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Poco tempo dopo, la notizia della mia disgrazia divenne pubblica a Manneran e raggiunse rapidamente Salla. Noim mi mostro i resoconti: mi si definiva il consigliere capo dell’Alto Giudice del Porto, e si parlava di me come di un uomo di grandissima autorita a Manneran che oltre tutto aveva legami di sangue con i Primi Eptarchi di Salla e di Glin… eppure, nonostante i miei meriti ed i miei privilegi, mi ero allontanato dal Comandamento e avevo infranto la legge diventando un esibizionista. Avevo violato non soltanto l’etichetta e la decenza, ma anche le leggi di Manneran facendo uso di una certa droga di Sumara Borthan, proibita, che infrange le barriere imposte dagli dei tra anima e anima. Abusando della mia alta posizione, si diceva, avevo segretamente organizzato un viaggio nel continente meridionale. (Povero Capitano Khrish! Era stato arrestato anche lui?) da cui ero tornato con una grande quantita di droga che avevo diabolicamente imposto a una donna di bassa nascita che mantenevo; inoltre, avevo fatto circolare quella sporca roba tra alcuni importanti membri della nobilta, i cui nomi erano stati taciuti per via del loro completo pentimento. Alla vigilia dell’arresto ero fuggito a Salla. Meglio per me: se avessi tentato di far ritorno a Manneran, sarei stato immediatamente imprigionato. Nel frattempo sarebbe stato celebrato il processo in absentia e, secondo quel che diceva il Giudice Supremo, non potevano esserci dubbi sul verdetto. Per far ammenda verso lo Stato alla grande ingiuria che avevo fatto alla struttura della stabilita sociale, si pretendeva che consegnassi allo Stato tutte le mie terre e tutti i miei averi, ad eccezione di una piccola parte che doveva servire per il mantenimento di mia moglie e dei miei figli innocenti (Segvord Helalam era riuscito, dunque). Per impedire che i miei amici altolocati trasferissero a Salla le mie ricchezze prima del processo, tutto quel che possedevo era stato sequestrato prima ancora che il Giudice Supremo pronunciasse il decreto di colpevolezza. Cosi aveva parlato la legge. Che stiano ben attenti quelli che vogliono fare di se stessi dei mostri esibendosi!

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Non tenni nascosto il fatto che mi trovavo a Salla, perche ormai non avevo piu ragione di temere la gelosia del mio regale fratello. Poteva aver desiderato di eliminarmi come possibile rivale il giovane Stirron appena salito sul trono, ma non lo Stirron che governava da piu di diciassette anni. Ormai era un’istituzione, a Salla, era amato da tutti ed era diventato parte integrante della vita di ognuno, mentre io ero uno straniero di cui i piu vecchi si ricordavano a stento e che i piu giovani non conoscevano affatto, un uomo che parlava con accento manneriano e che era stato pubblicamente bollato dall’infamia dell’esibizionismo. Anche se avessi progettato di deporre Stirron, dove avrei trovato dei seguaci?

In realta, avevo un gran desiderio di vedere mio fratello. Nei momenti di burrasca ci si rivolge sempre ai primi compagni, e con Noim che mi si era estraniato e Halum dall’altra parte del Woyn, mi rimaneva soltanto Stirron. Non ce l’avevo mai avuta con lui per il fatto che per colpa sua ero dovuto fuggire da Salla, perche sapevo benissimo che se fossi stato io il maggiore avrei costretto lui a fuggire nello stesso modo. Se i nostri rapporti si erano raffreddati dopo la mia fuga, era stato lui a volerlo, perche si sentiva in colpa. Ormai erano passati diversi anni dalla mia ultima visita a Citta di Salla: forse le mie disgrazie avrebbero toccato il suo cuore. Da casa di Noim, scrissi una lettera a Stirron, chiedendo formalmente asilo a Salla. Secondo le leggi sallane dovevo essere accettato, perche ero suddito di Stirron e non avevo commesso nessun crimine nel suo territorio, ma pensai che fosse meglio chiedere asilo ufficialmente. Le accuse che mi aveva rivolto il Giudice Supremo di Manneran erano vere, ammisi, ma offrii una forbita e, spero, eloquente spiegazione dei motivi per cui mi ero allontanato dal Comandamento. Conclusi la lettera esprimendogli il mio immutabile affetto e ricordando i tempi felici che avevamo vissuto insieme prima che il peso dell’Eptarchia cadesse su di lui.

Mi aspettavo che a sua volta Stirron mi invitasse a fargli visita nella capitale per sentire dalle mie stesse labbra la spiegazione di tutte le strane cose che avevo fatto a Manneran. Doveva sicuramente esserci una riunione fraterna. Ma non venne nessuna convocazione da Citta di Salla. Ogni volta che il telefono suonava, mi precipitavo a rispondere, pensando che fosse Stirron. Ma non chiamo. Passarono diverse settimane di tensione e di malumore: andavo a caccia, nuotavo, leggevo, cercavo di scrivere il mio nuovo Comandamento d’amore. Noim si teneva a distanza. Quell’unica esperienza l’aveva messo in un imbarazzo tale che osava appena guardarmi negli occhi: conoscevo la sua anima completamente e questo ci divideva.

Finalmente arrivo una busta con l’imponente sigillo dell’Eptarca. Conteneva una lettera firmata da Stirron, ma voglio credere che sia stato qualche severo ministro e non mio fratello a compilare quel messaggio che faceva stringere il cuore. In meno righe di quante siano le mie dita, l’Eptarca mi mandava a dire che la mia richiesta d’esilio a Salla era stata accettata, a condizione pero che abbandonassi i vizi che avevo imparato nel Sud. Se fossi stato sorpreso anche una sola volta a cercar di diffondere a Salla l’uso della droga che schiudeva le anime, sarei stato immediatamente arrestato e mandato in esilio. Questo era tutto quello che mio fratello aveva da dire. Non una sillaba di gentilezza, non un filo di simpatia, non un atomo di calore.

64

Al colmo dell’estate, Halum venne inaspettatamente a trovarci. Il giorno in cui arrivo mi ero allontanato a cavallo sulle terre di Noim, dietro le tracce di uno scudo-di-tempesta maschio che era fuggito dalla sua gabbia. Una maledetta vanita aveva spinto Noim ad acquistare un branco di quei feroci animali da pelliccia, che pure non erano originari di Salla e ci si ambientavano con molta difficolta. Ne aveva venti o trenta, tutti artigli, denti e feroci occhi gialli, e sperava che si moltiplicassero fino a diventare un ricchissimo gregge. Inseguii il maschio fuggitivo per boschi e pianure, dalla mattina a mezzogiorno, odiandolo sempre piu ogni ora che passava perche si lasciava dietro una scia di carcasse mutilate di piccoli erbivori indifesi. Gli scudi-di-tempesta uccidono per il semplice piacere di uccidere, strappano un boccone o due dalle carcasse e abbandonano il resto agli avvoltoi. Finalmente lo raggiunsi in una valletta ombrosa. — Stordiscilo e riportalo indietro vivo, mi aveva raccomandato Noim, in considerazione del valore dell’animale. Ma quando la belva si trovo in trappola, si slancio su di me con tale ferocia che lo colpii in pieno e lo uccisi con gioia. Mi presi la briga di scuoiarlo per riportare a Noim almeno la preziosa pelle. Infine, stanco e depresso, tornai al galoppo alla grande villa. Un carro da terra che non conoscevo era parcheggiato fuori, e accanto c’era Halum. — Conosci le estati di Manneran — spiego. — Si progettava di andare nell’isola come al solito, ma poi si e pensato che sarebbe stata una bella cosa prendersi una vacanza a Salla, con Noim e Kinnall.

Era entrata allora nel suo trentesimo anno. Le nostre donne si sposano tra i quattordici e i sedici, non fanno piu figli dopo i ventidue o ventiquattro, e a trenta cominciano a scivolare nella mezz’eta; ma sembrava che il tempo non avesse neppure sfiorato Halum. Non avendo conosciuto le burrasche del matrimonio ed i travagli della maternita, non avendo spento le sue energie nelle battaglie del letto nuziale e tra le lacerazioni di quello del parto, aveva il corpo sottile e flessibile di una fanciulla: niente accumuli di grasso, niente pieghe, niente vene varicose, niente appesantimento della linea. Solo una cosa era cambiata: negli ultimi anni i suoi scuri capelli erano diventati d’argento. Ma non erano che una bellezza in piu, perche brillavano d’una lucentezza straordinaria e offrivano un piacevole contrasto con l’abbronzatura del volto giovanile.

Nel suo bagaglio c’era un pacco di lettere per me da Manneran: messaggi da parte del Duca, di Segvord, dei miei figli Noim, Stirron e Kinnall, delle mie figlie Halum e Loimel, dell’archivista Mihan e di molti altri. Il tono delle lettere era teso, imbarazzato: sembravano le lettere che si scrivono ad un uomo morto se ci si sente colpevoli di essergli sopravvissuti. E tuttavia mi faceva bene sentire quelle parole che venivano dalla mia vita precedente. Mi dispiacque non trovare una lettera di Schweiz: Halum disse che non ne aveva notizie fin da prima del mio processo, e che pensava avesse lasciato il pianeta. Ne c’era una parola da parte di mia moglie. — E tanto occupata da non poter scrivere neppure un rigo o due, Loimel? — chiesi, e Halum con aria imbarazzata mi rispose piano che Loimel non parlava mai di me. — Sembra aver dimenticato di essere stata sposata.

Halum mi aveva portato anche un mucchio di regali dei miei amici dell’altra parte del Woyn. Erano sorprendenti nella loro opulenza: massicci agglomerati di metalli preziosi, elaborate file di gemme rare. — Prove d’amore — disse Halum; ma io non mi lasciai ingannare. Si potevano comprare delle grandi tenute, con tutti quei tesori. Quelli che mi amavano non volevano umiliarmi trasferendo del denaro sul mio conto a Salla, ma potevano regalarmi tutti quegli splendori come segno d’amicizia lasciandomi libero di disporne secondo le mie necessita.

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