mutamento stava diventando contagioso, era un’epidemia, a Manneran.
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Certe volte, nel vuoto tempo morto tra una comunione e l’altra, insorgeva in me all’improvviso una strana confusione d’identita. Un blocco di esperienze prese a prestito che avevo stivato nelle oscure profondita della mia mente si staccava e fluttuava ai superiori livelli della coscienza, inframezzandosi al mio io. Mi rendevo conto di essere Kinnall Darival, figlio dell’Eptarca di Salla, ma c’era all’improvviso tra i miei ricordi un segmento della personalita di Noim, di Schweiz, di uno dei Sumariani o di qualcuno di quelli con cui avevo preso la droga. Finche durava quel sovrapporsi d’identita, un minuto, un’ora, mezza giornata, camminavo senza certezza del mio passato incapace di stabilire se qualche evento ancor fresco nella mia memoria fosse veramente accaduto a me o se mi fosse venuto per mezzo della droga. Tutto cio mi dava fastidio, ma non mi spaventava, se non le prime due o tre volte. Imparai a distinguere la qualita di questi ricordi che non mi appartenevano da quelli del mio passato reale familiarizzandomi con la sostanza di questi e di quelli. La droga mi aveva fatto diventare parecchie persone, mi accorsi; ma non era forse meglio essere molti che qualcosa di meno di uno?
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All’inizio della primavera arrivo a Manneran una calura lunatica, insieme a piogge cosi frequenti che la vegetazione della citta sembro impazzire: avrebbe finito con l’inghiottire tutte le strade, se non fosse stata falciata giornalmente. C’era verde, verde, verde dappertutto: nebbia verde nel cielo, verde la pioggia che cadeva, verdi i raggi del sole che a volte filtrava tra le nuvole, verdi le larghe foglie lucide che si aprivano su ogni balcone ed in ogni angolo di giardino. Poteva ammuffire anche l’anima di un uomo, la in mezzo. Verdi erano anche le tende nella strada dei negozi dei mercanti di spezie. Loimel mi aveva dato una lunga lista di cose da comprare, delicatezze di Threish, di Velis, delle Terre Basse Bagnate che, docile marito, andai ad acquistare, dato che la strada delle spezie era a due passi dal Tribunale. Ella stava preparando una grande festa per celebrare il Giorno del Nome della nostra figlia maggiore, che stava finalmente per assumere il nome di adulta che le avevamo destinato: Loimel. Tutte le personalita di Manneran erano state invitate ad assistere mia moglie che acquistava un’omonima. Tra gli invitati ci sarebbero state diverse persone che avevano diviso con me la droga sumariana, e questo mi dava un segreto piacere; Schweiz, invece, non era stato invitato, dato che Loimel lo trovava grossolano; comunque, egli aveva dovuto lasciare Manneran per un viaggio d’affari giusto quando il tempo aveva cominciato a impazzire.
Mi muovevo attraverso il verde dirigendomi verso i migliori negozi. La pioggia era cessata da poco ed il cielo era un piatto cartone verde appoggiato sui tetti. Mi arrivavano fragranze deliziose, dolci, aspre, nuvole di aromi che solleticavano il palato. Tutto d’un tratto ci furono delle bolle nere che correvano nel mio cranio e per un attimo fui Schweiz che mercanteggiava su una banchina del porto con un capitano che aveva appena riportato un carico di preziosa mercanzia dal Golfo di Sumar. Mi fermai per godere quella mescolanza d’identita. Schweiz svani. Attraverso la mente di Noim sentii il profumo del fieno tagliato di fresco sotto un delizioso sole di tarda estate nelle tenute dei Condorit; poi, all’improvviso, sbalordito, ero il direttore di banca, con la mano stretta sui lombi di un altro uomo. Non posso descrivere lo
Androg Mihan, custode degli archivi del Primo Eptarca di Manneran, era davanti a me. Era un uomo basso, dai lineamenti angolosi e grigi, l’ultimo uomo al mondo che si poteva immaginare alla ricerca di piaceri illegali; me l’aveva portato il Duca di Sumar, una delle mie prime conquiste.
— Dove vogliamo andare? — chiesi, e Mihan mi indico un miserabile tempio dei poveri, dall’altra parte della strada. Il confessore stava seduto fuori, a caccia di clienti. Non vedevo come avremmo potuto parlare in segreto in un tempio, ma seguii l’archivista. Entrammo nel tempio e Mihan disse al confessore di andare a prendere i contratti. Appena l’uomo se ne fu andato, Mihan si chino su di me e bisbiglio: — La polizia sta andando a casa tua. Quando tornerai a casa, stasera, sarai arrestato e portato in prigione su una delle isole del Golfo di Sumar.
— Da chi l’hai saputo?
— Il decreto e stato firmato stamattina, e poi e stato passato a me perche l’archiviassi.
— Qual e l’accusa?
— Esibizionismo — disse Mihan. — L’accusa e stata fatta dagli agenti della Cappella di Pietra. C’e anche un’accusa secolare: uso e distribuzione di droghe illecite. Sei in trappola, Kinnall.
— Chi e l’informatore?
— Un certo Jidd, un confessore della Cappella di Pietra. Ti sei forse lasciato scappare la storia della droga in confessione?
— Si. Nella mia ingenuita. La santita del tempio…
— La santita del letamaio! — disse con veemenza Androg Mihan. — Ora devi fuggire: Il governo si e schierato in forze contro di te.
— Dove potrei andare?
— Il Duca di Sumar ti dara rifugio stanotte — rispose Mihan. — Dopo… proprio non so.
Il confessore torno proprio in quel momento, portando una serie di contratti. Ci rivolse un sorriso da padrone e disse: — Bene, gentiluomini, chi e il primo?
— Ci si e ricordati di un altro impegno — disse Mihan.
— Tutt’a un tratto, non ci si sente bene — dissi io.
Gettai una grossa moneta al sorpreso confessore e lasciammo il tempio. Fuori Mihan fece finta di non conoscermi e ci separammo senza una parola. Non dubitai neppure per un momento della verita del suo avvertimento. Dovevo fuggire, Loimel avrebbe dovuto comprarsi le spezie da sola. Fermai una macchina e andai immediatamente alla villa del Duca di Sumar.
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Il Duca e uno degli uomini piu ricchi di Manneran. Le sue tenute si stendono lungo il Golfo e sulle pendici degli Huishtor, e nella capitale ha una splendida villa in un parco degno del palazzo di un imperatore. E Guardiano ereditario delle dogane del Passo di Stroin ed e questa la fonte dell’opulenza della sua famiglia: da anni si riservano una parte di tutto quel che viene portato sul mercato dalle Terre Basse Bagnate. Di persona, il Duca e un uomo di grande bruttezza o di notevole bellezza, non so: ha una larga testa piatta, triangolare, labbra sottili, naso imponente, strani, folti capelli molto ricci, che gli stanno attaccati al cranio come un tappeto. I capelli sono completamente bianchi, ma il suo viso non ha nemmeno una ruga. Ha occhi enormi, scuri, profondi, guance infossate. Un viso ascetico, che a me sembrava alternativamente santo e mostruoso, ed a volte tutt’e due le cose insieme. Eravamo diventati amici poco dopo il mio arrivo a Manneran, tanti anni prima: aveva aiutato Segvord Helalam a raggiungere il potere ed era stato legatore di anime per Loimel alle nostre nozze. Quando cominciai a prendere la droga sumariana, egli lo indovino subito, come per telepatia. Con un discorso di meravigliosa astuzia venne a sapere da me che avevo la droga e decise di prenderla con me. Tutto questo era successo quattro lune prima, verso la fine dell’inverno.