Lissa disse: — Posso sentire le loro menti. Degli animali.

— Davvero?

— Non mi ero mai accorta di riuscirci. Non ero mai stata allo zoo prima.

Lui era sul chi vive, pronto a portarla di corsa alla fermata del tubo se l’impatto fosse stato troppo forte. Non fu necessario. Lissa era piena di gioia, estatica, nello spiazzo accanto alla vasca delle foche, mentre assorbiva i muggiti i belati i latrati gli ululati di cento specie. — Forse posso trasmetterti qualcosa di quello che ricevo — disse, e gli prese le mani nelle sue, aggrotto la fronte, lo fisso negli occhi, tanto che i passanti annuirono e sorrisero alla vista del vero amore che si esprimeva in mezzo alle foche e alle tigri, ma lui non riusci a cogliere nemmeno un brandello di quello che Lissa gli trasmetteva.

Cosi lei glielo descrisse, a momenti alterni, ogni volta che poteva dedicargli un momento dalle sue contemplazioni. I pensieri alti, striduli e gutturali della giraffa. Il cupo rimuginare del rinoceronte. Le emissioni complesse, tetre e amare, dell’elefante africano, quello dalle grandi orecchie, un Kierkegaard della zoologia. Il cinguettio scintillante degli scimpanze. Le impertinenti esplosioni mentali del procione lavatore. Le tartarughe delle Galapagos meditavano sull’eternita; l’orso bruno era sorprendentemente sensuale; i pinguini facevano sogni ghiacciati.

— Ti stai inventando tutto? — le chiese, e lei gli rise in faccia, come un S. Tommaso d’Aquino accusato di inventarsi la trinita. Un’ora dopo, si era completamente spenta. Pranzarono con alga-burger e Lenin soda, e presero il marciapiede mobile fino all’uscita, Lissa che ridacchiava, stupidamente, ubriaca per le sue bestie. — L’orangutan — disse — potrei dirti esattamente come voterebbe alle prossime elezioni. E se solo potessi farti sentire lo gnu! Oh, cazzo, lo gnu!

Ma prima di sera era tornata di umore nero. Il pomeriggio andarono a Manhattan, girando intorno agli edifici bruciati, raggiungendo poi i nuovi eleganti quartieri residenziali, e lui cerco di interessarla ai saloni di divertimento, alle fumerie, alle piscine eccetera; ma lei era indifferente, lontana. Cenarono in un ristorante cinese su un molo dell’Hudson, e lei pilucco il cibo svogliatamente, lasciandone buona parte nel piatto, il cameriere che ridacchiava. Una serata tranquilla a casa. Non abbiamo amici, si rese conto Macy. Suonarono Bach e fumarono molto.

Appena prima di andare a letto, Hamlin parve stiracchiarsi e sbadigliare dentro di lui. O era solo un’illusione? Un pessimo rapporto sessuale, quella sera: Lissa era alquanto giu, lui non molto meglio, tutti e due goffi e non troppo convinti mentre si abbracciavano nel letto. Cerco di penetrarla, e lei era secca. Persevero, sa solo Dio perche. Finalmente un po’ di lubrificazione. Ma non molto entusiasmo, da parte di lei. Come scopare un robot; fu tentato di piantare li a meta, ma penso che sarebbe stato poco educato, e si costrinse a un orgasmo solitario e insoddisfacente. In seguito, fece alcuni brutti sogni, ma niente che non avesse gia avuto.

Sabato fu un fallimento. Lissa vuota, assente. Una giornata che non finiva mai. Domenica molto meglio. Gli si getto addosso al sorgere del sole, cavalcandolo, abbassandosi fino a farsi penetrare. Buon giorno! Buon giorno! Buon giorno! Su e giu, su e giu. Seni che dondolavano sopra di lui. Le dita sorprese di Macy che circondavano i globi lisci e freddi del suo sedere. Dopo di che, lei preparo una abbondante colazione. Allegra e saltellante come un’adolescente; forse una finzione: cercando con tutte le sue forze di essere una buona compagna, sospetto lui. Dopo quella giornata schifosa che mi ha fatto passare ieri. Uno a uno.

— Dove andiamo? — chiese lei.

— Al Museo di Arte Moderna — suggeri Macy. — Ci sono degli Hamlin, no?

— Si, cinque o sei. Ma credi davvero che sia una cosa saggia da fare? E rimasto molto tranquillo negli ultimi due giorni, ma la vista delle sue opere potrebbe risvegliarlo.

— E esattamente quello che voglio scoprire — le disse.

Andarono. Il museo, si scopri, aveva sette Hamlin: due pezzi grandi, quasi impressionanti come l’Antigone, e cinque piu piccoli. Erano esposti tutti nella stessa sala: quattro raggruppati in un angolo, e tre contro la parete opposta, il che diede a Macy l’occasione di una prova critica: la presenza di tante opere di Nat Hamlin avrebbe risvegliato l’artista in letargo, mediante qualche sorta di leva psichica?

Coraggiosamente, Macy si piazzo fra i due gruppi, dove sarebbe stato esposto al massimo di influenza. Bene, Hamlin? Dove sei? Ma benche avvertisse qualche confuso contorcimento subliminale, non c’era nient’altro che indicasse la presenza di Hamlin dentro di lui. Studio attentamente le sculture. Il conoscitore che faceva le sue superiori osservazioni.

Soltanto poche settimane prima, nell’ufficio di Harold Griswold, la vista del pezzo di Hamlin l’aveva tramortito, mentre adesso ascoltava con orecchio critico le risonanze, osservava il lieve mutare dei contorni, insomma faceva tutti i suoi apprezzamenti con grande disinvoltura.

Alcuni ragazzi nella sala, forse occupati in una ricerca su Hamlin. Apparentemente lo riconobbero. Guardarono la sua faccia, poi il distintivo Riab, poi ancora la sua faccia, poi le sculture, poi sussurrarono fra di loro. Neanche questo lo disturbo: essere scoperto come zombie ambulante del grande artista. I ragazzi non osarono avvicinarsi a lui. Macy rivolse loro un sorriso benevolo. Se volete vi faccio un autografo. Questi capolavori furono creati con queste stesse mani, sapete.

Rimase sorpreso per la sua nuova elasticita. Venire li, affrontare le opere di Hamlin, il tutto con grande calma. Scopri che la vista di quelle opere risvegliava a poco a poco in lui quella triste e deprimente nostalgia di avere accesso al passato in cui quel corpo aveva dato la luce a quelle sculture. Il suo vero passato. Come stava cominciando a considerarlo. Come se anche lui fosse giunto a concordare con Hamlin di essere una mera finzione, una aberrante e mostruosa nonrealta appiccicata alla vera vita di Nathaniel Hamlin. Percio anelava a conoscere quell’altro tempo. Chi ero quando ero lui? Come ho creato queste opere? Cosa significava essere Hamlin? Un brutto momento. La sottile e corrosiva influenza di Hamlin dentro di me, che mi mina anche quando lui e silenzioso. Cosi sono arrivato a dubitare di me stesso. Ho cominciato a disprezzare me stesso. E a desiderare di essere lui. Questa e la strada che conduce alla resa; torniamo indietro.

Anche Lissa parve disturbata dal gruppo di Hamlin. Forse ricordava un passato piu felice. I bei giorni del primo amore. La tremenda sensazione di essere stata scelta da Nathaniel Hamlin per il suo letto. Tutte le strade aperte. Ed essere arrivata a quello. Che capovolgimento. Macy pote vedere la tristezza sul suo volto. Era stato un errore infliggerle l’arte di Hamlin? O forse si sentiva semplicemente oppressa dalla folla domenicale del museo. Adesso e ora di andare.

Mattina di lunedi, Macy al lavoro. Griswold gli aveva appena assegnato un nuovo argomento. Le statistiche preliminari del livello di carisma per le elezioni del 2012 erano uscite la sera prima, tardi; facciamo un profilo di tutti i candidati, con i diagrammi delle pulsazioni, il conteggio degli ormoni, il profilo di riconoscibilita, tutto quanto lo schema multivalente, d’accordo? D’accordo. E cosi al lavoro. Assistenti che correvano di qua e di la. Le tette rosa che ballonzolavano. Pile di documenti. Fredericks che si fermava per offrirgli suggerimenti inutili. Loftus che arrivava con le braccia cariche di simulazioni e di lucidi a colori per essere approvati da lui. Le ore che scorrevano veloci; la mente interamente occupata da un’attivita significativa.

Poi un’interruzione imprevista. C’e una persona che desidera parlare con lei, signor Macy. Nessun appuntamento. Un visitatore per me? Chi? Immagine di Lissa in disordine, ossessionata, che dava i numeri nel salone d’ingresso. Vi prego, devo vederlo, e questione di vita o di morte, sto per andare a pezzi, sto per esplodere, lasciatemi andare da lui! Una scena penosa. Solo che il suo visitatore non era Lissa. Il suo visitatore era il dottor Gomez.

Panico. Gomez qui? Hamlin mi uccidera!

Dopo il primo momento di paura, una rapida riflessione. Hamlin l’aveva avvertito di non andare al Centro Riab, e di non telefonare ai dottori. Ma era stato il dottore a venire da lui, questo era coperto dalle minacce? Un punto opinabile. In ogni modo, Hamlin sembrava non volesse sollevare obiezioni. Macy aspetto qualche momento, preoccupato, in attesa di un segnale dall’interno, una stretta al cuore, una contrazione dei nervi, qualche avvertimento intimidatorio. Niente. Avvertiva la presenza di Hamlin come un peso massiccio e sordo nelle viscere, ma non ricevette nessuna istruzione specifica circa Gomez. Forse Hamlin vuole scoprire cosa dira Gomez. Forse si sta ancora riprendendo dal colpo che gli ha dato Lissa. Sia come sia. Dica al dottor Gomez che puo salire.

Gomez, fuori dal suo contesto, sembrava diverso. Al Centro Riab, circondato dalle sue falangi di computer e dalla sua farmacopea elettronica, Gomez era dinamico, formidabile, aggressivo, indomabile, volgare e sicuro di se. Entrando nell’elegante ufficio di Macy, era quasi mite. Senza scettro e trono, un re non e altro che un ravanello biforcuto. Gomez entro esitando attraverso la porta scorrevole. Vestito con un abito d’affari eccessivamente contemporaneo, verde e rosso, troppo giovanile per lui, in luogo del suo abituale camice da laboratorio

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