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Oliver

Un piccolo incidente mentre lavoravamo nei campi prima di colazione. Stavo passando tra due file di piante di capsico, e ho appoggiato il piede sinistro — nudo — su una scheggia di pietra che era riuscita a farsi strada verso la superficie e ne sporgeva col bordo tagliente. Ho sentito che la scheggia cominciava a incidermi la pelle e ho spostato rapidamente il peso, troppo rapidamente. Il piede destro non era pronto a sostenerlo. La caviglia ha cominciato a cedermi. Non mi rimaneva altro che lasciarmi cadere, come s’insegna a pallacanestro per quando si e urtati malamente e bisogna scegliere in fretta fra un capitombolo e uno strappo ai legamenti.

Dunque sono cascato, patapumfete!, in pieno sul sedere. Non mi sono fatto male per niente, ma il guaio e che quel settore dei campi era stato irrigato copiosamente proprio la sera prima, ed era ancora fangoso: sono atterrato nella melma attaccaticcia e quando mi sono tirato su ho sentito un rumore come di risucchio.

Avevo i calzoni conciati da far pieta, col fondo tutto bagnato e chiazzato di fango. Niente di grave, naturalmente, a parte il fatto che non mi garbava la sensazione di umido che la stoffa mi trasmetteva alla pelle.

E accorso Fra Franz, per vedere se mi ero fatto male, e ha constatato che era tutto a posto tranne i calzoni. Gli ho chiesto se dovevo tornare in casa a cambiarmi, ma lui ha sorriso facendo segno di no col capo e ha risposto che non ce n’era bisogno. Bastava che mi togliessi i calzoni e li appendessi a un albero, e il sole li avrebbe asciugati in mezz’ora.

Okay, perche no? A me non fa ne caldo ne freddo, andarmene in giro senza panni addosso; e d’altra parte, quale intimita maggiore che li in mezzo al deserto? Percio mi sono sfilato i calzoni e li ho distesi sopra un cespuglio e mi sono raschiato via il fango dal sedere e ho ripreso a strappare le erbacce.

Il giorno era spuntato appena da una mezz’ora, ma gia il sole si arrampicava in fretta su per il cielo e si stava facendo ardente; la temperatura, che durante la notte era scesa a cinque o dieci gradi, ora si stava avvicinando ai venti nella sua rapida salita verso la sommita del termometro.

Io sentivo il calore sulla pelle nuda, il sudore che cominciava a colarmi in rivoletti giu per schiena e natiche e gambe; e pensavo che bisognerebbe fare appunto cosi quando si lavora nei campi in una giornata afosa, che e una cosa bella e pulita stare nudi sotto il sole ardente, che non ha senso avvolgersi intorno ai fianchi una striscia di tessuto ruvido e sporco quando ci si puo spogliare del tutto.

Piu pensavo a questo, meno logico mi appariva il fatto stesso di portare indumenti: purche la temperatura sia calda e il proprio corpo non offenda la vista, che bisogno c’e di coprirsi? D’accordo: un sacco di persone non offrono uno spettacolo gradevole, viste al naturale; stanno meglio vestite, suppongo, o almeno ci sentiamo noi piu a nostro agio. Ma io ero ben contento di essermi tolto i calzoni infangati. Che diavolo, li fra altri uomini!

E mentre lavoravo avanzando lungo la fila di piante di capsico, facendo una bella sudata sana, la mia nudita mi ha fatto tornare in mente episodi del passato, quando cominciavo a scoprire il mio corpo e quello degli altri. Suppongo che la memoria mi si sia messa a fermentare a causa del caldo: nella testa mi scorrevano liberamente immagini e immagini, in un’informe nube di ricordi.

…Un ardente pomeriggio di luglio, lungo il ruscello, quando avevo… undici anni, si: era l’anno in cui e morto mio padre. Ero con Jim e Karl, due amici miei, gli unici amici veramente intimi. Jim la mia stessa eta, Karl un anno di piu. Stavamo cercando il cane di Karl, un bastardo, che quella mattina era scomparso.

Seguivamo le sue tracce procedendo a monte lungo il corso del ruscello: trovavamo qui un mucchietto di escrementi, la una chiazza umida alla base di un albero. Dopo due o tre chilometri sotto quel caldo, senza aver ancora trovato il cane e con gli abiti inzuppati di sudore, giungemmo dove il ruscello e piu fondo, oltre la fattoria dei Madden: abbastanza fondo da poterci nuotare. Karl disse: — Facciamo una nuotata? — e io replicai: — Ma non abbiamo portato il costume! — Tutt’e due scoppiarono a ridere, e cominciarono a spogliarsi.

Be’, naturalmente io mi ero gia trovato nudo davanti a mio padre e ai miei fratelli, e di tanto in tanto avevo nuotato senza costume; ma ero ancora talmente soffocato dalle convenzioni, talmente legato al modo «giusto» di fare le cose, che quella protesta mi era venuta alle labbra spontaneamente.

Comunque mi spogliai. Lasciammo gli abiti sulla riva e procedemmo sulle rocce malferme e scivolose fino a giungere dove il ruscello era piu fondo, Karl davanti e poi Jim e io in coda, e ci tuffammo, e sguazzammo qui e la per una ventina di minuti, e quando uscimmo eravamo ovviamente bagnati, per cui ci sedemmo sulla riva ad asciugarci al sole dato che non avevamo salviette.

Per me era una cosa nuova, starmene nudo con altre persone nude, allo scoperto, senza l’acqua che ci nascondesse il corpo. E ci guardammo a vicenda. Karl, maggiore di un anno rispetto a Jim e a me, aveva gia cominciato a svilupparsi: aveva le palle piu grosse delle nostre, aveva all’inguine una chiazza di peli scuri (anch’io avevo un po’ di peli, ma siccome sono biondo non si vedevano), ed era orgoglioso di possedere queste cose, e se ne stava a pancia in su mettendole in bella vista.

Vidi che mi guardava, e mi chiesi cosa stesse pensando. Forse criticava il mio uccello perche era troppo piccolo, un uccellino da ragazzo, mentre il suo era gia un uccello da uomo? Ma comunque era bello starmene li al sole, col caldo che mi asciugava la pelle, ad abbronzarmi dove ero bianco come il ventre di un pesce.

E d’un tratto Jim usci in una specie di strillo e serro le gambe portandosi le mani sopra l’inguine, e io mi guardai intorno e scorsi Sissy Madden. che doveva essere sui sedici o diciassette anni. Stava facendo una passeggiata a cavallo.

La sua immagine e stampata nella mia memoria: un’adolescente paffuta, con lunghi capelli rossi, calzoncini scuri attillati, una maglietta polo bianca dalla quale virtualmente esplodevano i grassi seni; se ne stava in groppa alla sua roana dalla schiena incavata, guardando giu verso noi tre e ridendo.

Balzammo in piedi, Karl, io, Jim, uno, due, tre, e ci buttammo a corsa pazza, zigzagando da tutte le parti, cercando disperatamente un posto in cui Sissy Madden non potesse vedere la nostra nudita. Rammento ancora il senso d’urgenza, l’impellenza di sottrarci allo sguardo della ragazza, ma non c’erano posti in cui nasconderci. Gli unici alberi erano dietro di noi, lungo la parte fonda del ruscello dove eravamo andati a nuotare, ma Sissy si trovava appunto la. Davanti a noi c’erano soltanto bassi cespugli ed erba alta, ma non alta abbastanza.

Io corsi a piu non posso per cento o duecento metri, scorticandomi i piedi, con l’uccellino che mi sbatacchiava contro il corpo (non avevo mai corso nudo prima d’allora, e ne stavo scoprendo tutta la scomodita); infine mi gettai a faccia in giu nell’erba, rannicchiandomi, nascondendomi come uno struzzo. A tal punto mi vergognavo!

Saro rimasto accovacciato la per un quarto d’ora, dopodiche udii delle voci e capii che Karl e Jim mi stavano cercando. Con grande cautela mi alzai. Erano vestiti, e Sissy non si vedeva. Dovetti rifare, nudo com’ero, tutta la strada fino alla riva del ruscello. Mi parve di camminare per chilometri; e provavo ancora vergogna, per il fatto che io ero nudo e loro no. Voltai loro la schiena e mi rivestii.

Quattro giorni dopo, al cinema, vidi nell’atrio Sissy Madden che parlava con Joe Falkner; mi sorrise, strizzandomi l’occhio, e io avrei voluto sprofondare nelle viscere della terra. Sissy Madden mi ha visto il coso, dissi fra me; e queste sette parole mi risuonarono nella mente un milione di volte durante il film, tanto che non capii un’acca della vicenda.

Ma la vergogna che provai a undici anni, l’imbarazzo per la mia virilita ancora abbozzata, scomparve presto. Mi riempii, mi sviluppai fisicamente, divenni alto, e poi non ebbi piu ragione di vergognarmi del mio corpo.

E cosi rammento un sacco di nuotate in compagnia, senza piu tirar fuori la faccenda del costume. Talvolta c’erano anche delle ragazze, magari quattro contro cinque maschi: ci spogliavamo pudicamente dietro alberi diversi, ragazze da una parte e ragazzi dall’altra, ma poi correvamo al ruscello tutti insieme, con uccelli e tette che ballonzolavano. E in acqua si poteva vedere bene ogni particolare, mentre loro saltellavano qui e la. Arrivati ai tredici o quattordici anni, dopo il bagno ci dividevamo in coppie, per i nostri primi esperimenti scopatorii.

Rammento di non aver mai superato del tutto il mio stupore alla vista del corpo femminile, cosi piatto e vuoto all’inguine. E quei fianchi piu larghi dei nostri, e quelle natiche piu grosse e soffici, simili a tondi cuscini rosa…

Ogni volta che nuotavo in compagnia, tutti nudi, ricordavo l’episodio con Karl e Jim e Sissy Madden, e ridevo della mia sciocca timidezza. Specialmente quando venne a nuotare con noi Billie Madden, che aveva la nostra eta ma era tale e quale sua sorella maggiore. Stando li nudo sulla riva del ruscello, accanto a Billie, osservando le lentiggini che scendevano nella valle fra i suoi grossi seni e le profonde fossette che marcavano il suo grosso posteriore, ebbi l’impressione che tutta la mia vergogna di quella volta con Sissy fosse stata cancellata, che Billie

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