operasse in continuazione. Era qualcosa di simile a quello che Hamlin era per lui: andava e veniva, come una marea, ora irresistibile, ora debole e quasi inavvertibile. Quando il demone si impossessava di lei, giungeva sull’orlo del collasso; in altri momenti, come quello, era vivace e spumeggiante. E tuttavia si avvertiva una tensione latente nella sua allegria. Come se temesse che da un momento all’altro la sua sensibilita telepatica si riaccendesse, li nel tubo, e la facesse ripiombare nel delirio.

Il suo appartamento era deprimente: una stanza tetra, in un edificio vecchio, in una zona dimenticata della citta. Come in un romanzo di Dickens. Storpi, zoppi e ciechi infestavano le strade, bambini sporchi dappertutto, vecchie donne grasse, giovinastri dall’aria di tagliagole, cani, gatti, grida e urla, risate sguaiate da dietro le porte. Un odore diffuso di urina e di spezie esotiche. Non era solo il ventesimo secolo a sopravvivere li, ma soprattutto il diciannovesimo. Il rimbombare degli apparecchi olovisivi lungo i corridoi sembrava un anacronismo.

Salirono a piedi cinque piani. Non che si aspettasse di trovare pozzi di salita, in quel tipo di casa, ma si poteva almeno sparare che datassero dall’epoca degli ascensori. A quanto pareva no. Perche Lissa viveva li? Perche non in una delle cooperative del popolo, che almeno erano pulite, e di sicuro non costavano di piu? Preferiva quel posto, gli disse. Non riusci a seguire le spiegazioni che farfuglio, ma era qualcosa che aveva a che fare con i materiali delle pareti: forse voleva dire che in un edificio vecchio come quello le emanazioni telepatiche dei vicini non la disturbavano come fra le mura sottili di una coop.

Entro quello squallore, si era ritagliata un nido altrettanto squallido. Una stanza quadrata, dal soffitto alto, con mobili goffi, tende rappezzate, utensili semplici. Una piccola unita di cottura macchiata, una ghiacciaia al posto di un vero frigorifero. Non vide servizi. Tutto quanto in disordine. Lissa non era il tipo della donna di casa. Il letto disfatto, le lenzuola con una mezza dozzina di strati di macchie giallastre (questo lo impensieri: poteva indovinare l’origine delle macchie), e libri sparsi dappertutto: sul davanzale, sul pavimento, perfino sotto il letto.

Cosi era una lettrice. Interessante. Si poteva giudicare il carattere di una persona dalle sue letture.

Macy si rese conto di conoscere Lissa a malapena. Cosa poteva dire di lei? Che sembrava piuttosto intelligente, ma non aveva dato segni di possedere interessi intellettuali, fino a quel momento; che se la cavava discretamente bene a letto (per quanto poteva giudicare, data la natura sintetica delle sue passate esperienze); che un tempo era stata strettamente associata a un importante artista contemporaneo. Punto. Aveva ricevuto un’educazione? Aveva avuto una carriera sua, delle mete nella vita, abilita, talento? Una modella e solo un simbolo, una forma, un insieme di curve e di superfici; Hamlin era un uomo troppo complicato per essersi innamorato di lei semplicemente come modella, percio doveva esserci qualcosa sotto l’esteriorita, doveva possedere una sostanza interiore, doveva aver fatto qualcos’altro al mondo, oltre ad aver posato per Nat Hamlin. Perlomeno fino al momento in cui le sue tempeste interiori non l’avevano costretta a rifugiarsi in quel posto orribile.

Ma non sapeva nulla di lei. Aveva viaggiato? Aveva una famiglia? Sogni di diventare lei stessa un’artista?

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