fredda alla pelle. Un sibilo. — Ehi!

— Volevo solo scoprire se c’eri ancora — disse.

— Molto divertente.

— Cosa ti succede, Lissa? — La domanda l’aveva fatta, finalmente.

— Niente. Tutto. Questa pioggia di merda. L’aria qui dentro. Non so. — Un momento di follia nei suoi occhi. — Ho captato rumori tutto il giorno, nella testa. Tu e Hamlin, Hamlin e tu. Come una traccia radioattiva nell’aria. Non avrei dovuto venire qui.

— Non e possibile che tu capti gli impulsi telepatici di qualcuno che non e neppure nella stanza!

— No? Come fai a saperlo? Non ne sai niente di niente. Forse le tue onde ESP impregnano la pittura, il legno. E mi ritornano indietro per tutto il giorno. Non cercare di dirmi quello che io ho sentito. Voi due continuate a rimbalzarmi addosso dalle pareti, bam, bam, bam, ora dopo ora. — Queste frasi dure vennero pronunciate in un tono piatto, assente. E alla fine del suo discorso, Lissa stacco di nuovo la spina.

— Lissa?

Silenzio.

— Lissa?

— Cosa c’e?

— Ricordati che sei stata tu a cercarmi. Te l’ho detto che non era bene per noi stare insieme. E tu hai detto che avevamo bisogno l’una dell’altro, giusto? Percio non prendertela con me se non funziona bene.

— Mi dispiace. — La scusa non sincera di una bambina.

Un altro silenzio.

Cerco di giustificare l’umore di lei. Tutto il giorno rinchiusa in casa. La pioggia, ioni ostili nell’aria. Forse aspettava le mestruazioni. Una donna ha diritto di rompere le palle qualche volta. Comunque, non era necessario che lui sopportasse. Se c’era troppo rumore telepatico li, poteva tornarsene nel suo porcile.

— Ho sentito — disse lei.

— Oh, Gesu!

— Le mestruazioni mi devono arrivare fra una settimana. E se vuoi che torni nel mio porcile, dimmelo chiaro e tondo, e faccio subito la valigia.

— Leggi sempre nella mia mente?

— Non in questa maniera. Quello che ricevo in genere e un segnale confuso che posso identificare come tuo, e un ronzio diverso che e lui, ma di solito nessuna parola distinta. Questa volta invece e stato perfettamente chiaro. Davvero sto rompendo le palle?

— Non sei molto divertente — disse lui.

— Neanch’io mi sto divertendo molto.

— Cosa ne dici di una doccia? E poi una buona cena. — Cercando di rimediare. — Una cena elegante, in centro. Va bene? — Come per consolare un bambino ammalato. Aveva sentito anche quello?

Apparentemente no. Si alzo, togliendosi la vestaglia. Senza cercare di camminare dritta, le spalle cadenti, i seni penzolanti, la pancia spinta fuori. Si infilo nella doccia. Be’, tutti abbiamo i nostri giorni negativi. Rumore di acqua. Poi la sua testa che si infilava nella camera da letto.

— A proposito — disse. — Questa mattina ha telefonato il Centro Riab.

Macy alzo gli occhi e nello stesso istante Hamlin si sveglio e fece qualcosa al suo cuore, qualcosa di rapido e doloroso, che gli fece spalancare la bocca e stringersi una mano al petto.

— Ho detto che ha telefonato il Centro Riab…

— Ho sentito. — Macy tossi. — Aspetta un secondo. Hamlin in azione. — Lancio un pensiero furente verso il fondo. Lasciami stare. Sparisci. Il dolore si attenuo. Macy disse: — Chi era?

— Una dottoressa, con un nome italiano.

— Iannuzzi.

— Quella. Voleva sapere perche non ti eri fatto vedere per la terapia, ieri. Dopo aver chiesto un appuntamento anticipato eccetera.

— Che cosa le hai detto?

Vide brillare la speranza. La sua precedente identita e riemersa, e sta cercando di impadronirsi di lui, dottoressa Iannuzzi. Una battaglia tremenda e in corso dentro di lui. Oh, veramente, signorina Moore? Molto strano. Ma possiamo sistemare tutto, naturalmente. Avremo la nostra unita mobile ego-distruttrice sul posto alle sette in punto. Tre rapide scariche di raggi della macchina egotronica, lanciati dalla strada, e sara la fine del signor Nat Hamlin una volta per tutte, oh si, oh si. Dica al signor Macy di non preoccuparsi. Grazie per avermi informata, signorina Moore.

Lissa, molto lontana. Come in sogno. Macy ripete, piu forte: — Che cosa le hai detto?

— Non le ho detto niente.

— Cosa?

— Mi ha chiamato in un brutto momento. Non so neanche perche ho risposto. Non sono riuscita a capire bene che cosa volesse, se non in seguito.

— Allora hai riappeso e basta?

— No, qualcosa ho detto. Ho detto che non sapevo bene perche non fossi andato all’appuntamento. O dov’eri in quel momento. — Un’alzata di spalle. — Credo di essere stata un po’ confusa.

— Gesu, Lissa, hai avuto un’occasione per aiutarmi e l’hai lasciata sfumare! Avresti potuto raccontare l’intera storia!

Lei disse: — Non mi hai detto che Hamlin ha minacciato di ucciderti se facevi entrare in gioco il Centro Riab?

— Infatti. Ma lui non l’avrebbe saputo se tu avessi raccontato loro la storia mentre io ero al lavoro. Era l’occasione perfetta. E l’hai fatta sfumare. L’hai fatta sfumare.

— Mi spiace. — Ma non tanto.

— Se telefonano di nuovo, farai le cose per bene?

— Cosa vuoi che gli dica?

— Tutta la storia. Che Hamlin e tornato. E specialmente che ha detto che fermera il mio cuore se mi avvicino a un Centro Riab. E che fa sul serio. Che ero partito per venire da loro, ma mi ha bloccato alla stazione di Greenwich. Non ti dimenticherai di questo?

— Forse dovresti chiamarli tu stesso.

— Ti ho detto che non posso. Hamlin controlla tutto quello che dico o penso. Nel momento in cui sollevassi il telefono allungherebbe le sue sgrinfie sul mio… — Gesu! Un’altra stretta al petto. Dita appiccicose e invisibili che strizzavano l’aorta. Un colpo di tosse. Un ansito. Una lenta ripresa, fra i brividi. Lissa che guardava, senza mostrare particolare preoccupazione. — Ecco — disse Macy alla fine. — L’ha appena fatto. Per farmi sapere che e sempre pronto.

— Ma a cosa serve comunicarglielo, dal momento che ti ucciderebbe se cercassero di aiutarti?

— Per lo meno lo saprebbero. Forse hanno un sistema per risolvere situazioni del genere a distanza. Forse possono prenderlo di sorpresa. Hanno i loro trucchi. Non puo far male informarli di quello che e successo. A condizione che si rendano conto di quali sono i rischi per me. Non ti dimenticherai di questo?

— Se chiamano — disse Lissa vagamente — cerchero di raccontare tutto. Cerchero. — Non ne sembrava molto sicura.

Durante la notte, episodi frammentari di quasi-incubi, notiziari scivolosi trasmessi dal sottosuolo psichico. Momenti stranamente poco paurosi da un passato non ricordato che arrivavano al ponte superiore per l’ispezione e l’illuminazione del dormiente. Scene bucoliche: l’arresto, l’accusa, il centro di detenzione, il tribunale, il processo, il verdetto, la sentenza. Tenete giu quelle fottute mani, vi ho detto che vengo da solo!

Luci che lampeggiavano nei suoi occhi. Una telecamera volante che praticamente gli toccava il naso. Spettatori in tutto il mondo che si godevano lo spettacolo. Guardate il famoso autore di atti abominevoli! Osservate la giustizia trionfare! Morte ai nemici della castita! Una giuria di venti onesti e fedeli computer.

Giuratedidirelaveritatuttalaveritanient’altrochelaverita. Logiurologiurologiuro. Guardate le testimoni singhiozzanti. Osservate le loro facce ossessionate, vendicative! Quali ricordi di oscene violazioni bruciano nelle loro anime? Si, e lui, e quell’uomo! Lo riconoscerei ovunque. L’aula silenziosa. Vostro onore, chiedo il permesso di presentare come prova la

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