Il Duca comprese la mia pena perche era stato nella mia anima, ma non mi concesse la chiamata. Le linee potevano essere controllate: non poteva rischiare che quella notte si udisse la mia voce dalla sua casa. Capii in che situazione delicata si trovava e non insistetti. Potevo chiamare Halum l’indomani, dopo aver attraversato il Woyn ed essermi messo in salvo a Salla.
Ben presto fu ora di partire. I miei amici se n’erano gia andati diverse ore prima. Il Duca solo mi accompagno fuori dalla casa. Il suo maestoso carro da terra ed una squadra di guardie del corpo ognuna sul suo motociclo erano in attesa. Il Duca mi abbraccio. Montai sulla macchina e mi appoggiai contro i cuscini. L’autista opacizzo i vetri in modo che rimanessi nascosto alla vista altrui pur potendo vedere io. La macchina si mise in moto silenziosamente, acquisto velocita e si immerse nella notte mentre i miei accompagnatori, sei in tutto, le correvano a fianco come insetti. Sembro che passassero delle ore, prima che raggiungessimo il cancello principale della tenuta del Duca. Poi arrivammo sull’autostrada. Sedevo rigido come se fossi scolpito nel ghiaccio, pensando appena a quel che mi era successo. La nostra strada era verso Nord, e viaggiammo ad una velocita tale che il sole non si era ancora levato quando raggiungemmo i confini della tenuta del Marchese di Woyn, alla frontiera tra Manneran e Salla. Il cancello si apri; lo attraversammo a tutta velocita. La strada era intagliata in una fitta foresta, al chiarore della luna si potevano vedere delle sinistre efflorescenze, parassiti simili a corde pelose che formavano un intrico tra gli alberi. All’improvviso sbucammo in una radura, e di li vidi le sponde del fiume Woyn. La macchina si fermo. Un individuo con una veste scura mi aiuto a scendere, come se fossi un vecchio tremebondo, e mi guido giu per la sponda spugnosa fino ad un lungo e stretto pontile visibile appena nella densa foschia che si levava dal cuore del fiume. La c’era una barca all’ancora. Non una barca grossa, era appena piu grande di un
L’alba era vicina. Potevo intravvedere la linea della sponda sallana. Prendemmo terra presso un pontile che si gettava nell’acqua da una banchina coperta d’erba, probabilmente l’approdo privato di qualche nobile. Avvertii il primo tocco della paura. Tra poco avrei messo piede a Salla. Dove mi sarei trovato? Come avrei fatto a raggiungere qualche regione abitata? Non ero piu un ragazzo che poteva chiedere un passaggio al primo camion. Ma avevano gia organizzato tutto ore prima: non appena la barca ebbe toccato il pontile una figura emerse dalla semioscurita e mi tese una mano: Noim. Mi tiro su e mi abbraccio forte. — So quel che e successo — disse. — Starai con me. — Nell’emozione, tralascio per la prima volta, da quando eravamo ragazzi, ogni formula di cortesia.
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A mezzogiorno, dalla tenuta di Noim nella parte sudoccidentale di Salla, telefonai al Duca di Sumar per confermargli che ero arrivato sano e salvo. Era stato lui, naturalmente, a fare in modo che il mio fratello di legame mi venisse incontro alla frontiera. Poi chiamai Halum. Giusto poche ore prima Segvord le aveva spiegato le ragioni della mia scomparsa. — Che strana notizia — ella disse. — Non hai mai parlato della droga. Eppure per te era cosi importante che hai rischiato tutto quel che avevi, per usarla. Com’e possibile che tu abbia nascosto alla tua sorella di legame una cosa che aveva tanta parte nella tua vita? — Le risposi che non avevo osato parlarne con lei perche avevo paura di non saper resistere alla tentazione di offrirgliela. — Sarebbe dunque un peccato cosi terribile, aprire per intero il tuo cuore alla tua sorella di legame? — disse.
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Noim mi tratto con tutte le cortesie e mi fece capire che potevo rimanere da lui quanto volevo: settimane, mesi, anni, perfino. Probabilmente i miei amici di Manneran sarebbero riusciti a farmi riavere una parte dei miei averi e io avrei potuto comprare delle terre a Salla e far la vita del barone di campagna; oppure Segvord, il Duca di Sumar e altri uomini influenti avrebbero potuto far annullare la condanna, ed io avrei potuto tornare nel meridione. Fino a quel momento, disse Noim, la sua casa era la mia casa. Ma io avvertivo una certa freddezza in lui, come se egli mi offrisse quell’ospitalita solo in nome del nostro legame. Soltanto dopo alcuni giorni venne a galla la ragione del suo atteggiamento distaccato. Sedevamo dopo cena nella sua grande sala dei banchetti dalle pareti a calce, e parlavamo della nostra infanzia, il nostro principale tema di conversazione, dato che era certamente piu prudente parlare di quei giorni lontani piuttosto che degli avvenimenti recenti, quando Noim disse all’improvviso: — Si sa se quella tua droga provoca incubi notturni?
— Non si e mai sentito di una cosa del genere, Noim.
— Ebbene, eccolo qui, il caso. Per settimane dopo che ci siamo divisi la droga a Manneran, ci si e svegliati inzuppati di sudore freddo una notte dopo l’altra. Si credeva di impazzire.
— Che tipo di sogni erano? — chiesi.
— Cose orribili, mostri, denti, artigli. La sensazione di non sapere chi si e, pezzi della mente di altri galleggianti nella propria. — Sorseggio il suo vino.
— Tu prendi la droga per piacere, Kinnall?
— Per la conoscenza.
— Conoscenza di che cosa?
— Conoscenza di se stesso e conoscenza degli altri.
— E allora si preferisce l’ignoranza. — Rabbrividi. — Tu sai, Kinnall, che non si e mai stati particolarmente religiosi: si e bestemmiato, si son fatti i versacci ai confessori, si e riso delle loro favole sugli dei, non e cosi? Con quella roba tu sei riuscito a creare un uomo pio. Il terrore di aprire la mente… di sapere che non si hanno difese, che altri possono insinuarsi in quella mente e che lo stanno facendo… e impossibile sopportarlo!
— Impossibile per te — dissi. — Ad altri piace.
— Si concorda col Comandamento — rispose Noim. — Il proprio intimo e sacro. L’anima e soltanto di chi la possiede. E un piacere sporco esibirla.
— Non esibirla, dividerla.
— Ti sembra che abbia un suono migliore, cosi? Molto bene: e un piacere sporco dividerla, Kinnall. Anche se siamo fratelli di legame. Lasciandoti, l’ultima volta, si aveva la sensazione di essersi sporcati. Sabbia e terriccio nell’anima. E questo quel che ti auguri per tutti? Farci sentire tutti insozzati di colpa?
— Nessuna colpa. Noim. Si da, si riceve, se n’esce migliori di prima…
— Piu sporchi.
— Piu grandi, piu alti, piu comprensivi. Parla con gli altri che l’hanno provato — dissi.
— Naturalmente. Non appena verranno a Salla da Manneran, esiliati, senza terre, li si interroghera sulla bellezza, sull’incanto dell’esibirsi. Scusa: del dividersi.
Vedevo il tormento nei suoi occhi. Voleva ancora amarmi, ma la droga sumariana gli aveva fatto vedere delle cose, di se stesso, forse di me, che gli facevano odiare chi gli aveva dato la droga. Era uno di quelli per cui le mura sono una necessita, ed io non me n’ero reso conto. Cosa avevo fatto, per cambiare il mio fratello di legame in un nemico? Forse, se avessimo potuto prendere ancora insieme la droga avrei potuto chiarirgli delle cose… ma no, era assurdo, Noim era terrorizzato dall’introspezione. Avevo trasformato il mio blasfemo fratello di legame in un uomo del Comandamento. Non c’era piu nulla che potessi dirgli. Dopo qualche minuto di silenzio. — Ti si deve chiedere una cosa, Kinnall — fece.
— Quel che vuoi.
— Si esita ad imporre limitazioni ad un ospite, ma se hai portato della droga da Manneran, se ne hai nascosta nelle tue stanze… liberatene, hai capito? Non deve essercene in questa casa. Liberatene, Kinnall.
In tutta la mia vita non avevo mai mentito al mio fratello di legame, mai. Con lo scrigno tempestato di gioielli del Duca di Sumar che mi bruciava contro il petto, dissi solennemente a Noim: — Non hai nulla da temere, in proposito.