41
Cinque giorni. Sei, in realta: o Schweiz aveva capito male o il capo sumariano non sapeva contare. Avevamo una guida e tre portatori. Non avevo mai camminato tanto, prima di allora: dall’alba al tramonto, col terreno che affondava o risucchiava sotto i piedi. La giungla si alzava come una parete verde ai lati dello stretto sentiero. C’era un’umidita incredibile quasi nuotavamo nell’aria, peggio che nei peggiori giorni di Manneran. Insetti con gli occhi che sembravano pietre preziose e becchi terrificanti, cose dalle molte zampe che ci superavano scivolando nel verde, grida di lotte e di orrore nel sottobosco, appena appena fuor di vista. La luce del sole scendeva a strisce e chiazze, riusciva appena a penetrare attraverso il baldacchino soprastante. C’erano dei fiori che sbocciavano dai tronchi degli alberi: parassiti, spiego Schweiz. Uno era una grossa cosa gialla con un volto umano, grandi occhi e una bocca spalancata cosparsa di polline. Un altro era ancora piu bizzarro, perche dal centro dei suoi petali rossi e neri si alzava una parodia degli organi genitali, un fallo che sembrava di carne con due testicoli pendenti. Schweiz, ridendo a crepapelle, afferro il primo che incontrammo: chiuse la mano intorno all’organo floreale, ci scherzo e lo massaggio in modo scandaloso. I Sumariani si misero a borbottare: forse si chiedevano se avevano fatto bene a mandare le ragazze nella nostra capanna, quella notte.
Avanzammo lentamente sulla spina dorsale del continente, emergemmo dalla giungla per un giorno e mezzo per scalare una montagna piuttosto alta; poi, dall’altra parte, incontrammo ancora la giungla. Schweiz chiese alla guida come mai non avessimo aggirato la montagna, invece di scalarla, gli fu risposto che quella era l’unica via possibile perche le formiche velenose infestavano tutte le pianure circostanti. Molto rassicurante. Al di la delle montagne c’erano catene di laghi, ruscelli e stagni, dei quali molti ricoperti di musi grigi dentati che appena affioravano alla superficie. Tutto cio mi sembrava irreale. Solo a pochi giorni di navigazione a Nord c’era Velada Borthan, con le sue banche, i suoi carri da terra, le sue dogane e i suoi templi. Un continente domato, ad eccezione dell’inabitabile interno. L’uomo non aveva lasciato tracce, invece, la dove marciavamo. Quel caos selvaggio mi opprimeva, quello ed i rumori notturni, l’aria pesante e le incomprensibili conversazioni dei nostri primitivi compagni.
Al sesto giorno arrivammo al villaggio. C’erano circa trecento capanne di legno sparpagliate su un grande prato, nel punto di congiunzione di due piccoli fiumi. Ebbi l’impressione che una volta ci fosse stato un paese piu grande, forse addirittura una citta, dato che ai confini della colonia c’erano dei monticelli e dei rialzi coperti d’erba dove avrebbero potuto esserci benissimo delle antiche rovine. O era solo una mia illusione? Avevo forse tanto bisogno di convincere me stesso che i Sumariani erano regrediti da quando avevano abbandonato il nostro continente, da vedere dovunque guardassi prove di declino e di decadenza?
La gente del villaggio ci circondo: non ostile, soltanto curiosa. Vedere degli uomini del Nord era una cosa insolita. Alcuni si avvicinarono e mi toccarono: mi sfioravano timidamente un braccio, mi stringevano vergognosi un polso, il tutto accompagnato invariabilmente da un rapido sorrisetto. Quella gente della giungla non sembrava avere l’imbronciata durezza degli abitanti del villaggio vicino al porto. Erano piu gentili, piu aperti, piu ingenui. Quel po di veleno della civilta di Borthan che era riuscito a infettare la gente del porto aveva avuto il potere di oscurare le loro anime; ma li, dove il contatto con la gente del Nord era meno frequente, questo non era successo.
Comincio un’interminabile discussione tra Schweiz, la nostra guida e gli anziani del villaggio. Dopo pochi minuti, Schweiz si tiro da parte: la guida, indulgendo a lunghe cascate di abbellimenti verbali, sottolineati da un frenetico gesticolare, sembrava continuasse a spiegare la stessa cosa agli abitanti del villaggio, che si ostinavano a dargli sempre le medesime risposte. Ne Schweiz ne io riuscivamo a capire una sillaba di quel che dicevano. Finalmente la guida, che sembrava fuori di se, si volto verso Schweiz e tiro fuori una tiritera in manneriano con accenti sumariani che io trovai praticamente incomprensibile ma che Schweiz, con la sua abilita di mercante nel comunicare con gli stranieri, riusci ad interpretare. Alla fine Schweiz mi disse: — Sono disposti a venderci la droga, ma noi dobbiamo dimostrare di essere degni di averla.
— E come possiamo farlo?
— Prendendola con loro alla cerimonia-amore di stasera. La guida ha cercato di far loro cambiare idea, ma sono irremovibili. Niente comunione, niente commercio.
— E rischioso? — chiesi.
Schweiz scosse la testa. — Non credo. Ma la guida pensa che noi vogliamo la droga soltanto in vista di un guadagno, crede che non vogliamo usarla, ma venderla a Manneran per tanti specchietti, tante sbarre-calore e tanti coltelli. E allora cerca di proteggerci. Anche gli uomini del villaggio pensano che noi non abbiamo intenzione di farne uso, e che siano dannati se hanno intenzione di darne un granello a quelli che vogliono solo venderla. La metteranno a disposizione soltanto di quelli che ci credono davvero.
— Ma noi ci crediamo davvero — dissi.
— Lo so. Ma non riesco a farlo capire al nostro uomo. Ne sa abbastanza sui settentrionali per rendersi conto che tengono sempre serrata la mente e vuole proteggere la fragilita della nostra anima. Cerchero di convincerlo.
Adesso erano Schweiz e la nostra guida a discutere, mentre i capi del villaggio rimanevano silenziosi. Adottando i gesti e perfino l’accento della guida, cosi che io non riuscivo a capire nessuno dei due, Schweiz insisteva e insisteva e la guida si opponeva a tutto quel che il Terrestre diceva. Mi invase un senso di scoramento e stavo per suggerire l’idea di abbandonare tutto e tornare a Manneran a mani vuote. Poi finalmente Schweiz sfondo, in qualche modo. La guida, ancora sospettosa, chiese chiaramente a Schweiz se voleva davvero quel che diceva di volere, Schweiz accenno enfaticamente di si e la guida, un po’ scettica, si rivolse nuovamente ai capi del villaggio. Parlo brevemente con loro e poi ancora brevemente con Schweiz. — E deciso — mi disse Schweiz. — Prenderemo con loro la droga stanotte. — Si chino su di me, mi prese per il gomito: — Una cosa devi ricordarti: quando sarai sotto l’influenza della droga dovrai essere colmo d’amore. Se non riesci ad amarli, tutto e perduto.
Trovai offensivo il fatto che avesse creduto necessario avvertirmi.
42
Al calar del sole, vennero a prenderci in dieci e ci condussero nella foresta ad Est del villaggio. Tra loro c’erano i tre capi, altri due anziani, due giovani e tre donne. Una di queste era una fanciulla bellissima, un’altra era bruttina, e la terza una vecchia. La nostra guida non venne con noi: non so se perche non era stato invitato alla cerimonia o se perche non se la sentiva di partecipare.
Percorremmo una distanza considerevole. Non potevamo piu sentire le grida dei bambini del villaggio o il clamore degli animali domestici. Ci fermammo in una radura isolata: centinaia di alberi erano stati abbattuti ed i tronchi ripuliti, a mo’ di panche, giacevano a terra in cinque linee, formando un anfiteatro pentagonale. Nel mezzo della radura c’era una fossa per il fuoco, foderata d’argilla; vicino, un mucchio di legna accatastata in bell’ordine. Non appena arrivammo, i due giovani cominciarono a costruire una pira fiammeggiante. Dall’altra parte del mucchio di legna vidi una seconda fossa foderata d’argilla, grande due volte il corpo di un uomo; scendeva nel terreno diagonalmente e sembrava molto profonda, un tunnel verso gli abissi del mondo. Da dove mi trovavo, cercai di guardare dentro alla luce del fuoco, ma non riuscii a vedere niente di interessante.
A cenni, i Sumariani ci indicarono dove dovevamo sederci: alla base del pentagono. La ragazza bruttina sedette di fianco a noi. Alla nostra sinistra, vicino all’ingresso del tunnel, sedevano i tre capi, alla nostra destra, vicino alla fossa del fuoco, c’erano i due giovani. Nell’angolo di destra piu lontano sedevano la vecchia e uno degli anziani, l’altro anziano e la ragazza bella nell’angolo di sinistra piu lontano. Quando tutti fummo seduti, l’oscurita completa ci raggiunse.
I Sumariani si tolsero i pochi indumenti che indossavano e vedendo che ci invitavano chiaramente ad imitarli, anche Schweiz ed io ci spogliammo e ammucchiammo i nostri abiti sulle panche dietro di noi. Al segnale di uno dei capi la ragazza bella si alzo, si avvicino al fuoco e vi attizzo un ramo in modo da ottenere una torcia; poi si avvicino alla bocca obliqua del tunnel e vi entro con i piedi in avanti, contorcendosi e tenendo alta la torcia. Ragazza e torcia scomparvero completamente. Per un poco riuscii a scorgere una luce tremolante che veniva di laggiu, ma ben presto la torcia si spense, lasciando nell’aria una nuvola di fumo scuro. Poco dopo la ragazza usci, senza la torcia: in