amanti a decine, all’ingrosso, pero ha avuto ben poco amore. Tu e io, sorellina, tu e io. Goccioline d’acqua.
Prepara la tavola mentre io vuoto un bicchierino per lei, il solito, Pernod con ghiaccio. Il piccolo, grazie a Dio, ha gia mangiato; odio vederlo a tavola. Gioca col suo affare di plastica e mi concede occasionali occhiate acide. Judith e io facciamo tintinnare insieme i nostri bicchieri, un gesto teatrale. Lei abbozza un sorriso senza calore. — Alla salute — diciamo. Alla salute.
— Perche non ritorni in citta? — chiede lei. — Potremmo vederci piu spesso.
— La la vita costa meno. Che bisogno c’e di vederci piu spesso?
— Chi abbiamo di altri?
— Tu hai Karl.
— Io non
Ripenso a quando tentai di ammazzarla nella sua culla. Lei non ne sa niente. — Noi siamo veramente amici, Jude?
— Adesso lo siamo. Finalmente.
— Non siamo stati eccessivamente entusiasti l’uno dell’altra, in tutti questi anni.
— La gente cambia, Duv. Cresce. Io ero stupida, proprio una testa di cazzo, cosi mi ero ficcata in testa che non potevo far nient’altro che odiare tutti quelli che mi stavano intorno. Adesso e tutta acqua passata. Se non mi credi, leggimi nel pensiero e vedi da te stesso.
— Tu non hai bisogno che io vada a frugare la dentro.
— Avanti! — dice lei. — Dacci un’occhiata come si deve e renditi conto se io non sono cambiata nei tuoi riguardi.
— No. Preferisco di no. — Mi servo un altro goccio di rum. La mano trema un po’. — Non devi dare una controllatina alla salsa per gli spaghetti? Puo darsi che bolla troppo.
— Lasciala bollire. Non ho finito il mio bicchierino. Duv, sei ancora turbato? Riguardo al tuo potere, voglio dire.
— Si. Ancora. Peggio che mai.
— Che cosa pensi che stia succedendo?
Scrollo le spalle. Spensierato vecchione che non sono altro. — Sto perdendolo, ecco tutto. E come per i capelli, penso. Ne hai un mucchio quando sei giovane, poi sempre meno, sempre meno, e alla fine resti pelato. Al diavolo! Non mi ha mai procurato niente di buono.
— Non lo pensi veramente.
— Fammelo vedere tu, Jude, qualcosa di buono che mi abbia dato.
— Ti ha reso diverso. Ti ha reso unico. Tutte le volte che qualcosa di qualunque genere era sbagliata per te, tu hai sempre potuto sottrartici proprio grazie a lui, la conoscenza che tu potevi procurarti direttamente dalle menti, perche tu potevi vedere l’invisibile, perche tu potevi accostarti, vicinissimo, all’anima della gente. Un dono di Dio.
— Un dono inutile. Eccettuato quando mi sono trovato in caso di necessita.
— Ti ha reso un uomo piu ricco. Piu complesso, piu interessante. Senza, saresti stato uno qualunque.
— Grazie al potere, ho finito per essere uno qualunque. Un nessuno, uno zero. Senza il potere avrei potuto essere una felice nullita, invece che una nullita depressa.
— Tu, Duv, provi un mucchio di compassione per te stesso.
— Ho le mie buone ragioni per provare compassione di me stesso. Dell’altro Pernod, Jude?
— No, grazie. Devo dare un’occhiata alla cena. Vuoi versare il vino?
Lei se ne va in cucina. Io mi interesso del vino; poi porto in tavola l’insalatiera. Dietro di me il piccolo comincia a cantare dei canzonatori monosillabi senza senso nel suo baritono bizzarramente adulto. Anche nel mio attuale stato di ingannevole intorpidimento sento la pressione del freddo odio del piccolo contro la mia nuca.
Judith ritorna con in mano un vassoio pieno zeppo: spaghetti, pane biscottato con burro e aglio, formaggio. Mi lancia un caldo sorriso, vistosamente sincero, quando ci sediamo a tavola. Facciamo tintinnare i bicchieri di vino l’uno contro l’altro. Mangiamo in silenzio per qualche minuto. Apprezzo gli spaghetti. Alla fine, lei dice: — Duv, posso leggerti un po’ nel pensiero, adesso?
— Sii la benvenuta.
— Dici di essere contento che il potere se ne va. Tutta questa messinscena e per me o per te? Perche tu stai facendo fesso qualcuno, qui. Tu odii l’idea di perderlo, non e cosi?
— In parte.
— Moltissimo, Duv.
— Va bene, moltissimo. Sono diviso tra due sentimenti. Mi piace che sparisca completamente. Cristo, vorrei non averlo mai avuto. Ma, d’altro canto, se lo perdo, io chi sono? Dov’e la mia identita? Io sono Selig. Quello-che- legge-le-menti, non e cosi? Lo Stupefacente Uomo della Mente. Percio se lo perdo… capisci, Jude?
— Capisco. Ti si legge la sofferenza in faccia. Mi spiace tanto, Duv.
— Di che cosa?
— Che tu stia perdendolo.
— Disprezzavi la mia faccia tosta quando lo usavo su di te, non e cosi?
— E un’altra faccenda. Era tanto tempo fa. Capisco che cosa stai attraversando adesso. Hai qualche idea del perche lo stai perdendo?
— No. Una funzione dell’invecchiamento, penso.
— C’e qualcosa che puo averlo fatto arrestare?
— Ne dubito, Jude. Anzitutto io non so neppure perche ce l’ho, il dono: figurati se posso sapere come rinvigorirlo. Non so come funziona. E qualcosa che e nella mia mente, una stramberia genetica, una cosa con cui sono nato, come le lentiggini. Se le tue lentiggini cominciano a scomparire, riesci a immaginarti una qualche maniera per farle restare, ammesso che tu lo voglia?
— Non hai mai permesso che ti studino?
— No.
— Perche no?
— Non mi piace che la gente curiosi nella mia testa piu di quanto riesci a fare tu — dico con dolcezza. — Non ho nessuna voglia di diventare un caso storico. Mi sono sempre tenuto nell’ombra. Se mai il mondo dovesse accorgersi di me, diventerei un paria. Probabilmente sarei linciato. Lo sai quante sono le persone alle quali ho detto su di me la verita? In tutta la mia vita?
— Una decina.
— Tre — dico io. — E preferirei non averne parlato con nessuno.
— Tre?
— Tu. Suppongo che tu sospettassi tutto da tanto tempo, ma non sei arrivata a esserne sicura prima dei sedici anni, ricordi? C’e poi Tom Nyquist, che non ho piu rivisto. E una ragazza che si chiama Kitty; anche lei non l’ho piu rivista.
— E quella brunetta alta?
— Toni? Non gliel’ho mai detto esplicitamente. Ho cercato di tenerglielo nascosto. Lo ha scoperto indirettamente. Un casino di gente puo averlo scoperto indirettamente. Io, pero, l’ho rivelato solo a tre persone. Non ho nessuna voglia di passare per anormale. Percio lascia che se ne vada. Lascialo crepare. Che sollievo.
— Invece, tu hai bisogno di tenerlo stretto.
— Di tenerlo stretto e di lasciarlo andare, tutte e due le cose.
— E una contraddizione.
— Mi contraddico? Benissimo, allora io mi contraddico. In me non ho limiti, contengo moltitudini. Che cosa posso dirti, Jude? Che cosa posso dirti che corrisponda a verita?
— Soffri?
— Chi non soffre?
Lei dice: — Perderlo e quasi come diventare impotente, non e cosi, Duv? Penetrare in una mente e scoprire che non riesci a connettere… Una volta, dicevi che per te era un’estasi. Questo fluire di informazioni, quest’esperienza sostitutiva. E adesso non la provi piu come prima, o addiritura ne sei privo. La tua mente non ce la fa piu. La vedi anche tu in questo modo, quasi una metafora sessuale?
— Certe volte. — Le verso dell’altro vino. Per qualche minuto restiamo in silenzio, rimpinzandoci di spaghetti, scambiandoci larghi sorrisi, tentativi di aggancio. Sento quasi del calore verso di lei. Un senso di perdono per tutti